I 90 abbaglianti secondi che sono serviti all’Inghilterra per prendere la testa della semifinale, raccontati nel dettaglio
Slow Motion è la rubrica di OnRugby che ogni settimana racconta la meta più bella del weekend, nei minimi particolari, corredata dal video. Il fanatico ovale la segue così: prima se la guarda tutta, e poi torna indietro a leggere paragrafo per paragrafo, alternando il tasto play a quello pausa.
Oggi chiudiamo l’edizione speciale di Slow Motion, raccontando la meta più bella della fase finale della Rugby World Cup, dopo aver celebrato le migliori 3 della fase a gironi. Qui invece trovate tutte le altre puntate.
Dopo un minuto e mezzo dal calcio d’inizio della semifinale mondiale fra Inghilterra e All Blacks, la mandibola di molti spettatori ha rischiato la slogatura. Con un’inizio audace e feroce, come nella miglior tradizione di questa nazionale in bianco di Eddie Jones, quelli che sarebbero poi stati i finalisti di questa Rugby World Cup hanno preso d’assalto gli All Blacks così come avevano fatto a Twickenham, nel novembre del 2018.
Lo hanno fatto con un multifase perfetto, entusiasmante, scintillante nell’incredibile pulizia tecnica e nella corrispondenza fra idea ed esecuzione.
Tutto inizia da una rimessa laterale a metà campo: Courtney Lawes svetta sul primo blocco senza nessuna contesa, il pallone viaggia veloce in mezzo al campo per George Ford e quindi per Manu Tuilagi, ben messo a terra da Anton Lienert-Brown.
L’azione prosegue seguendo un canovaccio chiaramente preimpostato: Tom Curry, Mako Vunipola e Maro Itoje accorrono nel senso di gioco dal fondo della rimessa laterale, con gli ultimi due che garantiscono un pallone veloce con una pulizia di qualità del punto d’incontro. La difesa All Blacks è comunque presente, ma qui commette quello che è forse l’unico vero errore della sequenza: Richie Mo’unga sbaglia l’intervento difensivo su Elliot Daly e permette all’estremo di andare oltre. L’ex Wasps è bravo a cedere il pallone a Anthony Watson proprio mentre George Bridge rinviene su di lui.
Watson lanciato in velocità, si sa, fa danni. E infatti il giocatore di Bath entra nei 22 degli avversari, che hanno qualche problema a fermarne la corsa. E’ qui che l’Inghilterra mette in mostra uno spartito eccezionale: la difesa All Blacks è rientrata velocissima, con grande abnegazione, ma si è addensata tutta in mezzo al campo. Qualcosa che l’orchestra diretta dai maestri Ford e Farrell sembra già aspettarsi: l’occupazione della larghezza del campo è ottima, la palla corre veloce fra i due playmaker e arriva larga di nuovo a Daly, che senza speculare troppo sulla situazione salta due compagni per arrivare largo da Jamie George, che ormai da tre fasi sta occupando il corridoio sulla linea laterale.
Il numero 2 avanza ancora, gli All Blacks non riescono a rallentare minimamente il pallone, che già vola da Youngs a Lawes. La difesa in nero è ancora una volta stata brava e rientrare e a stringersi per essere forte vicino al punto d’incontro, ma qui l’abilità manuale degli avanti inglesi raggiunge vette elevatissime, prima con il pop pass per Sinckler, quindi con il passaggio di quest’ultimo sull’asse per Ford che dà definitivo abbrivio all’azione. E’ il passaggio cruciale che fa cedere il precario equilibrio della difesa neozelandese: Mako Vunipola viene fermato nei 5 metri, Lawes arriva ancora più vicino alla linea di meta, e infine a Manu Tuilagi, l’uomo che aveva iniziato l’azione, non rimane altro che abbassare il capoccione e sfondare oltre la linea di meta. L’Inghilterra non si volterà più indietro negli 80 minuti seguenti.
Questa segnatura evidenzia l’eccezionale preparazione tattica dell’Inghilterra a questa partita, attesa evidentemente per lungo tempo e che palesa una conoscenza dell’avversario magistrale. Fonde le caratteristiche proprie dell’Inghilterra di Jones, come aggressività fisica, grande ritmo, pulizia magistrale del punto d’incontro per avere palloni veloci e la volontà di iniziare la partita alla grande, con alcuni brani dei Lions di Warren Gatland, che proprio muovendo il pallone da una parte all’altra del campo con Owen Farrell schierato a numero 12 avevano fatto ballare gli All Blacks nel 2017.
Lorenzo Calamai
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