I cherry&white hanno segnato la meta più bella della settimana, a dimostrazione della loro identità molto ben definita in questa stagione
Slow Motion è la rubrica di OnRugby che ogni settimana racconta la meta più bella del weekend, nei minimi particolari, corredata dal video. Il fanatico ovale la segue così: prima se la guarda tutta, e poi torna indietro a leggere paragrafo per paragrafo, alternando il tasto play a quello pausa. Qui la scorsa puntata. Buon divertimento.
Il Gloucester di Johan Ackermann ci ha abituato nel corso della stagione a dei grandi highlights. Il merito non è solo di un geniale Danny Cipriani, scelto non a caso come miglior giocatore dell’anno in Premiership, ma di tutta una struttura che il coach sudafricano ha saputo creare e di un play book piuttosto vario, che ha fatto le fortune dei cherry&white. La relazione tra questa struttura e il talento di Cipriani ha comunque favorito entrambi, ed è difficile capire con precisione dove iniziano i meriti della prima o dell’apertura inglese.
Per esaltare le qualità e il fiuto di Cipriani, era necessario per Ackermann creare un contesto dinamico e creativo, anche complesso se vogliamo in cui dare tante opzioni al numero 10 e rendere sempre più imprevedibile l’attacco. La missione è in parte riuscita: il terzo posto in regular season e le tante belle prestazioni di quest’anno lo ha confermato.
Nella semifinale contro i Saracens, in cui Gloucester partiva con ben poche chance di espugnare Londra, i cherry&white alla fine non hanno avuto scampo e sono stati sconfitti senza appello per 44-19, ma anche in un contesto così difficile i biancorossi hanno avuto modo di farsi notare per il proprio gioco offensivo. E di entrare ancora una volta in questa rubrica, dopo aver marcato la meta più bella del fine settimana.
Al minuto 3 della partita, Gloucester ha il pallone in mano con Willi Heinz appena fuori dai 22 dei Saracens. La struttura offensiva dei cherry&white è già molto profonda e sfalsata su più livelli, per cercare di rendere il meno decifrabile possibile la situazione alla difesa avversaria.
Quando Cipriani riceve palla da primo uomo in piedi, il numero 10 sembra indugiare: fa qualche passettino in avanti e poi si prepara con il corpo per alimentare la seconda linea d’attacco, ma aspetta fino all’ultimo per scaricare il passaggio in modo da essere sicuro di attirare pressione e uomini su di sé. L’apertura sembra impegnarne un paio e poi gira dietro per Twelvetrees, mentre i due dummy runner fissano solo in parte la difesa al centro.
Il secondo centro inglese sposta all’esterno per Atkinson, che prima di essere placcato dal diretto avversario ha la prontezza per scaricare all’interno per l’accorrente Woodward, che nel frattempo aveva seguito l’azione tagliando da sinistra in mezzo al campo. Il taglio di Woodward verrebbe anche intercettato da George, ma la rapidità dell’estremo nello stretto riesce a fare la differenza contro il tallonatore.
Il neozelandese fissa l’uomo davanti a sé, brucia Alex Goode sul tempo e serve Tom Marhsall all’esterno, che pur essendo nominalmente l’ala sinistra aveva sovraccaricato l’out destro per creare superiorità numerica. A questo punto è fatta, anche perché all’esterno di Marshall c’è ancora un altro uomo, ovvero Ben Morgan, che da buon avanti moderno era largo per coprire tutto il campo in ampiezza. Senza il numero 8 non ci sarebbe stata la meta, visto che Marshall sarebbe stato recuperato in tempo da Kruis: l’ala invece scarica per Morgan che alla bandierina firma la meta del vantaggio. Sarà una meta inutile ai fini del risultato, ma non per questo meno apprezzabile
Daniele Pansardi
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