Nonostante qualche passo falso, gli All Blacks sono sempre la squadra da battere. Nel mirino il terzo Mondiale consecutivo
Gli All Blacks sono e saranno sempre i primi favoriti per la vittoria della Rugby World Cup 2019. Non vuol dire che alla fine trionferanno ancora, ma è bene mettere in chiaro questo concetto prima di parlare della squadra più forte del mondo. I recenti inciampi hanno messo in discussione questo status e fatto crescere dei dubbi sul reale potenziale della rosa tutta nera, ma proprio perché parliamo degli All Blacks il possibile inganno è sempre dietro l’angolo: stiamo assistendo davvero a un calo della Nuova Zelanda oppure è solo un periodo di transizione? Nel dubbio, diciamo che i più forti sono sempre loro. Non dovremmo sbagliare.
Ma dov’è che gli All Blacks sono grandi? In genere non bisogna cercare in strategie complesse, tattiche astruse o scelte di gioco futuristiche, ma nell’altissima velocità e qualità dei singoli gesti tecnici e in come le straordinarie individualità riescono a fare gruppo e a rendere sensazionale un sistema di gioco. Spesso gli All Blacks non hanno un piano più elaborato di un’altra squadra, ma “semplicemente” sono più rapidi, abili e anche scafati di tutti gli altri.
E’ vero, in ogni caso, che le performance degli All Blacks ultimamente non sono sempre state all’altezza degli anni precedenti, sia perché alcuni avversari hanno disputato delle partite superbe, sia perché in effetti gli standard neozelandesi si sono leggermente abbassati. La stampa locale e internazionale si è scatenata nel cercare di capire i motivi: si parla di una squadra non così profonda in certi ruoli, di giocatori (come Ben Smith, Whitelock e Read) in evidente calo vista l’età, di uno Steve Hansen non più così in controllo della situazione.
Secondo l’imperturbabile Hansen, invece, gli All Blacks visti nel Rugby Championship avrebbero bisogno di un po’ più di tempo per assimilare alcuni nuovi dettami tattici in attacco, che in tempi recenti aveva avuto qualche problema contro difese organizzate e particolarmente rapide a togliere spazio all’attacco. Qualche prestazione negativa dei senatori c’è stata, così come qualche ricambio non sempre all’altezza dei titolari, ma non si può dire che gli All Blacks non abbiano comunque le armi per fare molto male a qualunque avversario in qualunque momento. Piuttosto, le devono solo affilare: quando lo fanno, poi di solito non c’è scampo.
Ambizioni e obiettivi
Parlare delle ambizioni e degli obiettivi degli All Blacks è molto semplice: ogni squadra neozelandese deve puntare a essere la squadra neozelandese più forte di sempre. E’ una continua rincorsa su se stessi verso la perfezione rugbistica, la cura del dettaglio e la costruzione di una eredità forte che di volta in volta si trasmetta nel tempo.
Visto che All Blacks del 2015 sono stati i primi a vincere due Rugby World Cup di fila, insomma, questa generazione di All Blacks vorrà essere la prima a vincerne tre consecutivamente. Come detto, sono la squadra da battere, a prescindere da tutti i dubbi – alcuni legittimi – che si possono avere in questo momento della preparazione al Mondiale.
La Nuova Zelanda balbettante vista durante il Rugby Championship non dovrebbe essere la stessa che si presenterà in Giappone, del resto. Nessuno può dirlo con certezza ovviamente, ma il solo fatto che si chiamino ‘All Blacks’ è un discreto certificato di garanzia per far prevedere una crescita costante nella forma fisica degli uomini di Hansen.
L’obiettivo minimo, insomma, è vincere la Rugby World Cup. Tanto alla pressione, in un Paese che vive per il rugby e per i giocatori in maglia nera, sono tutti abituati.
Il calendario
Per gli All Blacks non poteva che esserci un esordio più stimolante e più decisivo di una sfida contro il Sudafrica, al secondo giorno di Mondiale. Chi uscirà vincitore dal confronto a Yokohama vincerà la Pool B e dovrebbe avere un quarto di finale più morbido.
Per il resto, la Nuova Zelanda avrà degli impegni e un calendario molto comodi: dopo ben dieci giorni di riposo, il 2 ottobre, gli All Blacks sfideranno il Canada. A quattro giorni di distanza sarà in programma la partita contro la Namibia, mentre il 12 ottobre gli uomini di Hansen chiuderanno il girone contro l’Italia a Toyota.
Per i campioni del mondo, insomma, c’è una vera e propria partita di rilevante per quanto riguarda la classifica ed è la prima: per il resto, gli All Blacks potranno sperimentare e/o fare turnover contro avversari di più basso livello.
Giocatori da seguire
Beauden Barrett e Sam Cane erano le riserve di due leggende come Carter e McCaw nel 2015, ma ora avranno un ruolo da protagonista assoluti. Anche da estremo, Barrett si sta confermando un giocatore davvero straordinario per qualità tecniche e atletiche e per le capacità di leggere il gioco, che potrebbero addirittura amplificarsi con un altro playmaker eccezionale come Richie Mo’unga.
Quella di Cane è un bella storia. Dopo un grave infortunio al collo, il numero 7 dei Chiefs ha gradualmente ripreso la forma migliore ed è cresciuto partita dopo partita, riprendendosi la maglia da titolare.
Al suo fianco, oltre a capitan Read, potrebbe giocare da titolare anche Ardie Savea, in teoria il backup di Cane ma in pratica sempre più importante per Hansen per come si trascina gli avversari in giro per il campo ogni volta che tocca il pallone.
Un reparto su cui gravano molte incognite è quello dei centri, più che altro per le condizioni fisiche di Sonny Bill Williams e Ryan Crotty, in teoria i titolari. Entrambi hanno una certa tendenza a infortunarsi, ma la loro importanza non è in discussione. Le loro ipotetiche “riserve” sono comunque giocatori su cui Hansen può fare grande affidamento, ovvero Anton Lienert-Brown e Jack Goodhue: entrambi hanno 24 anni e secondo le gerarchie dovrebbero aspettare il prossimo giro per diventare titolari, ma il loro momento potrebbe arrivare prima del previsto.
Scenari migliori e peggiori
Nel migliore dei casi, gli All Blacks vincono ogni partita con almeno 15 punti di scarto: Beauden Barrett viene eletto per acclamazione miglior giocatore del torneo e dell’anno, Rieko Ioane segna 10 mete e nessuna squadra riesce nemmeno ad avvicinarsi al loro livello di gioco. Tutto è praticamente perfetto, insomma.
Nel peggiore dei casi, i dubbi sollevati dalle partite del Rugby Championship diventano sempre più grandi durante la prima partita del Mondiale contro gli Springboks, che riescono a spuntarla quanto basta per condannare gli All Blacks al secondo posto nel girone. N
ei quarti di finale, i neozelandesi trovano l’Irlanda: a differenza loro, gli uomini di Joe Schmidt hanno ritrovato la quadra del cerchio e mettono sotto fisicamente e tatticamente i campioni del mondo. All’ultimo minuto Beauden Barrett prova un drop per risolvere il match, ma lo sbaglia malamente: gli All Blacks vanno fuori ai quarti, la stampa locale addossa tutte le colpe a Barrett (che aveva già sbagliato altri tre calci durante la partita) e un intero Paese a sotto shock.
La storia della Nuova Zelanda nella Rugby World Cup
1987: campioni
1991: terzo posto
1995: secondo posto
1999: quarto posto
2003: terzo posto
2007: quarti di finale
2011: campioni
2015: campioni
Le schede delle squadre della RWC 2019
– Canada
– Uruguay
– Tonga
– Samoa
– Georgia
– Namibia
– USA
– Sudafrica
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