Paolo Pescetto non si vuole fermare

Abbiamo intervistato il mediano d’apertura del Calvisano Paolo Pescetto, grande protagonista dell’ultimo Scudetto

Paolo pescetto Calvisano

ph. Massimiliano Carnabuci

A Paolo Pescetto piace viaggiare. Basta dare un’occhiata al suo profilo Instagram per accorgersene: Portogallo, Mauritius, Brasile, Sudafrica, Nuova Zelanda (per il rugby, in questi ultimi due casi) e nell’ultimo mese l’Australia (“una figata”), dov’è andato a trovare anche il suo ex compagno di squadra Sam Lane. Quando lo chiamiamo però è a casa sua, a Genova, dove sta continuando la sua lunga off season dopo una stagione molto intensa.

Per il mediano d’apertura classe 1995 è stato un anno di grandi soddisfazioni: il ligure ha avuto un ruolo centrale nello Scudetto del Calvisano, è stato eletto Man of the Match in finale e si è ritagliato per la prima volta in carriera uno spazio da protagonista, al suo primo anno in Italia. “Era partita un po’ così così, abbiamo fatto fatica a trovare l’alchimia e risultati convincenti, ma bisognava lavorare per costruire quello spirito di squadra che abbiamo trovato nella seconda parte di campionato, nelle partite che contavano veramente. La maggiore fiducia ci ha fatto anche divertire”.

A prescindere dai momenti positivi o negativi della squadra, Pescetto è sempre stato in prima fila nelle gerarchie di Massimo Brunello, con 22 presenze da titolare su 22 nel Top12 sia da primo centro sia da mediano d’apertura. “Come 12 avevo già giocato da ragazzo a volte. Abbiamo adottato quest’opzione per avere un doppio playmaker e gestire meglio la squadra in attacco. La difesa invece è stata sempre un punto forte per me”.

Non è sembrato nascondere un pizzico d’orgoglio in questa ultima frase, ma Pescetto ne ha ben donde: una delle caratteristiche principali del genovese è proprio l’affidabilità in fase difensiva, non così scontata in un mediano d’apertura. “Prima magari si pensava che l’apertura dovesse finire la partita con la maglia pulita (ride, ndr). Oggi sono tutti un po’ più presenti in difesa.

“A me è sempre piaciuto placcare, nonostante non sia così prestante come altri giocatori (Pescetto è 175cm per 82kg, ndr). Ma voglio dimostrare che conti anche la testa e la tecnica, e non solo il fisico. Mi piace che i miei compagni di squadra possano fidarsi di me poi”.

Più in generale, l’intera stagione vissuta da protagonista con il Calvisano ha lasciato “tanta fiducia” a Pescetto. “In Francia, a Narbonne, non giocavo sempre, e anche questo mi ha spinto a tornare in Italia per ritrovare minuti, campo e continuità, per sentirmi un po’ un leader e gestire con più confidenza la squadra. Ho lavorato tanto dal punto di vista tecnico – ha continuato Pescetto – e anche al piede, perché all’inizio ero meno consistente. Ora comunque provo anche delle giocate più difficili, che prima magari non avrei provato”

A Calvisano, Pescetto ha trovato un suo estimatore in Massimo Brunello, che lo aveva già cercato nell’estate del 2017, quando però il giocatore aveva rinnovato per un altro anno il suo contratto con Narbonne. “Mi ha detto di non esitare a chiamarlo qualora avessi deciso di tornare in Italia. Dopo che con Narbonne siamo retrocessi, ho deciso di tornare in Italia e ci siamo messi quasi subito d’accordo. Lui ha sempre la volontà di giocare la situazione, quindi non abbiamo molti piani d’attacco, lascia molta libertà di esprimerci. Non ci dà molte pressioni, ha fiducia in noi”.

Prima di arrivare a Calvisano, Pescetto ha disputato 22 partite in Pro D2 con la maglia del Narbonne in tre anni, tante quante ne ha giocate in un solo Top12 italiano. Non potevamo non chiedergli quali differenze ha trovato tra i due tornei. “La seconda divisione francese è più veloce e ha più ritmo. In Italia può capitare che ci siano tante mischie e un gioco più lento, ma sono rimasto colpito dalla fisicità del campionato italiano. È bello ignorante (ride, ndr). Nei playoff il livello si è alzato molto e le partite sono state più interessanti”.

Sul parallelismo tra i due campionati, Pescetto ha continuato nello specifico parlando della richiesta in Pro D2 e in Top12: “In Francia le ruck duravano meno, essendo un ritmo più alto, e il gioco forse era un po’ più strutturato. C’era più comunicazione, quando ho iniziato a Narbonne il 12 aveva parlato tutto il tempo e mi aveva aiutato molto. Forse c’era meno tempo per leggere la situazione”.

L’altro paragone di cui abbiamo parlato è quello tra due città – Narbonne e Calvisano – decisamente diverse per quanto riguarda la grandezza (Narbonne fa circa 50.000 abitanti, Calvisano 8.000), ma secondo Pescetto simili nel rapporto con il rugby. “Tutte e due sono molto appassionate. Di ogni risultato, buono o cattivo che sia, si sente parlare in giro. A Calvisano la gente ci tiene: a inizio anno, quando non andavamo proprio bene, le critiche si sentivano perché si voleva il primo posto. Nelle fasi finali poi si sentiva anche l’attaccamento, con un po’ di pressione, ma sempre in positivo”.

Il futuro di Pescetto

Per Pescetto, giocatore indubbiamente solido ma dai margini di miglioramento non ancora chiari, la porta per un eventuale ingresso nelle franchigie – anche da permit player – è rimasta sempre chiusa finora. Quando gli abbiamo chiesto se ci fosse stato un interessamento di Benetton o Zebre, ha risposto in maniera franca: “Purtroppo no (ride, ndr). Fare il salto è tra i miei obiettivi, e cercherò di crescere ancora il prossimo anno. Ho ancora un anno di contratto con il Calvisano e farò il massimo”.

E questa, di per sé, è anche una piccola notizia, visto che nelle ultime settimane erano circolate alcune indiscrezioni su un possibile ritorno in Francia di Pescetto, a Montauban. “Alcuni miei amici mi hanno fatto leggere questi articoli in cui mi davano al Montauban, ma non c’era niente di vero. Nemmeno il mio procuratore ne sapeva niente. È andata avanti per un po’ e non capivo perché”.

Pescetto dunque resterà a Calvisano. Ma per uno che ha giocato in Francia e ha avuto delle brevi esperienza rugbistiche anche in Nuova Zelanda e Sudafrica (ce ne aveva parlato in quest’altra intervista), è difficile che non ci sia qualche altro sogno nel cassetto. E infatti: “Mi piacerebbe giocare in Premiership ovviamente, dove il livello è più alto. Avendo fatto delle esperienze in Nuova Zelanda e Sudafrica, sarebbe bello provare anche il rugby australiano. Il massimo sarebbe il Super Rugby, ma sarebbe molto soddisfacente anche giocare in pre-season nei tornei domestici neozelandesi e australiani (quelli delle province come la Mitre 10 Cup o il National Championship, per intenderci, ndr). Il livello è tutta un’altra cosa rispetto al rugby italiano”.

Alla fine di questo lungo viaggio ovale e non solo, per Pescetto la chiusura ideale potrebbe essere al Cus Genova, dove tutto è iniziato. “Sì, perché no. Non si può mai sapere cosa succederà, ma penso che finirò lì la mia carriera”.

Daniele Pansardi

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