Ne abbiamo parlato con Luigi Troiani e Alberto Calabrò, rispettivamente Team Manager e Baggage Master della Nazionale azzurra
Complici la facilità e l’immediatezza con cui, ormai da diversi anni, è agevole reperire informazioni sulle principali squadre del Mondo, l’appassionato conosce con sempre maggior capillarità tutte le storie di copertina del torneo iridato, ma c’è un aspetto da dietro le quinte che probabilmente è ancora fuori dai radar dei tifosi ovali. Come funziona l’organizzazione logistica di una Coppa del Mondo per una nazionale? Quando iniziano e in cosa consistono i lavori per arrivare preparati all’appuntamento più importante del quadriennio ovale?
Domande a cui abbiamo provato a dare una risposta completa ed esaustiva assieme a Luigi Troiani, team manager della selezione nazionale azzurra, che si appresta a vivere il suo terzo Mondiale, con un compito spesso lontano dalla luce dei riflettori, ma fondamentale per garantire allo staff ed ai giocatori la possibilità di lavorare con la massima serenità ed un focus totale sul rettangolo verde.
Al lavoro da un triennio
L’organizzazione dell’imminente campagna nipponica, per il team italiano e non solo, ha avuto inizio ormai tre anni or sono con i primi passi ufficiali. “Come da prassi, abbiamo fatto una prima riunione con i team manager delle squadre già qualificate al torneo giapponese nel novembre seguente alla Coppa del Mondo 2015. In quella circostanza si sono poste le basi fondamentali, soprattutto in termini di regolamento della manifestazione. Nel 2017 invece è iniziata la parte del lavoro dedicata alla logistica. Per prima cosa ci si è concentrati sui team camp, ovverosia le basi di allenamento. World Rugby, nei mesi successivi alla cerimonia del sorteggio dei gironi (avvenuta nel maggio del 2017, ndr), ha messo a disposizione una gamma di strutture per le squadre di ogni raggruppamento della manifestazione”, esordisce l’ex estremo azzurro.
“Noi abbiamo iniziato a valutarle sin dalla metà del 2017. Il primo sopralluogo l’ho fatto nel gennaio 2018, prima di tornarci altre volte, tra nuove visite e riunioni di coordinamento con gli altri team manager. La definizione finale delle scelte relative a date e luoghi di soggiorno, hotel, strutture sportive (campi aperti, scoperti, piscina), per ogni squadra, è avvenuta, invece, nel settembre del 2018. Decisioni, ovviamente, condizionate anche dal ranking occupato dalla squadra nel momento della scelta. Le nostre prime soluzioni, talvolta, sono state le stesse di Nuova Zelanda e Sudafrica, dovendo così ripiegare su altro. La stessa cosa, in senso inverso, è accaduta verosimilmente anche per Canada e Namibia, nei nostri confronti”, chiarisce Troiani, sottolineando quanto sia importante avere un buon ranking Mondiale.
“Il ranking è determinante, in vista del singolo match, anche per quanto riguarda la scelta primaria di tutto ciò che ha a che vedere con faccende strettamente legate alla parte sportiva: orari del Captain’s Run, orari di arrivo allo stadio, la scelta dello spogliatoio, la scelta del coach box”.
Quali sono le caratteristiche fondamentali che determinano la scelta di una struttura?
“Abbiamo valutato la comodità delle camere, con particolare attenzione a dimensione e qualità dei letti. Ovviamente, ha un peso rilevante la presenza (o meno) di spazi adeguati da dedicare a tutte le sale tecniche che ci occorrono (una sala meeting, una sala staff, una sala fisio, una sala magazzino ed una sala ristorante riservata). Poi ci possono essere anche piccoli dettagli che fanno la differenza, come una piccola piscina dentro la palestra di riferimento della struttura, o la migliore qualità del wifi”, ha spiegato il team manager azzurro, prima di approfondire l’interessante tematica relativa al cibo.
L’importanza della cucina
“Senza dimenticare l’aspetto alimentare, che passa proprio dalla cucina degli hotel. “Non si portano mai cibo e cuochi da casa, se non per situazioni particolari come un’eventuale presenza di ragazzi con celiachia. Gli hotel in cui le squadre soggiornano sono almeno a quattro stelle. Tutti in grado, di fatto, di proporre una cucina internazionale di qualità. Una volta c’era la leggenda che serviva portarsi la pasta da casa perché era impossibile trovarla di qualità in giro per il Mondo. Ma, a certi livelli, è un falso mito. In alcune situazioni, ovviamente, può capitare che si debba correggere un poco il tiro, magari per qualche piccola discrepanza con il singolo hotel, ma è un aspetto su cui raramente abbiamo avuto problemi. A maggior ragione ci aspettiamo di non averne in Giappone, anche perché abbiamo già saggiato la bontà del lavoro nipponico sul campo, nel corso dello scorso tour estivo. Quel mese scarso è stato propedeutico su molti fronti, compreso quello alimentare. In ogni caso, in vista della Coppa del Mondo in arrivo, in accordo con il nostro nutrizionista, abbiamo inviato i nostri menù nel mese di aprile. Come sempre, però, al primo giorno, in ogni singola struttura, terremo un briefing con il capo cuoco del posto, per verificare che sia tutto a posto e limare eventuali dettagli”, racconta a OnRugby l’ex giocatore dell’Aquila.
I referenti con cui confrontarsi
“All’interno dell’organigramma della Rugby World Cup, c’è una “pool manager” per ogni raggruppamento. Si tratta di una referente di World Rugby costantemente all’erta per venire incontro a tutte le necessità delle cinque squadre del girone. La nostra pool manager ha approfittato della presenza azzurra in Giappone lo scorso anno per instaurare un primo rapporto con noi, scoprendo così in anticipo le nostre abitudini e le esigenze più particolari. Ogni nazionale, poi, ha a disposizione due delegati: un liaision officer associato ed un assistente, sempre al seguito della selezione ed in grado di soddisfare le richieste più immediate, interfacciandosi con me. Il nostro liaison officer parla ovviamente un giapponese ed un inglese perfetto, mentre per il suo assistente, anche se tra staff e giocatori quasi tutti sono avvezzi alla lingua inglese, abbiamo scelto una persona giapponese con anche un vissuto italiano, che conosce perfettamente la nostra lingua”, chiarisce, spiegandoci come l’organizzazione capillare sia molto efficace, estremamente valida per prevenire, ancora prima che “curare”, qualsiasi problematica.
Gli spostamenti in treno
“Già dopo la mia prima visita ad inizio 2018, avevo già avuto un feedback piuttosto chiaro. Non c’erano dubbi sul fatto che il miglior mezzo di trasporto in Giappone, almeno per le nostre esigenze, fosse il treno.
Ci muoveremo sempre con gli Shinkanzen per tutti gli spostamenti interni (tranne per il ritorno da Fukuoka a Shizuoka, dopo la seconda partita). Abbiamo la fortuna di avere tratte di viaggio gestibili, che con treni ultra veloci e grazie alla somma di organizzazione e puntualità nipponiche risulteranno poco probanti sia fisicamente che mentalmente. Potremo inoltre evitare check-in, tempi morti d’attesa e ritardi aerei, con i bagagli, che, invece, viaggeranno su strada, trasportati da DHL, partner ufficiale del torneo”.
Un aspetto, quello dei bagagli, di cui si occupa in prima persona Alberto Calabrò, il Baggage Master della Federazione.
“In virtù delle leggi in vigore in Giappone, dal punto di vista dei bagagli, non sarà una trasferta agevole. Affiderò tutti i bagagli a DHL, che li spedirà in Sol Levante. Ogni singolo scatolone che faremo trasportare (circa 350, ndr), però, dovrà essere descritto minuziosamente in termini di contenuto, paese di fabbricazione e valore. DHL fermerà tutto quanto alla dogana giapponese, laddove io dovrò presenziare ad un controllo a campione, dove verificheranno che tutto quello che ho dichiarato sia effettivamente corrispondente alla realtà dei fatti”, ha spiegato Calabrò, dettagliando poi anche il lavoro principale da svolgere su suolo giapponese.
“Una volta in Giappone, nel vivo del torneo, immediatamente al termine di ogni partita, tutti i bagagli della squadra verranno caricati su tir, con un sigillo particolare, e viaggeranno immediatamente verso la nuova destinazione, senza poter essere aperti finché io non arriverò a mia volta sul posto”, ha concluso, sottolineando anche come medicinali, integratori e macchinari medici dotati di batterie imponenti, saranno le uniche cose che non potranno essere date in consegna a DHL, ma che dovranno essere trasportate al seguito della squadra.
Dove alloggeranno gli azzurri
La squadra di Conor O’Shea inizierà la sua avventura Mondiale a Sakai City, dove resterà per una settimana intera (dal 14 al 21 settembre) prima della sfida alla Namibia, per poi trasferirsi a Fukuoka (dal 23 al 26), prima della gara con il Canada, e Shizuoka (dal 27 settembre al 5 ottobre), dove resteranno sino al giorno successivo al match contro il Sudafrica. Gli azzurri, invece, vivranno l’attesa per la sfida agli All Blacks in quel di Toyota, dove pernotteranno sino al 12 ottobre, giorno dell’ultima partita del girone contro i “tuttineri”. Quattro settimane, che saranno precedute da un precamp a Sugadaira, nella prefettura di Ueda. La spedizione azzurra infatti partirà per il Paese del Sol Levante direttamente da Londra all’indomani dell’ultimo test mach di Warm-Up con l’Inghilterra (che si giocherà a Newcastle il 6 settembre).
“Il 7 settembre andremo a Sugadaira per una settimana. La federazione ha chiuso nel novembre 2017 un accordo commerciale con la prefettura, sia per il soggiorno dell’anno scorso che per questa stagione. Sarà occasione per iniziare a respirare il clima iridato” ci dice Gino Troiani.
Il contingente azzurro
L’Italia si presenterà in Giappone, come accaduto del resto anche negli ultimi Mondiali, con 31 giocatori (come da regolamento), senza eventuali riserve fuori lista al seguito. Con loro, poi, uno staff di un’altra quindicina persone. “La Rugby World Cup ospita a sue spese 46 membri per team, tra giocatori e staff. Ad inizio estate si deve presentare una lista in cui possono essere registrati fino a 50 giocatori e 20 membri del management. Dopo di che, questo gruppo dovrà essere scremato e reso definitivo entro il 2 settembre 2019, quando verrà consegnata la lista dei 31 atleti a disposizione di ogni selezione. Dopo quella data, i giocatori in lista potranno essere sostituiti solo in caso di infortunio, previa certificazione di World Rugby.
L’organizzazione – conclude Troiani – non si limita a coprire le spese per i 46 elementi di ogni delegazione, ma, di fatto, mette a disposizione tantissime cose: le strutture, le macchine per allenare la mischia, gli scudi e i palloni.
Matteo Viscardi
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