Slow Motion #49: Beale chi è?

Il centro dei Waratahs ha propiziato la meta più bella della settimana, ben figurando nel finale del match contro gli Springboks. Ma quale versione del talentuoso trequarti vedremo?

ph. Rugby AU Media/Stuart Walmsley/Handout via Reuters

Slow Motion è la rubrica di OnRugby che ogni settimana racconta la meta più bella del weekend, nei minimi particolari, corredata dal video. Il fanatico ovale la segue così: prima se la guarda tutta, e poi torna indietro a leggere paragrafo per paragrafo, alternando il tasto play a quello pausa. Qui la scorsa puntata. Buon divertimento.

Una volta Sir Richard Starkey ha detto: “Quando si passano i trent’anni, e si ha la sensazione d’aver già avuto tutto dalla vita, ci si sente come paralizzati.”

In effetti, Starkey a trent’anni ne aveva già passate di tutti i colori, dagli apici della sua sfolgorante carriera musicale negli anni Sessanta alla totale stroncatura del suo esordio da solista nel 1970, proprio pochi mesi dopo aver compiuto i fatidici 30. Quell’album si chiamava Sentimental Journey e quel trentenne era meglio noto con lo pseudonimo di Ringo Starr.

Kurtley Beale i suoi trent’anni li ha compiuti a gennaio, e sebbene nella sua professione abbia una quantità di talento superiore a quella di Ringo Starr come cantante, con il Beatle condivide una carriera che ha già attraversato tante fasi: la repentina e precoce ascesa, i guai con i compagni, con l’alcool e con lo staff della nazionale, la vittoria del Super Rugby, l’esilio volontario in Europa e il ritorno in patria.

Lo abbiamo visto al peggio delle sue condizioni, essere un peso per la sua squadra, e lo abbiamo visto essere uno dei migliori giocatori del pianeta, con giocate da lustrarsi gli occhi. Ad esempio sabato scorso.


 
A dieci minuti dal termine la partita è ormai pressoché andata, ma all’Australia serve continuare a giocare per oliare il proprio piano di gioco. Toomua carica con un angolo stretto in mezzo al campo, e fa lo sforzo extra quando è a terra per offrire un pallone con un minimo di qualità a Will Genia, alzando l’ovale per velocizzarne la liberazione.

Il numero 9 ha tre bersagli possibili, ma sceglie quello che corre la linea più decisa: è proprio Kurtley Beale, che si infila con timing perfetto nella frattura presente fra gli avanti sudafricani.

Il trequarti si rende subito conto di essere circondato da più di un avversario, è bravo a navigare nell’unica direzione dalla quale arriva un sostegno, verso sinistra. Il problema, però, è che Bernard Foley è nascosto. Non rimane allora che solo una chance: andare a contatto e sfruttare quella piccolissima finestra di tempo che si aprirà per far passare quel pallone.

L’offload di Beale è azzardato e immaginifico, ma anche perfetto. Vale 7 punti.

Le speranze dei Wallabies alla Rugby World Cup passano in maniera determinante dalla vena del trequarti australiano. I pochi minuti disputati contro il Sudafrica sono stati molto positivi, ma sono un’indicazione troppo piccola per capire quale Kurtley Beale abbiamo davanti. Il giocatore decisivo e finalmente maturo del 2017 o la versione bolsa e svogliata del 2018?

Lorenzo Calamai

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