Il mondo di Valentina Ruzza, dove l’ovale è cultura

In vista della super sfida con Colorno, abbiamo parlato con l’avanti della stagione al Valsu (ed in azzurro) e delle sue passioni dentro e fuori dal campo

Valentina Ruzza in azione contro la Scozia (ph. Sebastiano Pessina)

Quando si parla della corazzata Valsugana, tre volte campione nazionale femminile nelle ultime quattro stagioni, uno dei primi pensieri che passano per la mente dell’appassionato ovale corre inevitabilmente sulla strada che porta a Valentina Ruzza, pilastro tecnico ed emozionale del club (e della nazionale azzurra), e distillato di sapienza rugbistica, per tutti, nell’ambiente, l’esimia.

“Ormai è un tormentone che va avanti da diversi anni” esordisce, sorridendo, la ragazza di Padova. “Questa cosa nasce dal fatto che, sin da piccoli, a me e pure a mio fratello è sempre piaciuto il rugby a tutto tondo. Non ci limitavamo a giocare ed allenarci, ma guardavamo tante partite, andandoci ad informare sui giocatori che ci avevano colpito, sulle storie delle squadre e dei vari protagonisti. Questo approccio l’ho sempre mantenuto, e non solo per quanto concerne il rugby, ma per tutti gli sport, dal calcio, alla pallavolo, passando per il basket e la pallanuoto. Ogni sfida sportiva rappresenta una valida scusa per approfondire, imparare, studiare”, spiega, lasciando trasparire una sconfinata conoscenza del mondo sportivo.

Il ciclo delle Valsugirls

Una padronanza della materia che, sicuramente, vanta anche e soprattutto in merito alla squadra per la quale lotta con profitto da ormai otto anni (dopo l’esperienza di successo con Riviera), dietro alle vittorie della quale si cela un mondo che Valentina ci svela orgogliosa.

“Tanto merito per i risultati di quest’anno, e di tutto questo lungo ciclo, va ai nostri allenatori Nicola Bezzati (head coach e tecnico degli avanti) e Daniele Frasson (coach dei trequarti), che ormai ci guidano da sei anni. Sanno alla perfezione come stimolarci, come prenderci dentro e fuori dal campo. Sono riusciti a darci un’impronta di gioco ben definita, sapendo benissimo, però, come e quando rimodularla, settimana dopo settimana, anche e soprattutto in base all’avversario che abbiamo di fronte. Noi giocatrici li abbiamo sempre seguiti. Ci siamo sempre fidate di loro e i risultati di questo eccellente feeling sono sotto gli occhi di tutti. Questa alchimia tra giocatrici, coach e staff (dal team manager al responsabile della palestra, passando per il preparatore atletico e per tutte le persone che ci aiutano) è uno dei segreti principali del nostro standard consolidato. Siamo seguite nella maniera più professionale possibile, a 360 gradi. Il gruppo delle giocatrici, poi, è semplicemente straordinario.”

“Viviamo assieme sei giorni alla settimana, tra palestra e campo, ed ormai c’è un rapporto speciale tra di noi, che riassumerei con il testo di Stand by me, la colonna sonora dei nostri scudetti e più in generale del nostro percorso degli ultimi anni, nei momenti belli e in quelli meno belli” dettaglia la seconda linea nativa di Padova, che, ovviamente, in questi giorni, è focalizzata al 100 % sulla super sfida di semifinale scudetto (qui tutto il tabellone playoff) contro il Colorno campione d’Italia, un classico delle ultime tre stagioni.

“Sarà una gara complessa. Siamo due squadre con pochi segreti l’una per l’altra. Abbiamo giocato contro tante volte, con diverse ragazze dei team in questione, che, tra l’altro, sono elementi importanti della nazionale italiana e passano dunque diverso tempo insieme nel corso dell’annata, conoscendosi bene pure fuori dal campo. Noi arriviamo a questa partita consce del fatto che loro sono le campionesse d’Italia in carica, e sapendo che l’aspetto emotivo avrà un ruolo ben più importante rispetto alle battaglie della stagione regolare. Nelle ultime settimane ci siamo trovate un attimo in difficoltà per via di un paio di infortuni, ma abbiamo comunque lavorato al meglio delle nostre chance. Vogliamo migliorare la prestazione dello scorso mese a Colorno. Vincemmo, ma sotto la pioggia fu una partita con diversi accorgimenti tattici, e anche qualche errore di troppo. Sappiamo di poter disputare un match migliore e Nicola (Bezzati, ndr) saprà portarci alla temperatura giusta per la gara”, commenta, sottolineando ulteriormente la stima per il coach, punto di riferimento, tra l’altro, anche per la (giovane) carriera di allenatrice intrapresa da Valentina Ruzza in seno al club patavino.

L’emozione dell’Under 14

“Alleno l’Under 14 del Valsu, e non nascondo di aver preso moltissime caratteristiche nel modo di pormi come coach, proprio da Nicola Bezzati. Sto cercando, come si dice in gergo, di ‘rubare’ dal lavoro di un professionista del genere. Ho il suo stesso temperamento vivace, e talvolta mi rendo conto di come il mio modo di parlare con la squadra, di trasmettere nozioni, sensazioni, dritte sia simile al suo. Questa esperienza mi sta dando grandi soddisfazioni. Vedo che i ragazzini mi ascoltano ed è già una gran cosa. C’è un bel rapporto. Sono molto attenti quando ho un consiglio da dare. Confesso che, essendo una avanti, sono molto affezionata e preparata sul pacchetto di mischia, ma spiego un poco tutto.”

“Ogni tanto do qualche consiglio anche al calciatore (ride, ndr)” prosegue, prima di spiegarci, stuzzicata sul tema, dove è nata la sua straordinaria abilità al piede.

“Quando militavo nel CUS Padova, nelle giovanili del Valsugana e anche al Riviera, io giocavo apertura/estremo, quindi il piede mi serviva. Ma tutto direi che è nato quando ero ancora più piccola, da bimba. Assieme a mio fratello (Federico, giocatore del Benetton Rugby e nazionale azzurro, ndr) calciavamo tantissimo nel nostro giardino. Come lo sa fare lui, lo so fare anche io, perché grazie a quei pomeriggi di puro divertimento a casa, questo aspetto del gioco è entrato a far parte del nostro bagaglio tecnico” chiarisce, approfondendo, poi, il rapporto ovale con Federico.

“Devo essere sincera: non ci confrontiamo più di tanto. C’è, ovviamente, un legame tale per cui ci si scrive prima del match, ma si resta sempre sul vago: ognuno dei due lascia l’altro ‘libero’. Difficilmente ci sono critiche/complimenti, in una direzione o nell’altra”, puntualizza.

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Azzurro vivo

Ciò che invece Valentina condivide, volente o nolente, con Federico, è l’esperienza con la maglia della selezione italiana. Un’avventura che per Valentina è iniziata ormai sette anni or sono, portandola a vivere quasi per intero il ciclo di Andrea Di Giandomenico.

“Da quando sono in azzurro, c’è sempre stata la consapevolezza di essere un gruppo molto affiatato e poter fare qualcosa di ottimo. Poi, ovviamente, nel corso degli anni ci sono stati degli alti e dei bassi, come fisiologico che sia in un ciclo lungo, ma noi siamo sempre andate in campo con la fiducia dello staff, aspetto di fondamentale importanza nel mio modo di intendere il rugby, e quest’anno è stato raggiunto un punto altissimo. Non direi l’apice, perché si può fare ancora meglio, ma senza dubbio un grandissimo risultato, grazie alla saggia guida di Andrea (Di Giandomenico, ndr), che ci ha permesso di esprimerci anche oltre i nostri limiti, e, va detto, anche grazie a quello che ci ha messo a disposizione la federazione, come i due test di novembre, che hanno plasmato il gruppo e galvanizzato l’ambiente con quelle due vittorie nette. In quei momenti, si è iniziato a credere che questa squadra potesse veramente fare qualcosa di ottimo”, chiarisce Ruzza, tratteggiando poi nel dettaglio il percorso azzurro, tra alti(ssimi) e qualche basso nello scorso Sei Nazioni.

“Non nego che ci siano stati dei momenti dove potevamo fare meglio. Basti pensare al pareggio con il Galles. Negli occhi delle ragazze, negli spogliatoi del Via del Mare, c’era tanta amarezza. Quasi come se avessimo perso. C’era mancata la cattiveria necessaria per marcare punti, e in cuor nostro, senza la necessità di dircelo, lo sapevamo. Da lì, però, sono nate le due performance contro Irlanda e Francia, nelle quali, pur concedendo qualcosa in difesa, abbiamo messo a referto 60 punti totali, al cospetto di formazioni di livello assoluto”, chiarisce, confidandoci come nelle ultime stagioni la pressione positiva attorno alla squadra sia montata prepotentemente. “Oggi sappiamo di aver la responsabilità di dover fare risultato: percepiamo come il movimento sia in crescita, con sempre più ragazzine interessate a questo meraviglioso sport. Lo noto quotidianamente al Valsugana, dove tra Under 14 e Under 18 femminile abbiamo 35 ragazze che si allenano. Per noi Senior, vedere un gruppo così nutrito è da un lato un orgoglio, dall’altro una speranza per il futuro. Lo si è notato, poi, anche negli stadi del Sei Nazioni 2019. Il pubblico a Lecce, Parma e Padova è stato fantastico“, conclude.

Chi sa solo di rugby non sa nulla di rugby

Nella vita di Valentina, otre al rettangolo verde da vivere al massimo, sia come giocatrice che come allenatrice, c’è molto di più, dalla enciclopedica conoscenza delle lingue straniere (tramutata in una laurea prima, ed in un lavoro poi), alla passione per la cucina a tutto tondo, con una particolare propensione alla preparazione di dolci, descritti come sublimi dalle compagne di nazionale.

“Sono laureata in mediazione linguistica. Ho sempre avuto una passione enorme per le lingue straniere. Sin da piccola, anche attraverso i testi delle canzoni (si ricorda a memoria centinaia di lyrics, ndr), mi sono avvicinata a questo mondo in modo costruttivo. Una cosa che non ho mai sopportato, e probabilmente mai sopporterò, è cantare a caso. Quindi mi è sempre piaciuto andare a leggermi i testi delle canzoni, e questo si è rivelato, con il senno di poi, un grande aiuto nel mio percorso. Oggi, dopo il titolo di studio, mi occupo di interpretariato e traduzione. Parlo fluentemente inglese e francese, il russo per studi precedenti e sto lavorando anche sul mio spagnolo. Sono una freelance, faccio delle traduzioni per clienti privati. Anche al Valsu sto dando una mano in tal senso a chi ne ha bisogno. Penso che questo possa essere l’ambito adatto non solo al mio presente, ma anche al mio futuro professionale”, si lascia andare, contagiandoci con il suo entusiasmo, prima di salutare con una battuta veloce sulla cucina, confermandoci, pur mantenendo la consueta modestia, le sue doti ai fornelli. “Amo cucinare a 360 gradi e pure guardare programmi a tema. Quasi scherzando, tempo fa, dissi che mi sarebbe piaciuto andare a MasterChef, anche solo per provare l’esperienza di preparare pietanze diverse, fuori dalla mia confort zone. Ecco, ripensandoci, non sarebbe affatto una brutta idea (sorride di gusto, ndr)”, conclude l'”esimia” Valentina Ruzza, seconda linea di rara qualità anche lontano dai campi con l’H.

Matteo Viscardi

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