La finale di Champions Cup è andata meritatamente ai Saracens, ma gli irlandesi hanno sprecato qualche occasione di troppo
E’ andata come i valori in campo hanno dimostrato dovesse andare: i Saracens sono stati la squadra più forte, e hanno meritatamente recuperato lo svantaggio di 10 a 0 con il quale il Leinster aveva aperto la partita, nella finale di Champions Cup disputata sabato al St James’ Park di Newcastle.
Si tratta della prima sconfitta in una finale di Champions Cup per il Leinster, che aveva battuto la squadra avversaria in ciascuna delle sue quattro precedenti finali europee.
La squadra di Londra è stata la migliore delle due, imponendosi fisicamente e lasciando a 0 punti segnati il Leinster negli ultimi 52 minuti di partita, ovvero dalla meta di Tadhg Furlong nel primo tempo.
I boys in blue devono però recriminare con loro stessi sull’incapacità di sfruttare alcune importanti occasioni avute a cavallo del primo tempo. In particolare in tre occasioni i dublinesi non sono stati all’altezza della loro fama.
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Uno: non calciare fuori alla fine del primo tempo
Quando scocca il quarantesimo minuto dell’incontro, il Leinster è in possesso del pallone e in vantaggio per 10 a 3 sugli avversari. Si trova sulla linea mediana del campo e, con le squadre tornate in 15 contro 15 dopo il ritorno di Itoje, le probabilità di andare a segnare sono poche, eppure gli irlandesi ci vogliono provare.
Invece di calciare il pallone fuori ed andare al riposo, Luke McGrath esegue un box kick dalla base della ruck per andare a testare Billy Vunipola, schierato in copertura arretrata, nella sfida aerea contro Rob Kearney e Jordan Larmour che salgono in pressione. Il calcio però è leggermente troppo profondo, e Vunipola risolve facilmente la situazione senza dover competere in aria.
Se mai fosse stata una buona idea, l’esecuzione non è stata delle più perfette. Al danno, si aggiunge la beffa del calcio di punizione rimediato dai dublinesi nella ruck che ne consegue: i Saracens calciano l’ovale in rimessa e si portano in zona rossa, andando avanti fino a segnare con Maitland nel secondo minuto oltre il tempo regolamentare.
Due: farsi scippare il pallone
Al 43′ Leinster è in attacco, con la sua usuale partenza infiammata nei primi minuti della ripresa. Diverse sequenza in percussione portano gli irlandesi ben dentro i 22 metri avversari: l’avanzamento sembra presagire la possibile marcatura.
La palla va proprio a Tadhg Furlong, l’autore della prima meta, che carica a testa bassa. George Kruis, con una gran botta, gli strappa l’ovale poco fuori dai 5 metri dall’area di meta. Sarà un turnover fondamentale in una delle tre occasioni in cui il Leinster è riuscito ad entrare nei 22 metri avversari, tornandone fuori con 0 punti segnati.
If you want to see where the #ChampionsCup final was won and lost – @Saracens couldn’t be more dominant in the area that was all the talk. Not only winning their own gainline & collisions but stopping @leinsterrugby to an unbelievable level. Physicality like you couldn’t believe! pic.twitter.com/KXBwIFXB8m
— Ross Hamilton (@RosscoHamilton) May 11, 2019
E’ proprio in questi momenti che la partita è girata: anche il Leinster è stato capace di uscire indenne da situazioni di grande difficoltà nella prima frazione, nonostante gli avversari bussassero alla porta del fortino, ma quello dei Saracens è rimasto intatto nel momento in cui contava.
Tre: ignorare un 4 contro 2
Garry Ringrose è un giocatore di classe sopraffina, ma la sua finale di Champions Cup è stata assolutamente sotto il par. L’errore più grave della sua partita arriva al sesto minuto della ripresa.
Dopo una delle migliori sequenze offensive della partita di Leinster, Ringrose riceve in undicesima fase da McGrath, ben dentro i 22 metri avversari. Ignorando una superiorità numerica folle, il secondo centro punta il piede e cambia angolo per andare a puntare la spalla interna di Alex Goode, ma la difesa Saracens farà buona guardia.
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