L’amministratrice delegata di Rugby Australia ha parlato del licenziamento del giocatore, dopo il suo post contro gli omosessuali
Dopo la risoluzione del contratto di Israel Folau, a causa del suo recente post sui social contro gli omosessuali (il secondo in un anno), il CEO di Rugby Australia Raelene Castle ha rilasciato una lunga intervista al sito rugby.com.au spiegando le ragioni dietro la decisione del licenziamento del giocatore e offrendo alcuni dettagli su una questione decisamente complessa.
Castle, neozelandese di 48 anni, ha esordito dicendo di essere d’accordo con chi sta sostenendo che non c’è nessun vero vincitore alla fine di questa storia. “Sì, sono d’accordo, sia perché Israel non giocherà più con i Wallabies, sia per i nostri fan, sia per i suoi ex compagni di squadra, sia per il resto della Federazione. Sono stati momenti difficili”.
“Ma alla fine, i valori di Rugby Australia dovevano prevalere, a prescindere dal fatto che fosse coinvolto un giocatore o un impiegato. Dal punto di vista federale, Israel ha infranto quei valori quando ha espresso le sue opinioni in un modo non rispettoso. Sfortunatamente, non avevamo altra scelta che intraprendere le azioni che abbiamo fatto”.
Folau, come detto, era recidivo: “Mi ha sorpreso molto il fatto che abbia usato le stesse identiche parole un’altra volta (il riferimento è a ‘gay’ e ‘inferno’, ndr). Noi gli avevamo chiarito di rispettare e sostenere le sue idee religiose, ma era necessario esprimere le sue opinioni in modo rispettoso. Dopo il primo episodio dello scorso anno lo ha fatto, ma con quell’ultimo post molte persone della nostra comunità si sono sentite offese”.
“Rugby Australia era del parere che Israel sapeva molto chiaramente quale fosse il limite da non superare – ha continuato Castle – Quando ha pubblicato il secondo post, sapevo che ci saremmo ritrovati nella stessa situazione di dodici mesi fa. Ho immediatamente provato a contattare il suo manager per chiedergli cosa ne pensasse, ma siamo riusciti a parlare con lui e con Israel solo dopo 36 ore”.
L’amministratrice delegata della Federazione, fin dal primo momento, aveva annunciato di voler terminare il contratto con Folau, vista la recidività. “Avendo già affrontato la stessa questione nel 2018 e avendo già riconosciuto che tutti noi possiamo commettere degli errori e poi imparare da questi per fare scelte migliori sul linguaggio da usare, non c’erano garanzie sul fatto che non avrebbe postato più del materiale simile”.
“È stata una violazione del contratto – ha ribadito Castle – Israel ha firmato un codice di condotta come tutti gli altri giocatori professionisti: ci aspettiamo che ognuno di loro lo rispetti […] I giocatori firmano contatti molto importanti e diventano ambasciatori del nostro sport. Gli sponsor si interessano a noi perché vogliono sfruttarli anche come ambasciatori. Per cui è necessario che tutti si allineino ai valori di Rugby Australia”.
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