Si chiama Level Playing Field ed è prodotto dalla tv neozelandese. Parla di Samoa e dei suoi incredibili sforzi per rimanere nel rugby professionistico
Il canale televisivo neozelandese TVNZ ha prodotto un reportage video di circa 20 minuti sulle diseguaglianze e le ingiustizie del mondo del rugby. Prendendo come caso di studio la situazione attuale di Samoa, il servizio mette in mostra una situazione ai limiti dell’insostenibile, con differenze gigantesche rispetto alle squadre di prima fascia. Una situazione che, peraltro, non viene appropriatamente sostenuta dal resto del mondo ovale e dalla federazione internazionale.
Non ci sono particolari novità o temi sconosciuti all’attenzione dell’opinione pubblica, ma il merito di Level Playing Field, come recita il titolo del documentario, è quello di essere andati direttamente sul luogo, a Samoa, e di aver fatto parlare i protagonisti, le persone che ogni giorno subiscono le conseguenze di un paese che vive e respira rugby, ma che è destinato nel lungo periodo a naufragare, se le cose non cambieranno.
E’ chiaro che la difficoltosa situazione della nazionali del Pacifico è anche derivata da un sostanziale svantaggio sociale di base rispetto ai paesi più ricchi, e che una parte delle cause sia estranea al pianeta rugby: il fatto ad esempio che i giocatori siano costretti ad emigrare per tentare la strada del professionismo è conseguenza di una difficoltà economica diffusa a Suva e nelle altre isole che compongono l’arcipelago.
Da lì, però, ci si muove in un ginepraio di problemi: la federazione samoana è da anni praticamente sul lastrico. Sicuramente non ha brillato per una accurata gestione amministrativa, ma il fatto che in tutto il 2019 Samoa abbia ottenuto un solo test match sul proprio territorio non aiuta. Se non ci sono test match casalinghi, infatti, non ci sono entrate derivanti dalla vendita di biglietti, non ci sono diritti televisivi da venedere, né sponsor attratti dalla visibilità che la nazionale samoana riesce ad avere.
Quello delle gate revenues è un tema importante nell’ottica delle differenze sempre più marcate fra prima e seconda fascia del rugby mondiale: a Ovalia chi gioca in casa si prende il 100% delle entrate derivanti dai biglietti.
Si pensi che, senza questo tipo di entrate, per partecipare alla Rugby World Cup Samoa si è affidata al crowdfunding, in una sorta di manifestazione pubblica di beneficenza per permettere ai giocatori di non dover aprire il portafoglio per andare in Giappone.
Il portafoglio lo ha invece aperto, per fare un esempio, Jack Lam, il capitano della nazionale. Lam ha dovuto pagare di tasca propria il volo da Bristol per raggiungere il raduno di Samoa, così come hanno fatto alcuni suoi compagni di squadra.
Per ogni giorno di ritiro i giocatori vengono pagati 100 dollari neozelandesi al giorno, un gettone di presenza inferiore al salario minimo della vicina Nuova Zelanda. Per questo è sempre difficile per un giocatore rispondere alla chiamata della sua nazionale: non solo le squadre europee sono maggiormente disposte a offrire remunerativi contratti se gli atleti sono disposti a rinunciare alla convocazione, ma questo comporta anche a una sostanziale rinuncia economica, senza contare il fatto che un eventuale infortunio in ambito internazionale è una minaccia alla carriera.
Di questo e di molti altri temi si parla in Level Playing Field, visibile in chiaro su YouTube al di fuori della Nuova Zelanda, con le parole dei diretti interessati. Serve un minimo di dimestichezza con l’inglese per poterlo affrontare, ma si tratta di un lavoro giornalistico indispensabile se si vuole aprire un dibattito sulle ineguaglianze che minacciano di cancellare alcune delle nazionale con la più grande tradizione rugbistica del globo.
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