Numeri, curiosità, statistiche e qualche considerazione alla luce dei convocati per la Rugby World Cup 2019
Domenica scorsa Conor O’Shea ha diramato la lista definitiva dei 31 convocati per la Rugby World Cup 2019 in Giappone che incomincerà fra un mese.
Al di là del fatto che, come insegna il passato, si potranno rivelare necessari alcuni aggiustamenti alla rosa a causa di infortuni prima o durante il torneo mondiale, nulla toglie che il gruppo di giocatori scelto sia in qualche modo il prodotto ultimo di più di tre anni di lavoro di O’Shea come commissario tecnico degli Azzurri, la squadra con la quale ci apprestiamo a giungere al momento dei risultati, quella Coppa del Mondo che rappresenta la cesura che chiude un ciclo, prosegua o meno il lavoro del tecnico irlandese alla guida dell’Italia.
Conor O’Shea ha preso la guida della nazionale italiana dopo la fine del Sei Nazioni 2016. I suoi Azzurri sono scesi per la prima volta in campo l’11 giugno di quell’anno, a Santa Fé, Argentina.
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Fino ad oggi, sotto la guida dell’ex tecnico degli Harlequins, l’Italia ha disputato 35 partite, di cui 7 vinte e 28 perse. Un record che corrisponde al 20% di vittorie, una percentuale che, dall’ingresso nel Sei Nazioni in poi, è stata inferiore solo durante il periodo di Brad Johnstone come capo allenatore (22 sconfitte in 27 partite).
Dal giugno 2016 ad oggi l’Italia ha segnato 71 mete, un dato secondo solo al numero di marcature raggiunto dall’Italia di Brunel (72), ma in un periodo di tempo inferiore. Anche se sicuramente è un dato influenzato anche dal cambiamento del gioco e dal maggiore accento posto sulle segnature pesanti nel rugby odierno, l’Italia di O’Shea detiene anche il secondo posto come media mete per partita (2.03, dietro l’Italia di Berbizier a 2.77). L’altro lato della medaglia vede anche un sensibile incremento rispetto al passato della media di punti subiti a partita: 33.7 (secondo peggior dato di sempre, dietro l’Italia di Johnstone e simile a quello dell’Italia di Kirwan).
Da Santa Fé a San Benedetto del Tronto, in questi 38 mesi 67 giocatori hanno vestito la maglia azzurra. Fra questi hanno esordito per la prima volta 29 giocatori. Circa la metà di questi ultimi (15) fanno parte dei 31 convocati per la Rugby World Cup.
I Trentuno e gli esclusi: andiamo per punti
Reduci – Rispetto alla Rugby World Cup 2015, la lista dei 31 Azzurri conta 9 reduci: Andrea Lovotti, Leonardo Ghiraldini, Alessandro Zanni, Sergio Parisse, Guglielmo Palazzani, Tommaso Allan, Carlo Canna, Michele Campagnaro e Tommaso Benvenuti. Di questi, solo 4 hanno già giocato più di un mondiale. Si tratta dei tre veterani Parisse (presente nel 2003, 2007, 2011 e 2015), Zanni e Ghiraldini (presenti nel 2007, 2011 e 2015), più Tommaso Benvenuti (presente nel 2011 e nel 2015). Sergio Parisse raggiungerà Mauro Bergamasco e Brian Lima a quota 5 Rugby World Cup disputate, nessuno ne ha giocate di più.
Esperienza – La rosa degli Azzurri ha una media di 30.8 caps. Un numero che è chiaramente gonfiato dalla convocazione di ben tre centurioni: Parisse (139 caps), Zanni (113), Ghiraldini (105). Dietro di loro il giocatore con più caps è Tommaso Benvenuti (57), quindi Tommaso Allan (49). Nella lista dei 31 non ci sono esordienti, ma Callum Braley e Marco Riccioni hanno guadagnato le loro prime due presenze contro Irlanda e Russia. Dietro di loro, i giocatori ad aver all’attivo meno caps sono David Sisi (6) e Oliviero Fabiani (8). Se togliamo dall’equazione Parisse, Zanni e Ghiraldini, la media caps crolla a 22.2, un numero comunque non troppo basso. Per dare un riferimento, l’Inghilterra ha una media caps di 32.5, la Francia di 22.1.
Pretoriani – Dei 31 convocati, il giocatore ad essere stato più volte titolare dal giugno 2016 ad oggi è Andrea Lovotti, partito dal primo minuto 29 volte. Dietro di lui Braam Steyn (22), Dean Budd (21), Tommaso Allan (21) e Sergio Parisse (20). Lovotti è anche il giocatore inserito più volte nei 23, con 31 convocazioni in 35 partite. Lo seguono a quota 28 Tommaso Allan, Carlo Canna e Braam Steyn.
Panchina – Sergio Parisse, Dean Budd e Mattia Bellini sono i tre giocatori che con Conor O’Shea non sono mai stati seduti in panchina. Se presenti nella lista gara di 23 giocatori, erano fra i titolari. All’altro capo dello spettro c’è Tiziano Pasquali, che ha iniziato dalla panchina 14 volte su 19 presenze. Anche Carlo Canna è andato in panchina 14 volte, ma ha anche giocato 14 volte dall’inizio.
Numeri nove – L’assenza di Marcello Violi, escluso dalla lista per infortunio, priva gli Azzurri del mediano di mischia con più partenze da titolare (11) in questo ciclo. E’ finito fuori dai giochi anche Edoardo Gori, che rimane il giocatore con più convocazioni nei 23 dal giugno 2016 a oggi (19). Tito Tebaldi, 13 presenze di cui 9 da titolare con O’Shea, sarà la prima scelta e disputerà il suo primo mondiale a 32 anni (che compirà proprio il 20 settembre, giorni di inizio della Rugby World Cup). Dietro di lui Guglielmo Palazzani (15 presenze, ma solo 3 da titolare) e Callum Braley (2 presenze dalla panchina).
Esclusi – Tre giocatori hanno disputato più del 50% delle partite al comando di Conor O’Shea e non sono stati scelti per la Rugby World Cup: si tratta di Marco Fuser (23 presenze), Edoardo Gori (19) e Tommaso Castello (18, escluso per infortunio). Angelo Esposito, tagliato dopo aver partecipato al ritiro fino alla settimana scorsa, è il trequarti esterno (ala o estremo) con più presenze da titolare nell’era O’Shea (15).
E quindi?
I numeri e le statistiche relative alla gestione di Conor O’Shea e alle sue scelte in ottica Rugby World Cup conducono giocoforza ad alcune considerazioni, in particolare in termini di profondità ed esperienza della squadra italiana, due caratteristiche fondamentali per tutte le squadre, in particolare ai mondiali.
Sia in termini di profondità che di esperienza, l’Italia che si presenterà in Giappone è ben coperta in alcuni ruoli, mentre pecca in almeno una delle due variabili in altri.
Come abbiamo visto, il ruolo di mediano di mischia è uno dei più critici: dal punto di vista dell’esperienza, abbiamo due giocatori con poca dimestichezza con il palcoscenico internazionale (Palazzani ha giocato appena 3 partite da titolare negli ultimi 3 anni), mentre da quello della profondità la selezione di Callum Braley, un giocatore di formazione non italiana appena aggiunto al gruppo, è sintomo delle poche alternative nel ruolo.
In prima linea la situazione è composita: a destra c’è un ottimo mix di esperienza e profondità, a tallonatore molto dipende dalla presenza di Leonardo Ghiraldini, mentre a sinistra un qualsiasi problema ad Andrea Lovotti scoprirebbe una situazione piuttosto problematica.
Seconda linea, terza linea e mediano di apertura sono i ruoli dove la nazionale è più coperta da qualsiasi punto di vista, con le probabili seconde scelte che hanno alle spalle un background abbastanza solido di minuti, specialmente nei ruoli chiave di numero 8 e numero 10.
Fra i trequarti, buono l’assortimento di ali ed estremi, mentre sui centri il solo Luca Morisi è abituato a vestire la maglia numero 12. Né Tommaso Campagnaro, né Tommaso Benvenuti hanno mai disputato un incontro internazionale in quel ruolo, mentre Giulio Bisegni, probabile deputato a rivestire la posizione in contumacia Morisi, lo ha fatto contro l’Irlanda lo scorso 10 agosto.
Lorenzo Calamai
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