Aspetti positivi e negativi della prestazione dei ducali contro Glasgow, analizzata attraverso i numeri
Nuova puntata della rubrica dal titolo “80° minuto” curata da Flavio “Fuser” Fogliani, Cristiano Gobbi, Luca Mammoli e Nicola Riccetti di Italrugbystats, una pagina che parla del rugby italiano attraverso numeri e statistiche.
“80° minuto” è pensata come un approfondimento che utilizza i valori matematici espressi in campo per interpretare la storia della partita attraverso i numeri che la caratterizzano.
Dopo una incoraggiante prestazione contro Leinster, che a Parma ha faticato per vincere riuscendoci soltanto con il minimo sindacale, le Zebre erano attese ad una riconferma dell’inversione di tendenza delle prime tre giornate, in cui i risultati erano stati sempre rotondi e sfavorevoli.
Per la franchigia ducale invece contro i Glasgow Warriors non c’è stata storia: gli scozzesi hanno condannato i multicolor alla ventesima sconfitta consecutiva nel Pro14, dove le Zebre non vincono ormai dal 26 ottobre 2018, contro Edimburgo.
Che Zebre abbiamo visto?
Nonostante la potenziale iniezione di fiducia della settimana scorsa, le Zebre non sono sembrate mai in controllo della gara. Neanche Glasgow ha dato l’impressione di un approccio tattico particolarmente fluido e la partita è risultato particolarmente frammentata. Gli ospiti si sono limitati a fare cose estremamente semplici, indirizzando la partita dalla loro parte quasi per inerzia. Le Zebre dal canto loro sono finite per soccombere al leitmotiv della gara: più Glasgow è stato efficace nelle cose semplici, più i ducali si sono complicati la vita nella costruzione offensiva, finendo con 15 errori di handling contro i soli 3 avversari.
Dove sono andate male: l’attacco
Dopo l’exploit di due stagioni fa, le Zebre hanno faticato a ritrovare il gioco che le aveva rese una piacevole sorpresa del Pro14. Nemmeno sabato si è visto il classico gioco largo e rapido per mettere i giocatori in grado di battere l’avversario nell’uno contro uno. Quando infatti si cercava di definire il gioco spumeggiante delle prime Zebre targate Bradley, si ricorreva a due passaggi chiave: la ricerca costante della larghezza del campo e l’abilità nell’uno contro uno, ma la qualità del gioco non è più la stessa. Contro i Warriors è stata segnata solo una meta, con due clean break (Bellini e Lucchin) e un’efficacia totale a contatto inferiore al 40%, molto lontana da quella degli avversari.
Tra i singoli, chi sta avendo un rendimento costante è proprio Mattia Bellini. L’ala di Padova è stato nuovamente tra i migliori attaccanti in campo con 13 corse che valgono 152 metri corsi (il 27% del totale delle Zebre), guadagnando la linea del vantaggio nell’86% degli attacchi, battendo 8 difensori e registrando 1 clean break. Un altro che sta reggendo bene il confronto con la categoria superiore, nonostante l’impiego in varie posizioni in giro per il campo, è Michelangelo Biondelli.
Piccola menzione speciale anche per Pierre Bruno, alla prima marcatura in Pro14. Pur ritagliandosi un piccolo spazio, l’ex Calvisano lo ha sfruttato a dovere, non soltanto per la meta, ma per la solida prestazione offensiva che lo porta a guadagnare sempre la linea del vantaggio su ognuno dei 5 attacchi fatti, con una media di +2.6 metri guadagnati per corsa.
Com’è andata la fase difensiva
Il confronto fisico tra le due squadre diventa più esplicativo della partita quando si osserva il livello di efficacia a contatto dei Warriors, pari al 60% e quindi praticamente il doppio delle Zebre. Questa caratteristica si è rivelata fondamentale per Glasgow durante l’arco della partita: ogni qualvolta, infatti, lo sviluppo della manovra diventava farraginoso, gli scozzesi si aggrappavano ad un multifase avanzante sicuro, che le Zebre hanno faticato ad arginare.
I ducali si sono appoggiati invece ai loro leader silenziosi come David Sisi e Andrea Lovotti, 22 placcaggi il primo e 24 il secondo, entrambi con il 96% di efficacia, e i nuovi arrivati Ian Nagle e Luca Bigi, 23 placcaggi il primo e 25 il secondo entrambi con il 100%. Le due prime linee azzurre erano tra i giocatori più attesi della stagione delle zebre, anche se per motivi differenti: mentre Bigi si può considerare come uno degli acquisti più importanti a fare la strada da Treviso verso Parma, Lovotti era chiamato a dimostrare di aver superato l’episodio del cartellino rosso contro il Sudafrica.
Il pilone ha chiuso la sua frazione di gioco con un buon EPM (Events per Minute) da 0.82 e un eEPM da 0.76, mentre il tallonatore fa registrare un EPM leggermente inferiore, ma uguale all’eEPM (.76), risultando pertanto efficacie in ogni azione fatta in partita.
Tra le note positive dalle quali, inoltre, ripartire c’è l’efficacia nel breakdown: le zebre infatti riescono a mantenere il 99% dei possessi, rubandone 2 agli avversari, costantemente sottoposti ad elevata pressione dai ducali. Tra i singoli è spiccato ancora Ian Nagle, sia per numeri grezzi, con 25 partecipazioni a ruck offensive e 9 difensive (una ogni 0.42 minuti), sia per prontezza dell’intervento (19 interventi immediati) sia per qualità (9 pulizie sull’uomo). La ciliegina sulla torta di una prestazione da .82 di EPM e da 0.75 di eEPM.
Ancora di più se possibile, è risaltata anche la prestazione di Leonard Krumov, che uscito dalla panchina e con 41 minuti di gioco ha fatto registrare 23 ruck offensive (una ogni 0.56 minuti), 17 interventi immediati e 8 pulizie sull’uomo. Una prestazione da 0.97 di EPM e da 0.85 eEPM. Niente male per un giovane che in estate ha visto crescere esponenzialmente la concorrenza per una maglia da titolare.
Le fasi statiche
Rispetto allo scorso anno, quando le Zebre avevano sofferto ripetutamente nell’ancorare il gioco alle fasi statiche, i bianconeri sono oggettivamente un po’ migliorati. In rimessa laterale, infatti, gli uomini di Bradley sono riusciti a vincere tutti i propri lanci, anche se in mischia ordinata sono stati due i falli fischiati contro i ducali. Questo dato, per quanto non gravissimo di per sé, va visto anche in relazione all’età media della prima linea in campo. Se il primo fallo, infatti, è fischiato contro Zilocchi, il secondo è commendato alla prima linea per intero, che in quel momento era formata dallo stesso Zilocchi, da Manfredi e Fischietti, per un’età media di poco meno di 22 anni.
Per di più i due giovani piloni, che rappresentano in pieno una nuova generazione di giocatori, per quanto non ancora irreprensibili in mischia chiusa sono molto abili in campo aperto, come dimostrato dai due turnover forzati nel breakdown (uno ciascuno), che di fatto hanno portato in equilibrio il conto dei possessi persi.
L’importanza di Meyer
Nel rugby, dove la ricerca del sovrannumero e del gap difensivo è centrale, un cartellino rosso può cambiare inevitabilmente il piano tattico di ogni partita, costringendo la squadra in inferiorità numerica a un maggiore dispendio di energie. A maggior ragione se a lasciare il campo è stato un elemento di spicco della squadra e della sua architettura tattica, come Johan Meyer. Da alcune stagioni ormai il flanker è tra i migliori ducali per rendimento: pur avendo giocato soltanto 55 minuti mette insieme 6 cariche tutte avanzanti, per un totale di 29 metri guadagnati (miglior avanti), 18 placcaggi con il 95% di efficacia, 17 ruck totali, per un EPM di 0.78 e un eEPM di 0.74
Per quanto il cartellino possa aver impattato sul risultato, però, la prestazione inevitabilmente non può essere considerata sufficiente, anche perché le Zebre non sembrano riuscire a sfruttare nessuna delle occasioni che capitano nel corso del match. Reintegrando gradualmente i nazionali e ancorandosi a principi di gioco semplici, le Zebre potrebbero tornare a essere più efficaci in campo, oltre che a svolgere un ruolo centrale nello sviluppo di alcuni giovani prospetti molto interessanti. Ma tornare a vincere è allo stesso tempo una condizione imprescindibile.
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