Da svincolato a campione d’Europa, il tallonatore dei Saracens potrebbe giocarsi le sue possibilità nella finale di Premiership
Giugno 2018, praticamente un anno fa: John Kingston, director of rugby degli Harlequins, è seduto nel suo ufficio insieme a Joe Gray, di mestiere tallonatore. Hai fatto bene nelle tue ultime otto stagioni qui, dice Kingston al suo giocatore, ma non ti rinnoveremo il contratto per il prossimo anno.
Brutta botta: quasi trent’anni e senza contratto. E’ una brutta botta anche quella che ha preso contro Gloucester, durante la stagione, e che gli ha rotto il pollice, costringendolo a un lungo periodo di stop. Non lungo, comunque, come le 14 settimane passate a recuperare dalla ricaduta del medesimo infortunio, avvenuta in una gara di Champions Cup contro i Wasps.
Quindi, riassumendo: trent’anni, senza contratto e con un infortunio piuttosto grave che lo ha tenuto fuori praticamente tutta la stagione. Non la migliore delle prospettive, e le cose peggiorano quando i contatti in Francia, fra Top 14 e ProD2, non danno frutti. Che fare? Una telefonata.
“Ciao Mark, sono Joe. Tu non mi conosci, ma io sì: ho giocato contro di te qualche volta in questi anni. Posso venire ad allenarmi con voi?”
Quel Mark si chiama McCall e quel voi sono i Saracens, campioni d’Inghilterra in carica.
Tagliamo corto al finale della storia: Joe Gray ha la maglia numero 16, è pronto ad entrare in campo per sostituire Jamie George; scocca l’ottantesimo e Vincent Koch calcia la palla in tribuna; campioni d’Europa. E se non è entrato in campo in quella finale poco male, è stato fondamentale nella semifinale contro Munster, è stato un pezzo dei Saracens che hanno dominato in Europa.
E ora Joe Gray, grazie a quella telefonata un po’ casuale, guarda avanti alla finale di Premiership di sabato.
Il percorso per arrivare al lieto fine non è stato lineare: prima di prenderlo a bordo, McCall ha accettato di far partecipare Gray agli allenamenti prestagionali con i Saracens, ma senza contratto, quindi senza nessun pagamento.
Dopo cinque settimane di camp con i Saracens, Gray si unisce ai Northampton Saints, con un contratto a breve termine come injury cover. Nel frattempo, porta a casa qualche sterlina come director of rugby del Barnes, una squadra di National League 2 South, la quarta serie inglese.
Per due mesi, la routine di Joe Gray consiste nell’andare avanti e indietro fra Northampton e Londra, dove supervisiona gli allenamenti del Barnes. Poi, alcuni infortuni in prima linea convincono Mark McCall a riprendere in mano il telefono, chiamare il tallonatore che aveva visto in estate, e offrirgli un contratto.
Non finisce lì, perché le qualità di Gray gli valgono una buona dose di presenze in campo (12, quasi tutte dalla panchina) e un rinnovo di contratto per la prossima stagione. La sua caratteristica principale è un lancio in touche molto preciso, che aveva attratto anche alcuni selezionatori dell’Inghilterra, con la quale ha ottenuto una singola presenza nel 2014, contro gli All Blacks in Nuova Zelanda.
“Volevo provare a me stesso e a tutti che non ero finito” ha raccontato Gray al Telegraph, il primo a raccontarne la storia.
“Ho ancora parecchio rugby da giocare e voglio provarlo. Se lo posso fare ad uno dei migliori club al mondo, significa che ho ancora qualcosa da dare. Questa è stata la mia motivazione per aggiungermi al gruppo e non essere solo un giocatore in più. Ho giocato tanta A League [il campionato per le seconde squadre] quando sono arrivato qui. Ho fatto panchina e atteso il mio momento, ed ha pagato.”
“C’è stata fiducia anche da parte dei tecnici. Mi hanno messo in campo per una delle partite più importanti della stagione, la semifinale europea contro Munster.”
“Il Munster ha una difesa in rimessa laterale incredibile, ma la touche è una delle mie aree di gioco preferite. Non la avevo prevista, ma ho colto la mia occasione quando si è presentata.”
La forza d’animo di Gray è notevole: non è stata messa alla prova una sola volta. A 17 anni riceve una proposta di contratto dal Nottingham. La sera prima di firmarlo è impegnato in campo contro Bedford. Ginocchio dislocato, un anno e mezzo fuori.
“Avevo il piede all’altezza dell’ascella – racconta Gray, capace di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno – Mi è stato detto che avrei potuto avere bisogno di un’amputazione o che avrei nel migliore dei casi zoppicato per il resto della vita, che sicuramente il rugby non era una cosa per me. Ho preso di punta questa cosa e ho pensato ‘vedremo’.”
I periodi di infortunio sono noiosi, si sa, e allora per ingannare il tempo Joe Gray si è anche preso un diploma di carpentiere alle scuole serali, a Londra, quando era agli Harlequins. Durante il periodo in cui si era rotto il pollice ha preso un trapano e lo ha smontato. Ci ha saldato all’estremità il piede rotondeggiante di una gamba di uno sgabello, e l’ha usato come una specie di pistola massaggiante per alleviare i dolori di una tendinite.
Agli Harlequins sono impazziti quando lo hanno scoperto: Kyle Sinckler non ha esitato a tirare fuori il portafoglio per comprare l’attrezzo, reputandolo un’assoluta necessità per la sua vita.
Visto il successo, Gray ha perfezionato l’aggeggio e ha fondato una piccola azienda, che oggi è finanziata dalla squadra di ciclismo di Bradley Wiggins e si occupa di attrezzature per il recupero sportivo.
In poco più di un anno, Joe Gray è stato capace di ribaltare la propria carriera, rilanciandola alla grande grazie alla sua abnegazione, alla capacità di vedere le cose in positivo, e al piccolo gesto di umiltà di prendere il telefono e chiamare il director of rugby dei Saracens, sapendo che a una eventuale figuraccia avrebbe soltanto risposto con un’alzata di spalle, pronto ad andare avanti verso un’altra opportunità.
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