Gregor Townsend e i suoi ragazzi volano in Giappone con tanta voglia di far bene – e la concreta possibilità di diventare la “sorpresa” della Coppa del Mondo
Se la RWC si fosse giocata un anno fa, non avrei avuto nessun problema ad indicare la Scozia come una delle favorite, se non per la vittoria finale, almeno per arrivare in semifinale. Una volta giunti a quell’altezza del torneo, si sa, tutto è possibile e quando i Dark Blues sono in giornata, possono davvero giocarsela contro chiunque.
Il periodo compreso trai test match autunnali del 2017 e il 6 Nazioni 2018, infatti, è stato forse il migliore del rugby scozzese dell’ultimo decennio, con la squadra che, cresciuta esponenzialmente sotto la guida di coach Vern Cotter, era riuscita a fare il salto di qualità con Gregor Townsend.
Attenzione, però: nonostante gli “scalpi” importanti raccolti tra le mura amiche (tra cui spicca l’umiliazione dei Wallabies e la riconquista della Calcutta Cup), in trasferta i Dark Blues hanno continuato a faticare anche durante il “periodo aureo”, un problema che McInally e compagni si sono trascinati fino a Nagasaki (due vittorie esterne dall’autunno 2017, a Roma contro l’Italia e a Tbilisi contro la Georgia) e un fattore da non sottovalutare durante la RWC, giocata tutta “in trasferta”.
Nel 2019 la Scozia ha avuto, finora, alti (pareggio in rimonta a Twickenham) e bassi (la sconfitta casalinga contro l’Irlanda che avrebbe potuto dare la svolta al Torneo) e vola in Giappone sulla scorta di tre vittorie (su quattro warm-up test giocati) ma senza aver particolarmente entusiasmato un pubblico che, ormai, ha alzato (e non di poco) il livello di aspettative.
Che Coppa del Mondo ci aspetta? Sempre difficile fare pronostici, ma con questa “pazza Scozia” è diventato ancora più arduo.
Ambizioni e obiettivi
“Il nostro tipo di gioco mette sotto pressione gli avversari sia perchè siamo pronti fisicamente, sia perchè abbiamo voglia di fare bene, ma dobbiamo anche fare in modo che in difesa le cose funzionino bene. Un risultato positivo per noi sarebbe giocare al nostro massimo, perchè giocare come sappiamo è sempre l’obiettivo minimo che ci prefissiamo ogni volta. Dobbiamo fare benissimo fin da subito, contro l’Irlanda, ed esser capaci di stare costanti durante tutto il torneo. Sappiamo che, se giochiamo al nostro meglio, possiamo mettere in difficoltà chiunque,” ha detto Townsend durante la conferenza stampa in cui ha ‘giustificato’ le sue convocazioni.
Difficile dargli torto, ma per provare a vincere la Coppa del Mondo servono anche fortuna (tanta, anche e soprattutto a livello di infortuni) e cinismo in fase offensiva. La Scozia ha una rosa completa, ha finalmente costruito una certa profondità (soprattutto al centro, in terza linea e in mediana) e Townsend si è potuto prendere il lusso di fare scelte tecniche, non dettate da indisponibilità del momento (Ritchie è volato in Giappone col gruppo, dove resta anche Bradbury come copertura).
I carichi di lavoro, molto probabilmente, hanno impedito alla Scozia di “volare” durante i warm-up test (e contro la Georgia nell’ultima sfida anche la paura di infortunarsi ha giocato la sua parte) ma si sono viste cose buone su cui Townsend e il suo staff possono costruire.
“Avremmo dovuto vincere quella gara [contro l’Australia], pensare che l’Argentina poi è arrivata in semifinale con molti infortuni… Ci sono troppi ‘se e ma’, adesso dobbiamo pensare che siamo un gruppo più maturo di quattro anni fa e che abbiamo la possibilità di giocare un’altra Coppa del Mondo sfruttando questo bagaglio di esperienza. Abbiamo tanta voglia di fare bene, sappiamo che nel rugby internazionale le differenze sono così piccole che ogni errore costa carissimo e soprattutto sappiamo che dobbiamo essere capaci di sfruttare ogni occasione che ci capita,” ci ha detto Pete Horne a Linlithgow.
L’obiettivo minimo della Scozia è il passaggio ai quarti, la speranza è di provare a fare poi il “colpaccio” (ma contro Springboks o All Blacks sarà davvero una missione molto difficile) per tornare tra le prime quattro al mondo (risultato ottenuto solo nel 1991) e cancellare finalmente il ricordo di quel piovoso pomeriggio a Twickenham nell’ottobre 2015.
Il calendario
La gara contro l’Irlanda, al debutto, è già “LA” partita, per entrambe. Chi perde, infatti, si mette nelle peggiori condizioni possibili per affrontare il Giappone padrone di casa. I Brave Blossoms sono una squadra sempre da rispettare e la Scozia li affronta nell’ultima giornata della fase a gironi – in quello che potrebbe essere, a tutti gli effetti, lo spareggio per il passaggio ai quarti.
La Scozia, nel 2015, ha affrontato il Giappone che aveva umiliato gli Springboks e lo ha battuto senza problemi, ma una vittoria sull’Irlanda darebbe morale ad un gruppo che ha ancora qualche difficoltà ad essere costante nelle prestazioni.
Le sfide contro Samoa (che a Newcastle nel 2015 mise in grosse difficoltà i Dark Blues) e Russia devono portare alla Scozia dieci punti se l’obiettivo dei Dark Blues, come detto, è di andare il più in là possibile nella massima competizione mondiale.
Giocatori da seguire
Nel 2018 avrei detto Huw Jones, ma per evidenziare ulteriormente quanto, in un anno, le cose son cambiate, il centro dei Glasgow Warriors (che Dave Rennie sta sperimentando come estremo in pre-season) non è nemmeno stato inserito nel gruppo dei 31 convocati.
Hamish Watson è, al momento, uno dei migliori openside flanker in attività e avrà un ruolo importante nel pack della Scozia – dove l’incognita è forse Blade Thomson, più per la tenuta fisica che per la qualità, innegabile, del terza linea degli Scarlets.
McInally, da capitano, avrà in mano le redini della prima linea e del gruppo. Il tallonatore ha già dimostrato di poter gestire la pressione guidando Edinburgh Rugby ma se riuscirà a far bene anche sul più grande palcoscenico internazionale, avrà la definitiva consacrazione.
Chi potrebbe bruciare le tappe ed entrare di prepotenza nel XV della Scozia per i prossimi dieci anni è Darcy Graham, un talento purissimo che ha bruciato le tappe arrivando in Nazionale un anno dopo il suo passaggio da Hawick (club di Tennent’s Premiership) ad Edinburgh, conquistando con la sua qualità e determinazione anche il cuore di coach Cockerill.
Nei trequarti, Duncan Taylor (se resta ‘injury-free‘) può diventare l’arma in più, sia in difesa che in attacco, così come Chris Harris ha tutte le carte in regola per essere la sorpresa della Coppa del Mondo.
Le sorti della Scozia, comunque, dipendono ancora (e molto) dalla forma e dall’approccio alla gara di Finn Russell. Quando l’apertura è in giornata è potenzialmente impossibile da contrastare, quando invece non è ispirato, la Scozia gioca per larghi tratti con un uomo in meno. Anche per questo, Townsend si è portato in Giappone Pete Horne, un giocatore che ha, tra le sue migliori qualità, quella di saper tirare fuori il meglio dai suoi compagni.
Scenari migliori e peggiori
La Scozia batte Irlanda e Giappone, oltre a Samoa e Russia, e si presenta ai quarti da prima della Pool A contro gli Springboks. Il Sudafrica è tornato quasi ai suoi livelli ma, in gara unica, tutto è possibile.
Parlando dello scenario peggiore, invece, la Scozia perde (malamente) contro l’Irlanda e batte a fatica Samoa e Russia. L’ultima gara contro il Giappone si gioca il passaggio ai quarti; gara equilibratissima, piove a dirotto nel secondo tempo e a tre minuti dalla fine il direttore di gara assegna un calcio di punizione al Giappone…
La storia della Scozia nella Rugby World Cup
1987: quarti di finale
1991: quarto posto
1995: quarti di finale
1999: quarti di finale
2003: quarti di finale
2007: quarti di finale
2011: fase a gironi
2015: quarti di finale
Le schede delle squadre alla RWC 2019
– Canada
– Uruguay
– Russia
– Tonga
– Samoa
– Georgia
– Namibia
– USA
– Sudafrica
– Nuova Zelanda
– Australia
– Inghilterra
– Fiji
– Galles
– Francia
– Irlanda
– Argentina
Matteo Mangiarotti
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