Gli All Blacks collezionano una sfilza di gesti tecnici abbacinanti per segnare l’ultima meta dell’incontro con la Namibia
Slow Motion è la rubrica di OnRugby che ogni settimana racconta la meta più bella del weekend, nei minimi particolari, corredata dal video. Il fanatico ovale la segue così: prima se la guarda tutta, e poi torna indietro a leggere paragrafo per paragrafo, alternando il tasto play a quello pausa. Questa settimana vi accompagniamo verso i quarti di finale con un’edizione speciale di Slow Motion, in cui parliamo delle tre mete più belle della fase a gironi della Rugby World Cup: ieri abbiamo presentato il gradino più basso del podio, qui c’è la medaglia d’argento, venerdì uscirà il pezzo sulla miglior meta della fase a gironi. Qui invece trovate tutte le altre puntate. Buon divertimento.
Certe partite della Rugby World Cup, parliamoci chiaro, sono quasi già decise ancor prima di scendere in campo. Troppo il divario tra le squadre migliori del mondo e quelle che per qualificarsi sono dovute passare attraverso l’intricatissimo processo di partecipazione.
Eppure la Namibia, una delle squadre più in basso nel ranking mondiale tra le partecipanti al torneo, si stava dimostrando osso duro da digerire per la corazzata All Blacks, che pur senza rischiare impensabili tracolli, faticava a prendere il largo in quella che poi avremmo scoperto essere la loro ultima partita del girone.
Dopo un primo tempo zoppicante e svogliato dei suoi, Steve Hansen aveva investito i giocatori neozelandesi con tutta la propria furia negli spogliatoi, producendo nella ripresa un parziale che chiudeva la partita con il risultato da tutti atteso.
Nel finale di partita, sotto di un uomo per un cartellino giallo, gli All Blacks si sono permessi anche il lusso di prodursi in una meta memorabile, partendo dai propri 22 metri e chiudendo alla bandierina in 3 fasi.
Dopo la ricezione di un calcio d’inizio dentro la propria zona rossa, gli All Blacks cercano un punto d’incontro in mezzo al campo. Da lì la palla si muove sui trequarti, dove TJ Perenara sta occupando l’insolita posizione di centro. Con un pregevole gioco di piedi, il giocatore kiwi si affranca dal proprio diretto avversario, batte la copertura interna di un altro e si invola in campo aperto.
Viene placcato all’altezza della linea di metà campo, ma riesce con un altro gesto tecnico dall’altissimo coefficiente di difficoltà a servire al suo esterno l’ala Bridge, passandogli il pallone mentre sta cadendo. Il destinatario dell’ovale non fa altro, quindi, che pensare a resistere al ritorno del placcatore namibiano e non farsi spingere fuori dal campo.
Rieko Ioane, intanto, legge bene la situazione e capisce che per non far rientrare la stremata difesa avversaria deve continuare ad avanzare il prima possibile. Raccoglie allora il pallone ed attacca sulla verticale del punto d’incontro. Placcato, serve Brad Weber, che ha già al suo fianco Perenara, di nuovo in piedi. I due attaccano dentro il corridoio verticale dei 5 metri.
E’ il turno di Weber di estrarre il coniglio dal cilindro: no look pass dietro la schiena per fissare l’ultimo difensore avversario e servire Perenara sull’out di sinistra. Infine, l’impossibile finale, con l’All Black che riesce a schiacciare l’ovale nell’angolo nonostante il duro placcaggio avversario che lo sta portando fuori.
Potete stropicciarvi gli occhi: rimane reale (e lo dimostrano le immagini).
La Top 3 delle mete nella fase a gironi della Rugby World Cup 2019
1.
2. TJ Perenara – Nuova Zelanda v Namibia (71-9)
3. Frank Lomani – Fiji v Georgia (45-10)
Lorenzo Calamai
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