La prima mitica meta dell’Italia alla Nuova Zelanda

Sono passati 40 anni da quello storico mercoledì al ‘Mario Battaglini’ di Rovigo, con 14mila spettatori sugli spalti e una grande battaglia in campo

Italia – New Zealand XV a Rovigo nel 1979

Il 28 novembre 1979 è un mercoledì. Nonostante sia un giorno feriale, via Alfieri a Rovigo ribolle di entusiasmo e curiosità. Due anni dopo la trasferta all’Appiani di Padova contro una rappresentativa chiamata ‘XV del Presidente’, gli All Blacks erano tornati in Italia. Questa volta i neozelandesi però sfidavano la vera nazionale azzurra, anche se in un match però non ufficiale: mentre la FIR avrebbe riconosciuto il cap agli italiani, la Federazione neozelandese non avrebbe fatto lo stesso con i suoi giocatori, tant’è che la dicitura di quella squadra è New Zealand XV. Alla gente diretta verso lo stadio, in ogni caso, poco importa: quelli sono gli All Blacks e tanto basta.

Il ‘Mario Battaglini’ si riempie ben prima del calcio d’inizio, mentre molti altri cercano di fare pressione fuori dai cancelli (a quel punto chiusi) per entrare lo stesso nello stadio. Alla fine la folla riesce a sfondare e a occupare ogni centimetro disponibile degli spalti e del perimetro del campo, perché nessuno avrebbe voluto perdersi una partita storica, in cui per la prima volta l’Italia sfida i leggendari All Blacks.

Nella nazionale azzurra, guidata da Pierre Villepreux, i veneti sono dieci: cinque giocano a Treviso (Rino e Nello Francescato, Manrico Marchetto, Louis Basei e Claudio Robazza), due a Rovigo (Stefano Bettarello e Elio D’Anna) e due al Petrarca (Fulvio Lorigiola e Beppe Artuso). In tre giocano nell’Aquila: Massimo Mascioletti, Paolo Mariani e Giancarlo Cucchiella. C’è poi Fabrizio Gaetaniello dal Livorno, Franco Bargelli dal Frascati e il capitano Ambrogio Bona dalla Roma.

Gli All Blacks, che avevano giocato quattro giorni prima a Twickenham contro l’Inghilterra vincendo 9-10, schierano grandi giocatori come l’estremo Allan Hewson, l’ala Stu Wilson, il flanker Graham Mourie (inserito poi nella Hall of Fame) e il numero 8 Murray Mexted. C’è anche qualche cambio rispetto alla sfida del sabato precedente, ma i titolari in campo sono diversi.

Non è una marea nera

Molti di quegli azzurri, due anni prima, avevano fatto un’ottima impressione nel XV del Presidente (in cui erano presenti tre stranieri del campionato) contro gli All Blacks, che all’Appiani avevano vinto solo 9-17. Nel frattempo, sulla panchina italiana era arrivato il 35enne francese Villepreux: con lui la nazionale aveva ottenuto un’importante vittoria contro l’Argentina un anno prima, ma anche una pesante sconfitta per 44-0 in Romania nell’aprile di quel 1979.

Il ‘Battaglini’ è una bolgia fin dal momento in cui le due squadre entrano in campo. Il grido ‘Italia, Italia’ dello stadio rodigino però non impressiona i neozelandesi, che per evitare qualche seccatura di troppo segnano due mete nei primi 12 minuti: in entrambi i casi sono i trequarti in maglia nera a fare la differenza con la loro velocità e brillantezza atletica, unita a un tasso tecnico nel maneggiare l’ovale chiaramente di un livello stellare.

A segno vanno prima Bernie Fraser e poi Murray Mexted, che rifiniscono azioni molto belle e spettacolari, quasi un must per quell’epoca ancora di fisici normali e smilzi e in cui l’offload sembra un gioco da ragazzi. L’Italia si tiene a galla grazie a due piazzati di Bettarello per il 6-12, ma i ragazzi di Villepreux (in maglia bianca) non riescono a produrre granché in fase offensiva, salendo al contempo di colpi in difesa e non facendosi più sorprendere come all’inizio.

Nella seconda parte del primo tempo, l’Italia è di fatto padrona del campo ma non del pallone, perché tra qualche touche sbagliata e altri turnover gli All Blacks riescono sempre a soffrire ben poco. I neozelandesi, però, concedono qualcosa: Bettarello, tra il 30′ e il 36′, può andare dalla piazzola per ben tre volte, ma prima colpisce il palo dalla lunga distanza, poi calibra male un calcio laterale e sempre da lontano arriva corto al terzo tentativo. Hewson, invece, segna tre punti fondamentali non appena ne ha l’occasione e all’intervallo il punteggio è 6-15.

All’inizio della ripresa, dopo un periodo di pressione italiano, sono i neozelandesi a stabilirsi nella metà campo avversaria e a provare ad aumentare il bottino di punti il prima possibile, senza riuscirci né con un piazzato da 50 metri né con un improvvisato drop dell’apertura Eddie Dunn. Poco prima dell’ora di gioco, dopo un’altra rimessa laterale italiana rubata dagli ospiti, arriva però il 6-18: a firmarlo dalla piazzola è Richard Wilson, entrato da poco dalla panchina.

Un pezzo di storia

Per l’Italia, invece, Bettarello continua a mancare i pali: al quarto piazzato sbagliato, il telecronista non può far altro che pensare di arrendersi alla “Moira, al fato degli Dei”. Un segno dello stile dei tempi, anche in queste piccole cose. Attorno al 68′, tuttavia, quel destino fin lì avverso sembra aprire le braccia all’Italia. Per un in avanti ingenuo degli All Blacks, l’Italia può ripartire da una mischia dentro la metà campo neozelandese, sul lato destro.

Il tallonaggio, come da prassi, è fulmineo. Lorigiola introduce e riprende la palla in una frazione di secondo e alza l’ovale per D’Anna, che dal lato chiuso gira attorno alla mischia per ricevere e caricare a testa bassa contro il mediano d’apertura. Placcato, il flanker si gira per riciclare verso Mariani, che prolunga per Rino Francescato che a sua volta allarga subito per Mascioletti.

L’ala raddrizza la parabola dell’azione e corre dritto per dritto in fascia, fino a quando non si accorge di avere tre difensori attorno a lui: a quel punto, l’aquilano si inventa una palombella quasi alla cieca, fidandosi dei propri sostegni. La fiducia di Mascioletti è ben riposta perché di gran carriera sta arrivando Gaetaniello. L’estremo vede di non avere campo libero davanti a sé e, con un movimento unico, riceve, si gira su se stesso e dopo una finta lancia Mariani in verticale.

Il numero 8 è subito placcato, ma nello stesso canale ci sono altri due giocatori italiani che hanno seguito l’azione: Mariani serve in offload quello più esterno, Bargello, che senza pensarci un momento scarica ancora all’interno per Nello Francescato. In un crescendo sontuoso, barocco e complicato, l’Italia segna una meta meravigliosa. La prima, contro gli All Blacks. È 12-18.

Nei minuti successivi, di fatto è solo l’Italia a macinare gioco, mentre Bettarello sbaglia il suo quinto calcio piazzato della giornata. Qualche errore gestuale e delle rimesse laterali poco precise facilitano il lavoro agli All Blacks, che comunque soffrono e non poco. Al 79′ Mascioletti si esibisce in un’altra poderosa corsa all’esterno, seguita da un calcio che viene però annullato in area di meta dagli ospiti. Ci sarebbe anche un episodio da moderno TMO, per una presunta ostruzione sullo stesso Mascioletti: il pubblico e il telecronista invocano la meta tecnica, che l’arbitro Pogutz di Roma non assegna.

Pochi istanti più tardi, senza altri sussulti degni di nota, la partita finisce. Dagli spalti arrivano lunghi applausi per quella che, nonostante la sconfitta, rimane ancora oggi un pezzo di storia del rugby italiano.

La prima meta italiana agli All Blacks

La partita completa

Daniele Pansardi

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