Il fatturato della competizione dovrebbe superare i 3,1 miliardi di euro del 2015. La copertura tv riguarderà circa 800 milioni di case
La Rugby World Cup in Giappone sarà un evento unico sotto tanti punti di vista. Innanzitutto, perché sarà la prima di nove edizioni del torneo a giocarsi fuori dai confini tradizionali della palla ovale: dopo Nuova Zelanda, Regno Unito, Irlanda, Sudafrica, Australia e Francia, il Giappone sarà solo il settimo Paese a ospitare un Mondiale. Culturalmente, per chi vivrà da vicino l’evento, sarà un’esperienza diversa dalle altre: le tradizioni nipponiche sono piuttosto lontane dalla società occidentale e contribuiranno a rendere potenzialmente indelebile l’impronta di questa Coppa del Mondo.
L’impatto fragoroso di questa Rugby World Cup però non sarà solo sociale o culturale, ma anche e soprattutto economico. Di recente, infatti, gli organizzatori del Mondiale hanno rilasciato nuove stime sul possibile indotto generato dal torneo, che potrebbe attestarsi sui 437 miliardi di yen, ovvero circa 3.6 miliardi di euro. Una cifra più alta di quella prodotta dalla Rugby World Cup 2015 (3,1 miliardi di euro), che già a livello di fatturato surclassò nettamente le precedenti edizioni del torneo.
Il profitto netto, che nel 2015 fu di circa 163 milioni di sterline, invece dovrebbe calare rispetto a quattro anni fa: lo ha confermato il CEO di World Rugby, Brett Gosper, parlando con il Financial Times, e la motivazione è da ricercare nei maggiori costi organizzativi per ospitare il torneo in Giappone.
Le previsioni, inoltre, parlano di circa 400mila persone in arrivo dall’estero, che secondo l’ultimo report potrebbero spendere circa 20mila yen al giorno (circa 165 euro). Secondo Takayuki Katsurada, dirigente della Development Bank of Japan, proprio la spesa media dei tifosi stranieri sarà fondamentale per poter raggiungere i numeri stimati dall’organizzazione. “La chiave è nelle possibilità del Giappone nell’offrire servizi convenienti e interessanti per chi arriva da fuori, che li incoraggino a rimanere e spendere – ha detto Katsurada – Esiste una barriera linguistica. Inoltre gli stranieri tendono ancora ad avere un’immagine del Giappone come Paese soggetto a catastrofi naturali e (quindi) insicuro”.
Negli stadi il Giappone invece non potrà raggiungere il numero di biglietti assoluti venduti dalla RWC 2015, ma anche in questo caso le cifre sono notevoli: per gli 1,8 milioni di tagliandi messi in vendita, sono arrivate 5 milioni di richieste, che fanno presagire un tutto esaurito per tante partite. Saranno invece 13.000 i volontari (il cosiddetto “Team No-Side”) che saranno impegnati nelle città della competizione per aiutare tifosi, appassionati e addetti ai lavori: il loro apprendistato è iniziato tra febbraio e marzo, per poi proseguire in un secondo momento a giugno.
Uno dei punti potenzialmente critici sollevati dal Financial Times a proposito dell’esperienza negli stadi, invece, è il consumo di alcol e la sua disponibilità a soddisfare tutti i tifosi, specie quelli che arrivano da posti in cui è fortemente radicato il consumo di bevande alcoliche durante il match.
“Questi stadi e queste città non sono abituati a un numero così elevato di bevitori, a cui forse è associato il rugby – ha detto Gosper – Abbiamo affrontato delle sfide dal punto di vista logistico in questo senso, ma pensiamo di essere a un ottimo livello. Andrà bene”.
La copertura televisiva da record
L’edizione giapponese della RWC verrà trasmessa in 217 territori del mondo, in modo da raggiungere più di 800 milioni di case, contro i 683 milioni del 2015. Si tratta, anche in questo caso, di un record assoluto per la competizione.
I ricavi dalla vendita dei diritti televisivi inoltre non saranno inferiori al Mondiale inglese, nonostante il fuso orario sfavorevole per le emittenti europee. Quattro anni fa il 50% circa dei ricavi da diritti tv arrivò dagli accordi con il canale francese TF1 e con il britannico ITV, ma i minori introiti arrivati dall’Europa sono stati compensati – scrive il Financial Times – soprattutto dagli accordi con i tre broadcaster giapponesi J Sports, NHK e Nippon TV.
Oltre il campo
Nelle intenzioni degli organizzatori, tuttavia, la Rugby World Cup giapponese dovrebbe avere anche un ruolo primario nella crescita dello sport in Giappone, considerando che il prossimo anno ci saranno anche i Giochi Olimpici a Tokyo. Come ha scritto il Japan Times, il mercato nipponico legato allo sport infatti non è mai stato troppo attrattivo e capace di invogliare un numero sensibile di investimenti.
Per questo, il governo sta attuando delle politiche più espansive per aumentare l’interesse nei confronti del proprio mercato interno, ospitando per l’appunto dei grandi eventi come il Mondiale di rugby e le Olimpiadi (due delle competizioni più seguite al mondo insieme alla Coppa del Mondo di calcio) e incentivando e promuovendo le varie forme di business legate allo sport. Entro il 2025, secondo le stime del governo, questo settore dovrebbe vedere triplicato il proprio valore.
Allargando il discorso, secondo gli organizzatori l’effetto dell Rugby World Cup potrebbe aumentare anche il numero di praticanti in tutto il continente asiatico: nell’ambito del progetto per diffondere sempre di più la palla ovale chiamato Impact Beyond, nel dicembre 2018 World Rugby ha annunciato di aver raggiunto quota 1 milione di partecipanti in Asia, superando le aspettative. E già si parla dell’edizione 2019 come la Rugby World Cup dall’impatto maggiore in assoluto.
Daniele Pansardi
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