I Lelos sono una squadra temibile, ma negli ultimi anni hanno smesso di crescere. Riconfermare il terzo posto del 2015 sarà complicato
La Georgia ha senz’altro fatto parlare molto di sé in quest’ultimo quadriennio. I buoni risultati raccolti nel corso degli anni, insieme a quelli molto negativi dell’Italia, hanno spesso alimentato un dibattito per una possibile introduzione di un meccanismo di promozione/retrocessione dal Sei Nazioni al Rugby Europe Championship, che per i georgiani avrebbe significato sfidare direttamente gli azzurri e conquistare un posto nel torneo più prestigioso.
I Lelos, con l’head coach Milton Haig in testa, hanno spinto molto per avere una maggiore considerazione e più Test Match contro le Tier 1, ritenendosi pronti ad affrontare più regolarmente squadre di un livello superiore. Alcune volte è andata bene, come nella sconfitta di soli 7 punti contro un Galles rimaneggiato a Cardiff (con polemiche finali), altre volte piuttosto male come nel 43-16 contro la Scozia o nel 28-17 contro l’Italia dello scorso novembre.
Le pretese della Federazione locale però si scontrano anche con la discontinuità mostrata dalla Georgia nelle sfide contro le altre squadre di seconda/terza fascia, in cui i Lelos hanno alternato vittorie importanti, successi inaspettatamente striminziti e sconfitte piuttosto pesanti. Nel Rugby Europe Championship sono quasi intoccabili, visti gli otto successi negli ultimi nove anni e il declino della Romania, ma contro le avversarie intercontinentali le cose non sono sempre andate nel verso giusto.
Nel 2016 i Lelos hanno toccato forse il loro punto più alto in questo senso, con due vittorie (contro Fiji e Tonga) e un pareggio (contro Samoa) nella tournée del Pacifico, ma nelle ultime due stagioni la spinta di quei risultati (e della RWC 2015) si è un po’ esaurita, eccezion fatta per la superiorità – tutt’altro che scontata – ribadita contro Tonga e Samoa. La Georgia ha faticato molto contro gli Stati Uniti, ha subito 37 punti dalle Fiji e 28 dal Giappone (senza segnare nessuno contro i nipponici) e ha per l’appunto perso in maniera piuttosto netta contro l’Italia, con pochi spunti degni di nota nel corso del match.
Dopo la RWC 2015, insomma, alla Georgia è mancato un ulteriore salto di qualità per mettersi sullo stesso piano almeno di Fiji, Giappone e Italia, da cui sembra tuttora un po’ distante. I Lelos hanno mantenuto tutte le caratteristiche che hanno contribuito a renderla una squadra pericolosa: una mischia devastante, un livello di fisicità notevole in campo aperto e una buona organizzazione collettiva in touche, frutto del lavoro dello staff tecnico. Allo stesso tempo, non sembrano essere migliorati davvero in tutto il resto, ovvero nella tecnica individuale e nell’avere più soluzioni offensive a disposizione.
La Georgia è una squadra temibile quando riesce a imporsi fisicamente e a sopraffare l’avversario, ma se messa adeguatamente sotto pressione perde palloni in maniera ingenua e finisce con l’essere troppo indisciplinata. Per togliersi dai guai la mischia a volte è sufficiente, ma spesso non potrà essere l’unica via d’uscita.
Ambizioni e obiettivi
Nel 2015 i Lelos fecero l’exploit decisivo alla prima giornata, sorprendendo Tonga e gettando le basi per il terzo posto nel girone, poi conquistato con una faticosa vittoria contro la Namibia. Che, a guardare bene, è un po’ la storia della Georgia dell’ultimo quadriennio: da applausi contro avversari che fino a 7-8 anni fa non batteva mai, in difficoltà contro squadre alla sua portata.
Rispetto a quattro anni fa, il girone questa volta sarà più complicato a causa della presenza delle Fiji come terza forza, alle spalle di Galles e Australia. Riconfermarsi sarà particolarmente complicato, visto che gli isolani hanno le armi per resistere alla fisicità georgiana e metterli in scacco con le maggiori qualità tecniche e atletiche. Ripetere il terzo posto del 2015 sembra piuttosto complicato, insomma.
Anche l’Uruguay è più forte di quella Namibia, ma sebbene i Teros siano una squadra pericolosa i georgiani restano superiori ai sudamericani a meno di possibili sorprese. Contro Galles e Australia i Lelos punteranno a fare soprattutto bella figura, e chissà che contro i Wallabies non possano strappare tante arata in mischia da highlights su YouTube, come già accaduto contro gli All Blacks nel 2015.
Il calendario
Poteva andare meglio. Dopo l’esordio contro il Galles il 23 settembre, gli uomini di Milton Haig avranno sei giorni per preparare la sfida contro l’Uruguay, mentre quattro giorni più tardi (il 3 ottobre) dovranno scendere in campo per la partita più importante del girone, contro le Fiji.
Saranno dei test molto importanti soprattutto per testare la profondità della rosa, che può contare su tanti giocatori impegnati nei campionati stranieri, visto che Milton Haig dovrà necessariamente attingere a tutte le proprie risorse per affrontare al meglio tutte le sfide. La pausa più lunga ci sarà prima dell’ultima sfida, prevista l’11 ottobre contro l’Australia.
Per quanto riguarda i test di preparazione, al momento sono in programma due sfide contro la Scozia il 31 agosto e il 6 settembre, mentre è stata cancellato il Test Match contro la Russia per via delle tensioni politiche tra i due Paesi.
Giocatori da seguire
Innanzitutto bisogna partire da chi non potremo seguire, ovvero i piloni Davit Kubriashvili e Zurabi Zhvania, ritirato il primo ed escluso il secondo. Un peccato.
La prima linea georgiana, in ogni caso, ha altri esponenti illustri. Levan Chilachava per esempio, ma anche Beka Gigashvili e il giovane classe 1998 Guram Gogichashvili, che giocano tutti in Francia (rispettivamente Montpellier, Racing 92 e Grenoble). In terza linea potrebbe mettersi in mostra il potente numero 8 Beka Gorgadze, insieme all’elettrico flanker classe 96 Giorgi Tsutskiridze, dotato di buon atletismo e ottimo placcaggio.
Tra i mediani di mischia sarà interessante vedere l’alternanza tra Vasil Lobzhanidze e Gela Aprasidze: classe 96 il primo e classe 98 il secondo, entrambi rappresentano delle opzioni di ottimo livello per Haig e dal loro rendimento dipenderanno gran parte delle fortune georgiane. Da tenere d’occhio anche il solito Soso Matiashvili, tra i pochi trequarti ad avere un cambio di passo e una velocità pura notevoli.
Scenari migliori e peggiori
Nel migliore dei casi, la Georgia fa pentire fino all’ultimo secondo Warren Gatland della sua scelta di schierare un Galles B all’ultima giornata, con una replica del Test Match di qualche anno prima. I Lelos escono nuovamente sconfitti di poco, ma si candidano a essere la squadra più iconica del Mondiale: l’Uruguay viene battuto facilmente con le riserve, mentre contro le Fiji la mischia gioca una partita superba e annulla il divario tecnico con gli isolani, battuti sul rush finale da una meta di Aprasidze.
Con il terzo posto assicurato, la Georgia può giocare con la mente libera l’ultima partita del torneo contro l’Australia: i Wallabies vincono, ma prendono realmente il comando della partita solo nell’ultimo quarto d’ora, dopo una lunga sofferenza nel prendere le misure alla fisicità avversaria.
Vista la tendenza a soffrire contro avversari più deboli, tuttavia, per la Georgia la partita contro l’Uruguay potrebbe essere la replica di quella contro la Namibia del 2015. A differenza di quattro anni fa, però, i Lelos finiscono per cadere contro i Teros e pagano i contrattacchi sudamericani, subendo il sorpasso con un drop all’ultimo minuto. Con due pesanti sconfitte in due partite sul groppone e pochi giorni per recuperare, le Fiji non hanno difficoltà a segnare una trentina di punti, mentre la sola buona prestazione della mischia non basterà a fermare i trequarti australiani all’ultima giornata.
La storia della Georgia nella Rugby World Cup
1987: faceva parte dell’Unione Sovietica
1991: non ancora indipendente
1995: non qualificata
1999: non qualificata
2003: quinta nel girone
2007: quarta nel girone
2011: quarta nel girone
2015: terza nel girone
Le squadre della Rugby World Cup
– Uruguay
– Canada
– Russia
– Samoa
– Tonga
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