Come l’ex tecnico inglese sta lavorando con i giovani leader della provincia irlandese per migliorare il loro approccio
Stuart Lancaster è una figura particolare nel mondo del rugby. Non solo perché l’ex head coach dell’Inghilterra è riuscito ad evitare la damnatio memoriae e a ricostruirsi una carriera di successo a Dublino dopo il fallimento della Rugby World Cup 2015, ma anche per la sua attenzione a tutta una serie di questioni non prettamente tecniche.
Il tecnico del Leinster, in particolare, si dedica anche lontano dal proprio posto di lavoro a studiare, comprendere e applicare i meccanismi di creazione di una cultura di squadra positiva e di coltivare una leadership di successo.
Lancaster, che in tal proposito tiene anche un podcast, Leader’s Questions, ospitato dalla piattaforma irlandese di news sportive Off the Ball, ha rilasciato una interessante intervista a The 42, parlando del suo lavoro in termini di cultura e leadership al Leinster, in particolare con i giocatori della nuova generazione come James Ryan e Garry Ringrose.
“Se ci fate caso, sono molto cresciuti durante le riunioni della squadra e nel modo in cui si pongono, come fanno le migliori squadre” ha detto Lancaster.
“Quello che ho trovato da quando sono qui [a Dublino] è che tanti giocatori sono silenziosi, orientati al dettaglio – ha raccontato l’inglese – Sono molto rispettosi degli allenatori e di quello che dicono, che è grandioso ma al tempo stesso c’è bisogno che siano dei leader in campo.”
Un qualcosa che appartiene naturalmente a un giocatore come Johnny Sexton e a tutta la generazione di veterani che militano nel Leinster, ma anche per l’Irlanda (Rory Best, Peter O’Mahony, Conor Murray). Meno propria, l’assunzione delle responsabilità di leadership, da parte degli atleti più giovani.
“A volte dobbiamo spingere le persone che sono tradizionalmente silenziose e riservate a farsi sentire maggiormente nelle riunioni, nelle sessioni di allenamento, nelle partite, perché alla fine sono loro che guidano la performance in campo.”
“Il modo per affrontare la questione, secondo me, è prima di tutto accrescere la loro comprensione della propria personalità. Far loro comprendere che non c’è un giusto o uno sbagliato e quindi fargli capire come cambiare approccio durante quei momenti chiave. E, soprattutto, quando fanno quel passo di dar voce alle proprie opinioni fai capire che le apprezzi e non le sminuisci.”
Lo stesso Lancaster si definisce un carattere introverso, simile a quello di alcuni dei suoi giocatori: “Penso che come allenatore devi essere bravo a passare da un approccio caratteriale all’altro. E per i giocatori è lo stesso.”
“Si impara a cambiare atteggiamento parlando durante le riunioni e costruendo fiducia in sé stessi, e questo è quello che stiamo cercando di fare con i giocatori. Solo che cerchiamo di farlo quando sono più giovani. Io l’ho imparato a 28, 29 anni. Stiamo provando a far loro fare questo scarto a 22, 23.”
Dal punto di vista culturale Lancaster tocca un punto di grande rilevanza per tutto il sistema del rugby irlandese, e che ha a che fare anche con le critiche ricevute dall’Irlanda di Joe Schmidt in rapporto a quanto avviene al Leinster.
Tutto incomincia dalle scuole, crogiuolo di talenti in erba che rifornisce costantemente le giovanili della franchigia dublinese: “I punti di forza del sistema scolastico di Leinster sono davanti agli occhi di tutti. E’ meraviglioso quello che crea in termini di competizione, di bacino di talenti, ma credo che non ci sia dubbio sul fatto che una parte del pensiero indipendente e della leadership di un giocatore si sviluppano facendo le cose a modo proprio, non con degli allenatori che ti imboccano tutto il tempo.”
“Non sto dicendo che sia quello che succede. Ho fatto tre sessioni con i tecnici degli istituti scolastici e ho parlato loro dell’importanza di equilibrare il gioco strutturato e quello non strutturato. Questo perché è buono e giusto che un giocatore sia a proprio agio nel sistema scolastico, ma non appena lo lascerà per arrivare alla squadra universitaria o per giocare nel Leinster troverà un sistema differente, per il quale gli servirà essere indipendente e flessibile.”
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