Per Sam Warburton il rugby di oggi non è abbastanza sicuro

Nella sua autobiografia ha usato toni molto duri e allarmistici: “Se qualcosa non verrà fatto subito, un giocatore morirà in diretta tv”

sam warburton

ph. Reuters

Sam Warburton, ex capitano di Galles e British & Irish Lions, si è ritirato un anno fa a soli 29 anni a causa dei tanti infortuni riportati in carriera. Di recente, oltre a essere entrato nella dirigenza dei Cardiff Blues, l’ex terza linea ha scritto la propria autobiografia, Open Side, di cui sta pubblicando alcuni stralci il Times. Uno degli ultimi passaggi rilanciati dal giornale britannico è stato molto ripreso dai media, perché Warburton ha usato toni piuttosto allarmistici per quanto riguarda la sicurezza dei giocatori nel rugby moderno.

“Se qualcosa non verrà fatto subito, allora un giocatore professionista morirà in diretta televisiva, e solo allora le persone chiederanno che vengano presi provvedimenti – ha scritto Warburton – Ci sarà solo una reazione a quel punto, ma non ci sarà stata nessuna precauzione. Non si può pensare che uno sport dove giocatori tra i 90 e 130 kg che corrono alla massima velocità sia sicuro”.

L’ex flanker ha anche ricordato i troppi decessi avvenuti nel 2018: quello di Rebecca Braglia, oltre a quelli avvenuti in Francia – tre in sette mesi – con le morti di Louis Fajfrowski, Adrien Descrulhes e Nicolas Chauvin, tutte causate da un duro colpo ricevuto in campo. “Il rugby è solo uno sport. Non vale la pena morire giocando”. Warburton ha anche proposto di limitare il numero di partite per un singolo giocatore (25 per stagione, secondo lui) e il numero di minuti dedicati agli allenamenti full-contact, come in una partita vera (un massimo di 10 minuti).

World Rugby, l’organo di governo mondiale della palla ovale, ha introdotto negli ultimi tempi nuove regole e protocolli per cercare di rendere il gioco più sicuro, oltre a sperimentare soluzioni innovative (per esempio l’altezza legale per i placcaggi) in modo da mettere un freno alle concussion e agli infortuni più gravi. Non è un percorso né facile né esente da critiche, soprattutto per come le regole vengono applicate sul campo, ma è indubbio che World Rugby si stia muovendo per garantire un gioco più sicuro. Secondo Warburton, però, non è ancora abbastanza.

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