Il rugby alle sue radici: Andrea Masi ripercorre il Mondiale

Nuovo appuntamento con la rubrica dell’ex azzurro, che ci offre il suo punto di vista sulla Rugby World Cup conclusa da poco

Faf de klerk Rugby world cup 2019

ph. REUTERS/Issei Kato

Da questa Rugby World Cup 2019 ci portiamo dietro un Sudafrica che ha impressionato per fisicità e solidità nelle fasi statiche: mischia, touche sono state estremamente competitive. Gli Springboks sono stati davvero cinici, giocando benissimo sui propri punti di forza, come il gioco il piede e la capacità di portare pressione soffocando gli avversari. Ho apprezzato il fatto che, nonostante fosse una squadra tecnica con qualità che gli avrebbero permesso di giocare un gioco espansivo simile a quello di Inghilterra e Nuova Zelanda, è rimasta ancorata a una precisa identità di squadra e non si è voluta snaturalizzare.

Hanno una struttura difensiva che favorisce la copertura del campo, piuttosto che la velocità di salita, al contrario dell’Inghilterra che cerca di togliere qualsiasi tipo di opzione sprintando veloce fuori dalla linea. Il giocatore che più mi ha impressionato di più è stato sicuramente Faf de Klerk. È uno di quelli che qui chiamano energizers, un vero trascinatore. Sa guidare la squadra in modo incredibile, ha un ottimo gioco al piede ed è molto competitivo. 

L’Inghilterra, invece, in finale non è riuscita a sfruttare l’ampiezza in fase offensiva come aveva fatto per esempio contro gli All Blacks. Il motivo è stato soprattutto la mancata fisicità in mezzo al campo, con i portatori di palla che non sono riusciti ad andare oltre la linea del vantaggio. Contro gli All Blacks, ogni volta c’era avanzamento e producevano ruck veloci. Invece il Sudafrica è stato incredibilmente fisico sul placcaggio ed è riuscito sempre a rallentare il pallone: questo ha fatto sì che gli Springboks avessero più tempo per riorganizzarsi in difesa.

Non credo che gli inglesi potessero fare qualcosa di molto diverso. A mio avviso la partita contro la Nuova Zelanda è stata la più bella di sempre, all’interno della quale l’Inghilterra è riuscita a giocare la partita perfetta in termini tecnico/tattici. Fisicamente hanno giocato al di sopra del proprio potenziale, spendendo moltissime energie emotive. Nella carriera di un professionista, forse succede 4 o 5 volte di giocare delle partite al di sopra delle proprie capacità. Prestazioni eccezionali come quella dell’Inghilterra richiedono un dispendio energetico emotivo incredibile. Ripetere una prestazione simile nella settimana successiva sarebbe stato praticamente impossibile. Dopo partite del genere c’è un forte senso di appagamento, ma allo stesso tempo si è completamente esausti emotivamente e fisicamente. Dopo aver visto quella partita, sapevo che la finale sarebbe stata molto difficile per l’Inghilterra.

Nel complesso, la squadra di Eddie Jones è stata fenomenale in questo Mondiale per qualità di gioco espressa e per come ha preparato la Coppa. L’età media della squadra è piuttosto bassa: solo tre o quattro giocatori non giocheranno la prossima Rugby World Cup, ma il resto del gruppo è davvero molto giovane e sicuramente potrà arrivare al prossimo Mondiale con un bagaglio di grande esperienza. Hanno perso in finale, ma si può recriminare poco a questa squadra.

Non credo poi si tratti di una squadra che faccia fatica ad adattarsi a contesti diversi nel corso della partita. Loro basano molto gli allenamenti sui differenti scenari che possono capitare in un match, per cui avevano diversi piani di gioco. Ho letto inoltre molte critiche su Dan Cole e sulla sua prestazione in mischia chiusa: Cole è il miglior pilone in mischia dell’Inghilterra, per cui Sinckler avrebbe sofferto ugualmente se fosse rimasto in campo. E Cole ha dovuto giocare l’intera partita, e per un pilone destro è praticamente impossibile mantenere il proprio standard per più di 50-60 minuti. Col senno di poi, l’unica opzione che Eddie Jones avrebbe potuto adottare per vincere contro quel Sudafrica era quella delle mischie no contest, ma sarebbe stato un fallimento per l’immagine del rugby e sono felice che non l’abbia fatto. 

Nella costruzione di questa Inghilterra, inoltre, non dobbiamo dimenticare i meriti di Stuart Lancaster, nonostante l’eliminazione dalla fase a gironi nel Mondiale di casa. Ha fatto esordire dei giocatori molto giovani come Farrell, Ford o Watson, per esempio. Hanno accumulato delle esperienze fondamentali per il successo e la costruzione della squadra. Hanno vissuto il fallimento del 2015, ma hanno anche imparato moltissimo.

C’è anche un altro dato da sottolineare: 22 giocatori su 31 di questa Inghilterra provenivano dalle nazionali Under 20. Molti di loro stanno insieme da tanto tempo e alcuni di loro hanno giocato anche una finale mondiale con la nazionale juniores. Anche per questo sono sicuro che la prossima Rugby World Cup sarà ancora migliore per l’Inghilterra, in termini di gioco e di gestione della pressione. Nel frattempo, ci sono tanti altri buoni giocatori che stanno crescendo. Il lavoro che si fa nelle Accademie e nelle nazionali giovanili è incredibile e fa sì che questa nazionale sia così competitiva.

Sorprese e delusioni

Per quanto riguarda tecnica individuale e movimento della palla, per me il Giappone è forse stata la squadra migliore del torneo, ma gli è mancata la fisicità di altre squadre. E se soffri in mischia e sui punti d’incontro diventa difficile avere successo contro certe nazionali.

A proposito del Giappone: mi ha impressionato soprattutto la velocità nella circolazione del pallone, ma anche il fitness e il work rate di tutti i giocatori. Mi piace il fatto che muovono molto il pallone attraverso tanti passaggi corti o calci-passaggi, e c’è sempre la volontà di sfidare l’avversario sull’uno contro uno e mantenere vivo il pallone con offload. Per qualità tecniche è stata secondo me la miglior squadra del Mondiale. 

Chi mi ha deluso di più è stata sicuramente l’Irlanda. Un anno fa era imbattibile, ma ancora una volta è arrivata al Mondiale in pessime condizioni. L’Irlanda si prepara molto bene per il Sei Nazioni, perché tutte le franchigie hanno l’obiettivo di preparare al meglio i giocatori della nazionale. Fanno molti mini-raduni durante l’anno e stanno tanto tempo insieme, a differenza magari di altre squadre. Nella preparazione di un Mondiale, però, tutte le squadre possono stare insieme per tanto tempo e l’Irlanda forse perde questo vantaggio rispetto le altre. Non so se sia un caso o meno, non so quale possa essere la causa principale però le prestazioni sono state al di sotto dei loro standard.

Fino all’anno scorso l’Irlanda sapeva giocare al meglio sui propri punti di forza. Portava avanti il pallone, calciava benissimo per portare pressione, riusciva a vincere nel gioco aereo… E tutto questo è mancato al Mondiale.

Arbitraggi

Volevo anche spendere qualche parola anche sugli arbitri. Ho notato grande disparità tra gli arbitri francesi e tutti gli altri. Quando c’è un direttore di gara francese, ci sono molte più difficoltà nel breakdown perché non c’è quasi nessun tipo di comunicazione, rendendo il lavoro del giocatore molto più difficile soprattutto quando si è sotto pressione. 

Uno come Wayne Barnes comunica durante tutto il match, chiama per nome i giocatori e rende il match molto più facile e scorrevole.

Com’è andata l’Italia

Credo che nessuno possa essere davvero contento di come sia andato il Mondiale, perché tutti si aspettavano qualcosa di più. Si può dire che si sono costruite delle fondamenta interessanti, perché ci sono giocatori giovani di qualità in questa nazionale. Ora bisogna fare il passo successivo: organizzare un gioco migliore e cominciare a fare qualche risultato importante, perché all’esterno di questa nazionale c’è tanta negatività che sta penetrando anche all’interno. Se non arrivano risultati, è difficile che si possa invertire davvero la tendenza.

Tra i giocatori più migliorati rispetto all’anno scorso c’è stato sicuramente Braam Steyn, mi ha davvero stupito. Ha giocato molto bene e mi ha impressionato per mole di lavoro e consistenza.

In conclusione

Il rugby evolve costantemente, i giocatori sono sempre più tecnici e veloci, il gioco è sempre più analitico e studiato nei minimi dettagli, ma ancora una volta abbiamo avuto la testimonianza che il successo non può prescindere dai fondamentali: setpiece, gioco al piede, fisicità.

 

Andrea Masi

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