E’ morto a 78 anni la leggenda degli All Blacks, di cui fu capitano e poi allenatore alla Rugby World Cup 1987
Se n’è andato in un’estate, a causa di un cancro, una delle leggende del rugby neozelandese: Brian Lochore, 78 anni, giocatore, capitano e poi allenatore degli All Blacks, che portò alla vittoria della prima Rugby World Cup della storia nel 1987.
Il decesso è stato annunciato oggi, 3 agosto, dopo che in giugno il presidente della federazione neozelandese Steve Tew aveva annunciato la sua malattia.
Hard to put into words the effect BJ had on many of us, sometimes we didn’t realize until after the fact, but that was his way, lead others with humility and vision, but also let us find the way, he will be missed, feeling for the family RIP legend
— Sir John Kirwan (@JohnKirwan_14) August 3, 2019
Con gli All Blacks disputò 25 Test, ma disputò 68 partite, in un’epoca dove i Test matches erano un’eventualità assai più rara di adesso, fra il 1964 e il 1971. Fu capitano fra il ’66 e il ’70, quindi allenatore della nazionale dal 1985 al 1987, anno in cui guidò la squadra a vincere la prima Rugby World Cup.
Anche dopo il termine della sua carriera da allenatore, continuò ad avere compiti manageriali all’interno dell’ambiente degli All Blacks.
Lo hanno ricordato in tanti, dal CEO di World Rugby Brett Gosper al presidente della FIR Alfredo Gavazzi, passando per Nick Evans, l’ex apertura di Harlequins e Blues, che lo ha ricordato come l’uomo che gli ha consegnato la sua prima maglia nera.
This man gave me my first All Black Jersey. This man was an All Black legend.
RIP Sir Brian Lochore #AllBlacks pic.twitter.com/h4UOu9GHaP— Nick Evans (@nick10evans) August 3, 2019
Our deepest condolences to our friends at @NZRugby as @AllBlacks legend Sir Brian Lochore passes away.
Sir Brian was a a real legend of the Game. Our thoughts and prayers are with his family.
May he rest in peace. pic.twitter.com/DaakCYH8lt
— Alfredo Gavazzi (@alfredo_gavazzi) August 3, 2019
Un grande essere umano, Lochore, in tutti i sensi: quasi due metri di giocatore per un quintale di peso capace di fare la differenza in un’epoca remota del rugby, e un carattere eccezionale. Lo ha raccontato così un altro grandissimo della palla ovale in maglia nera, Colin Meads, scomparso nel 2017: “All’apice della carriera, fra il 1966 e il 1969, aveva tutto quello che potevi volere da un numero 8. Non risparmiava un grammo di energia lavorando nello stretto, coprendo, vincendo rimesse laterali, facendo sostegno e dando il suo apporto costantemente. Come capitano era defilato, quasi schivo, com’era nella sua natura più profonda.”
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