L’ex Springbok e capitano del Tolone vive nella giungla in Costa Rica: una storia unica fra rugby e spiritualità
E’ il maggio di sei anni fa: Joe van Niekerk afferra un orecchio della coppa più prestigiosa del rugby europeo, l’altro lo afferra Jonny Wilkinson, al passo d’addio, e insieme i due alzano al cielo la prima Champions Cup della storia del Tolone.
La scena potrebbe ripetersi l’anno successivo. Il capitano della squadra rossonera, arrivato in Francia dal Sudafrica nel 2008 quando ancora la squadra di Mourad Boudjellal non era la macchina da guerra che sarebbe poi diventata, non ha però passato la migliore delle stagioni. Nel 2014, a 34 anni e con sulla schiena il peso di una carriera di impatti esplosivi fra Super Rugby, Springboks e Top 14, incomincia a sentire una crescente insofferenza fisica e mentale per la palla ovale.
“Sono sempre stato uno fra i più in vista in squadra, ci sono sempre stato per gli altri. Ero una figura centrale, ma negli ultimi sei mesi di carriera non era più così. Riuscivo a giocare una partita su quattro.”
“Lentamente ho cominciato a pensare ‘wow, che succede? Adesso sono ai margini della squadra.’ Quella sensazione era diventata un po’ come un salto nel buio. E intanto i ragazzi avevano incominciato a vincere ogni settimana. Quindi li sostenevo ed ero lì per loro al 120%, ma dentro di me c’era qualcosa che non riusciva a festeggiare con loro. Voglio dire, stavo festeggiando per loro, ma non stavo festeggiando con loro.”
“Dopo la vittoria della seconda Heineken Cup siamo usciti insieme per una gran serata e il giorno dopo, quando mi sono svegliato mi sono detto: non penso di essere in grado di farlo più. Mi ha praticamente cambiato la vita.”
Da quel momento, Joe van Niekerk ha cambiato strada. Ha rescisso il proprio contratto con il Tolone un anno prima della naturale scadenza, ha incominciato a studiare cosa fare della propria vita e oggi, se lo cercate, potrete trovarlo immerso nella giungla del sud ovest del Costa Rica.
Lì, van Niekerk ha aperto una fattoria di cibo biologico a bassissimo impatto ambientale, che funziona anche come centro per ritiri spirituali, dove rientrare in contatto con la natura.
Il suo quintale abbondante si è ridotto assai, e pur mantenendo una struttura fisica imponente, l’ex Springbok vive fra patate di dimensioni elefantiache e sedute di yoga nel mezzo di un verde lussureggiante. Non rinnega i suoi giorni ovali, e mentre culla una radice di yuca grande quanto un bambino di due anni assicura che, potendo ripartire, avrebbe rifatto lo stesso percorso di vita.
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