La prima semifinale sembra una finale anticipata per la potenza di fuoco delle due squadre. Un match stellare, con calcio d’inizio alle ore 10
All Blacks-Inghilterra è una sfida da pesi supermassimi. Pur essendo la semifinale, è senz’altro la partita più importante e simbolica della Rugby World Cup 2019, tra la nazione dove il rugby è nato contro la nazione che lo gioca come nessun’altra, tra le due squadre più ricche dal punto di vista tecnico-tattico e banalmente tra le prime due del ranking mondiale.
Di questa sfida si parla da un intero quadriennio, in un certo senso. Dopo lo scintillante inizio della gestione Eddie Jones, con le due vittorie consecutive nel Sei Nazioni e lo 0-3 inflitto all’Australia nel giugno 2017, tanti commentatori e analisti indicavano come unica finale possibile quella tra neozelandesi e inglesi, con la sfida del novembre 2018 ideale spartiacque per testarsi a vicenda.
L’attesa si era però un po’ sgonfiata a causa della crisi di rigetto dell’Inghilterra per buona parte del 2018, anche se gli uomini di Jones erano tornati a gonfiare il petto proprio in occasione degli ultimi Test Match autunnali, quando erano andati a un passo dal battere degli All Blacks un po’ in affanno. Quella prestazione ha contribuito a far aumentare di nuovo e in modo costante l’hype attorno al duello tra inglesi e neozelandesi, fino a farlo esplodere del tutto una settimana fa con l’annientamento definitivo di Australia e Irlanda nei quarti di finale.
Che partita aspettarsi?
Entrambe le squadre hanno i propri principi di gioco, ben definiti e modellati dallo staff tecnico sulle caratteristiche dei giocatori a disposizione. I punti deboli sono pochi e complicati da far risaltare, perché parliamo comunque dell’élite mondiale. Come esporli, dunque? Cercando di dominare psicologicamente – più che fisicamente – l’avversario magari, in modo da costringerlo all’errore e a togliergli certezze.
Come proveranno a farlo le truppe di Steve Hansen e Eddie Jones? Dalla risposta a questa domanda probabilmente si capirà qualcosa di più sull’andamento della partita e sulla strategia generale delle due squadre per controllare possesso, territorio e fasi statiche.
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Agli All Blacks in genere non interessa avere il totale predominio dell’ovale, perché Steve Hansen sa di avere una difesa a tratti imperforabile e una gestione dei palloni da turnover unica al mondo, come già dimostrato contro Sudafrica e Irlanda finora. Proprio nella sfida dei quarti di finale, i neozelandesi hanno mantenuto ‘solo’ il 50% di possesso palla ed è comunque bastato per segnare sette mete e 46 punti ai Verdi, per fare un esempio.
Quando non ci sono strutture da seguire, giocatori brillanti nelle letture individuali come Mo’unga, Lienert-Brown, Goodhue e Barrett e autentiche frecce come Reece e Bridge possono esaltarsi e mostrare tutte le proprie qualità nel gioco rotto. Beauden Barrett, in particolare, non ha perso centralità con il suo spostamento a estremo, ma anzi se possibile può essere un’arma ancor più letale: non a caso contro l’Irlanda ha corso palla in mano 20 volte, un record per gli All Blacks alla Rugby World Cup.
Il sistema difensivo dell’Inghilterra è altrettanto efficiente da permettere alla squadra di Eddie Jones di lasciare in parte il possesso per lunghi tratti all’avversario, come successo proprio contro l’Australia una settimana fa. Contro una squadra come i Wallabies, che aveva dei limiti piuttosto chiari in attacco, la strategia si è rivelata ideale per bloccare gli avversari (anche se con un po’ di affanno quando il ritmo si è alzato, come riconosciuto dagli stessi inglesi) e poi stanarli in fase offensiva per manifesta superiorità fisica, tecnica e tattica.
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Gli All Blacks sono diversi gradini sopra i Wallabies per competenze tecnico-tattiche, ma soprattutto hanno dimostrato di essere in una forma fisica davvero smagliante con il proprio reparto di avanti. Gli inglesi non potranno prescindere dalla vittoria nella battaglia con i primi otto uomini, sia in giro per il campo sia in rimessa laterale, dove Hansen ha appostato Scott Barrett con il ruolo specifico di distruggere la touche inglese.
Per cercare di sviluppare la sua fase offensiva, fatta di tanti attacchi ‘piatti’ e portati a ridosso della linea, Jones ha deciso di inserire Ford al fianco di Farrell, aumentando la batteria di giocatori capaci di risucchiare più difensori possibili attorno a se stessi prima di scaricare il pallone. Fermare i tanti ball carrier inglesi sarà forse la sfida principale per i neozelandesi, considerando che i fratelli Vunipola, George, Sinckler, Itoje, Lawes, Curry e Tuilagi non sono solo potenti sfondatori (chi più, chi meno) dotati di ottime mani, ma anche giocatori che possono rappresentare una minaccia senza palla con le loro linee di corsa.
Chi può fare la differenza?
Per l’Inghilterra, Scott Barrett rappresentò una sorta di incubo nell’ultima sfida giocata a novembre, visto che il seconda linea dei Crusaders fu capace di rubare tre rimesse laterali avversarie solo nel secondo tempo. Steve Hansen lo ha spedito in campo al posto di Sam Cane presumibilmente per questo motivo, ma anche per cercare di aggiungere chili e fisicità al pack neozelandese.
Dall’altra parte, l’assenza di Cane potrebbe equilibrare in un certo senso la battaglia sui punti d’incontro e favorire Tom Curry, Sam Underhill e Maro Itoje, i tre uomini da tenere d’occhio per gli All Blacks nella lotta del gioco a terra e coloro i quali proveranno a non far prendere velocità ad Aaron Smith. Il mediano di mischia neozelandese è stato straordinario contro l’Irlanda per velocità di pensiero ed esecuzione, e sembra pronto a punire anche le minime distrazioni degli avversari attorno al raggruppamento.
Della trequarti inglese, invece, la Nuova Zelanda deve temere l’istinto e la fisicità di Jonny May e Manu Tuilagi. L’ala del Leicester è sempre meno celebrata rispetto ad alcuni suoi compagni di squadra, ma è un finisher letale e un giocatore dotato di una velocità strabiliante in allungo: per Sevu Reece si tratta della sfida più complicata della sua vita, insomma. Tuilagi, nel sistema inglese, può creare apprensione a tutta la cerniera 10-12-13 neozelandese in base agli angoli di corsa che sceglierà e ai movimenti di Ford e Farrell per liberargli spazio.
L’asse Mo’unga-Reece-Bridge e il piede del mediano d’apertura saranno altri due elementi chiave per gli All Blacks, che rispetto agli inglesi hanno forse meno ball carrier su cui fare affidamento nel pack: Retallick e Read sono quelli principali e la loro capacità di aprire spazi combinando nello stretto sarà fondamentale nella partita.
Dove vedere la partita
A Yokohama All Blacks-Inghilterra inizierà alle ore 10 di sabato 26 e sarà trasmessa in diretta tv su Rai 2 e in diretta streaming su Rai Play.
Le formazioni
Inghilterra: 15 Elliot Daly, 14 Anthony Watson, 13 Manu Tuilagi, 12 Owen Farrell (c), 11 Jonny May, 10 George Ford, 9 Ben Youngs, 8 Billy Vunipola, 7 Sam Underhill, 6 Tom Curry, 5 Courtney Lawes, 4 Maro Itoje, 3 Kyle Sinckler, 2 Jamie George, 1 Mako Vunipola
A disposizione: 16 Luke Cowan-Dickie, 17 Joe Marler, 18 Dan Cole, 19 George Kruis, 20 Mark Wilson, 21 Willi Heinz, 22 Henry Slade, 23 Jonathan Joseph
Nuova Zelanda: 15 Beauden Barrett, 14 Sevu Reece, 13 Jack Goodhue, 12 Anton Lienert-Brown, 11 George Bridge, 10 Richie Mo’unga, 9 Aaron Smith, 8 Kieran Read (c), 7 Ardie Savea, 6 Scott Barrett, 5 Sam Whitelock, 4 Brodie Retallick, 3 Nepo Laulala, 2 Cody Taylor, 1 Joe Moody
A disposizione: 16 Dane Coles, 17 Ofa Tu’ungafasi, 18 Angus Ta’avao, 19 Patrick Tuipulotu, 20 Sam Cane, 21 TJ Perenara, 22 Sonny Bill Williams, 23 Jordie Barrett
Daniele Pansardi
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