Anche quelle Under 20, se qualcuno avesse avuto dubbi. Contro la Scozia hanno segnato una delle tante mete strabilianti del Mondiale
Slow Motion è la rubrica di OnRugby che ogni settimana racconta la meta più bella del weekend, nei minimi particolari, corredata dal video. Il fanatico ovale la segue così: prima se la guarda tutta, e poi torna indietro a leggere paragrafo per paragrafo, alternando il tasto play a quello pausa. Qui la scorsa puntata. Buon divertimento.
Dopo tre anni consecutivi nel Trophy, le Fiji erano tornate nella ‘serie A’ del rugby mondiale giovanile per l’edizione argentina. La squadra oceanica partiva per forza di cose tra le principali candidate alla retrocessione, e complice anche un girone con Francia, Galles e i Pumitas padroni di casa non hanno potuto evitare in nessun modo le semifinali per un piazzamento dal 9° al 12° posto.
Nelle prime tre partite del Mondiale i ragazzi allenati da Viliame Gadolo non avevano comunque sfigurato, mettendo in mostra i consueti pregi e difetti che possono essere affibbiati a una squadra figiana: grandi qualità tecniche, fisiche e atletiche ma poco altro. La Georgia si è rivelata ampiamente alla portata delle Fiji nel primo spareggio per guadagnarsi la salvezza, ma anche a causa del campo davvero pesante – e di un paio di buone occasioni sciupate – alla fine gli oceanici sono stati costretti a giocarsi la permanenza nel Mondiale contro la Scozia.
Nella finale, però, non c’è stata praticamente storia. Come una bottiglia di spumante a cui viene tolto il tappo dopo essere stata agitata per troppo tempo, le Fiji hanno liberato sul campo tutto il loro talento rifilando 59 punti ai malcapitati scozzesi, più volte brutalizzati in difesa dalle percussioni di ragazzi decisamente più grossi e potenti di loro.
I figiani hanno dato fondo a tutto il loro repertorio: coast to coast, offload impossibili, cambi di passo improvvisi, atletismo e più di un pizzico di follia. Ogni meta – e sono state otto in totale – può essere definita spettacolare, o perlomeno bella. Una in particolare, però, ha riunito in un’unica azione tutti questi aspetti.
La Scozia è sotto 15-24 e sta provando a ricucire il gap, che ancora non sembra preoccupante. Dentro i propri 22 però le Fiji riescono a recuperare il pallone, seppur con un’azione un po’ dubbia del grillotalpa. In ogni caso, per l’arbitro è turnover. Invece di rotolare su se stesso e magari mettere a disposizione l’ovale per il suo mediano di mischia, il cacciatore figiano lo gioca subito da terra con un primo passaggio ben poco istintivo, servendo il numero otto Shaw.
Il terza linea viene messo subito a terra. Le Fiji però hanno voglia di dare subito ritmo e verticalità e l’estremo Waqa – uno dei più interessanti nella squadra – prova a partire in solitaria dalla base: McCallum lo intercetta prima che riesca ad andare via, ma Waqa dopo una giravolta si esibisce in un offload rovesciato con la mano sinistra per un sostegno che può aver solo immaginato, in teoria.
In pratica, però, il sostegno c’è davvero. La Scozia è già in grande affanno, il placcaggio su Kuruvoli serve a poco perché il mediano ha le mani libere e riesce a servire l’accorrente Seeto, che però ha un controllo difficoltoso dell’ovale e per poco non perde il pallone. Il flanker evita l’in avanti ma non può mettersi in moto definitivamente, ma mette subito a disposizione l’ovale, che viene allargato per l’apertura Muntz.
Il numero 10 sprinta verso l’esterno per tagliare fuori un uomo e fissarne un altro, creando superiorità numerica al largo. Tuqovu lotta a colpi di frontini con l’avversario scozzese: con fatica immane McMichael riesce a portarlo a terra, ma il centro ha lo spazio e il tempo per servire sulla verticale Natoga.
Ancora prima di ricevere il pallone, l’ala però inciampa nei piedi di McMichael. Ciò nonostante, durante la caduta Natoga si esibisce in un offload volante rovesciato, pensato ed eseguito in una frazione di secondo. Il servizio è perfetto per l’accorrente Rasaku, che aveva seguito tutta l’azione: l’ala può finalizzare il grande lavoro dei suoi compagni di squadra e marcare ancora. Non prima, però, di aver tentato un altro cambio di passo dentro l’area di meta, forse per non rendere troppo banale l’atto di schiacciare il pallone a terra. Sono le Fiji, del resto.
Daniele Pansardi
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