Cosa resta al Benetton della trasferta a Lione?

È stata una delle rare volte in cui i Leoni sono stati dominati fisicamente. Ma sabato a Monigo qualcosa potrebbe cambiare

Benetton Rugby (ph. Ettore Griffoni)

Il Benetton non restava a zero nel punteggio di una partita dal 14 gennaio 2018. Era un match di Champions Cup anche allora, contro il Tolone e proibitivo come quello di sabato a Lione, che infatti si chiuse con un mesto 36-0 per i francesi. Era un Benetton ancora agli albori della grande crescita che avrebbe avuto da lì a poco, per cui in un certo senso certi risultati contro avversari di un certo calibro si potevano comprendere, soprattutto se parametrate a delle prestazioni comunque interessanti in prospettiva.

I tanti errori commessi contro il Lione al Matmut Stadium sono invece meno perdonabili, se vogliamo, proprio perché arrivano da una squadra teoricamente più matura e allenata per essere protagonista sui maggiori palcoscenici europei. Letture tattiche poco accurate, sostegni in ritardo sui punti d’incontro, scarsa capacità di essere efficaci in attacco, i soliti problemi in rolling maul, turnover vari ed eventuali davvero evitabili: il Lione era senz’altro la squadra più forte in campo, e un risultato utile sembrava fuori dalla portata del Benetton, ma la prestazione degli italiani ha senz’altro facilitato il lavoro alla squadra di Pierre Mignoni, fisica e verticale come ogni squadra francese che si rispetti.

– Guarda anche: gli highlights di Lione-Benetton

Per esempio, il Benetton ha approcciato male e interpretato ancora peggio le situazioni che hanno portato alle due mete lionesi nelle battute iniziali del match: prima salendo in maniera troppo rapida per togliere spazi alle giocate della trequarti avversaria, ma di fatto aprendoli al largo e facendoli esplorare senza troppi problemi al Lione; poi non riposizionandosi al meglio in fase di gioco rotto, esponendosi al contrattacco dei francesi che invece avevano studiato al meglio la situazione.

Alla base delle difficoltà dei primi venti minuti, secondo Marco Bortolami, però c’è stato anche un gioco al piede che ha messo all’angolo i Leoni: “Fin dai primi scambi al piede abbiamo perso terreno, e questo ha dato modo al Lione di avere delle basi di partenza in attacco – ha detto l’assistant coach a On Rugby –  E nel rugby di oggi essere in attacco è tutto quello che conta. Gli errori specifici sono arrivati dopo, ma siamo stati anche messi alle strette da un gioco al piede che non siamo riusciti a gestire nel migliore dei modi”.

Dopo le mete iniziali, il Lione ha tenuto a bada gli avversari soprattutto con un’aggressività micidiale sui punti d’incontro e nelle uscite dai blocchi, spesso al limite del fuorigioco ma comunque decisive per braccare subito i ricevitori del Benetton, messi sempre nel mirino e rispediti indietro con buona costanza. Nel caso del Lione, questo ha significato fare per bene i compiti a casa e impedire all’avversario di giocare sui propri punti di forza, ovvero il multifase con gli avanti che dovrebbe poi generare palloni veloci in serie per il numero 9 e creare vantaggi all’esterno.

Gli italiani di fatto non hanno mai saputo trovare un’alternativa al loro piano A, costringendo la mediana a giocare molto spesso in arretramento, con i risultati che abbiamo visto. “In attacco abbiamo fatto fatica a giocare sul piede avanzante. Anche i gesti tecnici si complicano quando sei retrocedente – ha detto Bortolami – Non siam riusciti a venirne a capo sotto questo punto di vista”.

Ma se la difesa è quantomeno migliorata con il passare dei minuti, tanto da non far segnare il Lione per quaranta minuti di gioco tra il 27′ e il 67′, le difficoltà in fase offensiva sono continuate anche quando sono stati i francesi a regalare ai Leoni diverse opportunità con la loro indisciplina (12 falli e 15 turnover per i rossoneri, alla fine).

Gli stessi problemi riscontrati nella costruzione del gioco, infatti, si sono palesati anche quando il Benetton doveva finalizzare le chance dalla corta distanza: palloni lenti, esecuzioni e spesso scelte concettualmente fallaci (i turnover saranno 16 alla fine, con 14 punizioni di cui diverse per pallone tenuto a terra). “È quello che ci brucia di più, perché segnando due o tre mete avremmo parlato di una partita diversa” – ha detto Bortolami parlando della sterilità offensiva del Benetton.

Il turnover 

Dopo la bruciante sconfitta interna contro i Blues, lo staff tecnico ha deciso di operare un’ampia rotazione della rosa per affrontare la dura trasferta francese. Non per far riposare alcuni elementi più utilizzati nell’ultimo periodo, come ha detto Bortolami, ma perché “la nostra rosa è molto omogenea” e perché “abbiamo voluto dare opportunità ad altri giocatori di scendere in campo”.

È pur vero che, come ha sottolineato Bortolami, le prestazioni di Cannone, Pettinelli e Sarto sono state positive, ma la sensazione è che, nonostante la riconosciuta profondità della rosa, contro avversari di così alto livello solo una squadra con tutti i giocatori più forti e incisivi nel piano di gioco di Crowley possa fare davvero la differenza: le presenze di elementi come Riccioni, Faiva, Herbst, Steyn, Negri, Halafihi, Manu, Duvenage, Allan, Keatley, Brex, Tavuyara, Ioane e Hayward permettono ai Leoni di fare quello scatto in avanti decisivo per giocarsi le partite. È un dato di fatto.

Alcuni di loro possono essere sostituiti senza patemi, ma nel Pro14. Per giocare ad armi pari in Champions Cup, tuttavia, il Benetton potrebbe aver imparato sulla propria pelle che ricorrere a un ampio turnover non è una strada percorribile. Allo stesso tempo, per far rifiatare dei giocatori e/o dare spazio a tutta la rosa, a volte diventa inevitabile. Dopo averne risparmiati molti dei citati in Francia, a questo punto, sabato prossimo a Monigo è lecito attendersi di nuovo la maggior parte – se non tutti – di quei nomi in campo dal primo minuto, per tentare l’assalto alla vittoria europea.

Daniele Pansardi

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