A pochi giorni dall’inizio una prima analisi di quello che potrebbe accadere nei 43 giorni del torneo
Il Sei Nazioni 2020 ha già il suo vincitore, l’Inghilterra. Resta solo da capire se la formazione di Eddie Jones riuscirà a conquistare anche il Grand Slam, con relativa cerimonia di premiazione sul prato dell’Olimpico.
E’ chiaro che la nostra vuole essere una provocazione, la palla è ovale e il rugby riserva spesso grandi sorprese. Basti pensare all’ultima edizione della World Cup quando, anche dopo l’eliminazione dei favoritissimi All Blacks proprio ad opera dell’Inghilterra, in pochi avrebbero puntato sugli Springboks poi risultati vincitori.
A proposito di puntate e favoriti, anche secondo i bookmakers sembra non esserci partita, o meglio, Torneo: la vittoria finale del XV della Rosa è data a 1.70 contro il 4.75 dell’Irlanda, il 6.50 del Galles e il 7.50 della Francia.
Un torneo lungo e in anno particolare
Ma il Sei Nazioni con i suoi 43 giorni è un torneo lungo (tanto quanto la World Cup), che si svolge nel bel mezzo della stagione e inframezzato anche da due fine settimana di pausa. Per alcuni giocatori possono significare riposo, per altri impegni col club, per altri ancora infortuni, recuperi e rientri. Insomma una bella variabile aggiuntiva anche per coach e staff delle sei squadre che talvolta si trovano con coperte che diventano improvvisamente corte o a dover fare i conti con le assenze di uomini chiave, magari ancor prima dell’inizio delle ostilità. Ogni riferimento a Billy Vunipola non è puramente casuale.
Inoltre l’esperienza ci insegna che nell’anno successivo alla Webb Ellis Cup il Torneo ha spesso avuto degli strani andamenti. L’edizione 2016 ad esempio, ultima con il vecchio sistema dei due punti a vittoria, vide un’inaspettata riscossa dell’Inghilterra che, uscita umiliata dal mondiale casalingo, non solo seppe imporsi nel Torneo ma conquistò anche quello Slam che mancava da ben 13 anni. Commissario tecnico al suo esordio, e primo straniero a guidare il XV della Rosa, quell’Eddie Jones che in questo 2020 (insieme a Townsend) sarà l’unico allenatore rimasto al suo posto dopo recente il mondiale nipponico.
Le squadre con gruppi allargati dai 34 ai 42 elementi sono già al lavoro e salvo qualche cambio in corsa i giochi sono fatti, se non altro per le prime due giornate. I giocatori usciti dal giro della nazionale per raggiunti limiti di età e gli infortunati sono parecchi e in tutte le rose ci sono quindi diverse novità e tanti esordienti. Tutti stanno già lavorando anche in funzione dell’obbiettivo a lungo termine, la World Cup 2023.
Proviamo a fare una prima sommaria analisi squadra per squadra anche in funzione del calendario. A partire da domani pubblicheremo invece un articolo più approfondito dedicato ad ognuna delle sei nazionali.
INGHILTERRA
Come ogni anno pari, nonostante le tre gare esterne, Eddie Jones e i suoi avranno dalla loro il vantaggio di affrontare in casa le due avversarie più temibili, Irlanda e Galles, con l’unica trasferta ostica, almeno sulla carta, in terra francese alla prima giornata. Nel gruppo dei 34 selezionati figurano ben 8 potenziali esordienti ma salvo qualche infortunio eccellente l’organico è di grandissimo spessore, con la preoccupazione maggiore per Jones che sembra arrivare dalla brutta vicenda dei Saracens, che coinvolge giocatori di primissimo piano come Farrell, i fratelli Vunipola, George, Daly e Itoje. Il vulcanico Eddie, a cui la RFU ha espressamente chiesto la vittoria, per ora non si sbilancia se non dicendo che “il primo obbiettivo è battere la Francia”. Vogliamo fingere di credergli.
GALLES
I campioni in carica, falcidiati da tante assenze (Davies, Patchell e Liam Williams giusto per citarne qualcuno) si presentano all’esordio in casa contro gli Azzurri con un nuovo coach, il neozelandese Wayne Pivac a cui spetta l’arduo compito di non far rimpiangere troppo il connazionale Warren Gatland che nelle 12 stagioni alla guida dei Dragoni ha saputo conquistare il Sei Nazioni per ben 4 volte, di cui 3 con tanto Slam. Da qui il riconoscimento di “allenatore più vincente nella storia” con tanto di cancello di ingresso al Principality Stadium a lui dedicato.
Dopo l’Italia il calendario del Galles prevede due trasferte, a Dublino e Londra, inframezzate dalla sfida casalinga con la Francia, e il match di chiusura a Cardiff con la Scozia. Insomma tre partite in casa ma due trasferte davvero toste per una squadra che, nonostante il quarto posto iridato, sembra un po’ difficoltà. Ma si sa, Allun Wyn Jones e compagni, anche quando li daresti per spacciati, sanno tirar fuori il vero spirito gallese e la prestazione che non ti aspetti.
IRLANDA
Anche per l’Irlanda, anno nuovo vita nuova. Tornato in Nuova Zelanda Joe Schmidt dopo 7 anni il testimone passa a Andy Farrell che dopo l’addio di Rory Best ha scelto come nuovo capitano Johnny Sexton. Squadra ringiovanita: nel gruppo allargato dei 35 sono 5 gli uncapped.
Dopo un Sei Nazioni 2019 e una RWC davvero al di sotto delle grandi, forse eccessive, aspettative di cui era stata caricata la squadra, questo Torneo si apre con le due sfide interne con Scozia e Galles prima della trasferta di Londra con l’Inghilterra. Sarà poi la volta degli Azzurri in casa per finire con il match che chiude l’intero Torneo, in programma il 14 marzo a Parigi contro la Francia. Se una vittoria col Galles al Lansdowne Road sembra alla portata, conquistare il fortino di Twickenham appare impresa assai ardua.
FRANCIA
La partenza col botto, allo Stade de France con l’Inghilterra, potrebbe dirci molto della nuova Francia di Fabien Galthié. I convocati sono 42 con ben 19 volti nuovi per un progetto che punta dritto alla World Cup 2023 che si disputerà proprio sul suolo transalpino. Al successore di Jacques Brunel e al nuovo capitano Ollivon spetterà il compito di saper amalgamare e far trovare stabilità a un ambiente che troppo spesso negli ultimi ha visto divisioni e polemiche interne dopo i primi segnali negativi.
Per la seconda giornata sarà l’Italia ad andare a Parigi mentre dopo la sosta i galletti sono attesi in Galles e Scozia per poi chiudere il loro Sei Nazioni in casa con un altro match che potrebbe anche risultare decisivo per le sorti del torneo, quello con l’Irlanda. Come dice quel proverbio? “Chi ben comincia…”
SCOZIA
Gregor Townsend, dopo la delusione dell’eliminazione nella fase a gironi del coppa del mondo nipponica, è alla ricerca di maggiore profondità nella rosa, quella profondità che anche nell’edizione 2019 ha creato grossi problemi ai Dark Blues quando sono arrivati gli infortuni. Affidata la fascia di capitano a Stuart Hogg, in seguito al ritiro dal rugby internazionale di Laidlaw, il ct scozzese pur mantenendo intatta l’ossatura del gruppo mondiale ha chiamato tra i 38 giocatori 6 esordienti. E per Townsend il primo grattacapo di questo Sei Nazioni è arrivato ancor prima di iniziare con Finn Russel rimandato al club per ragioni disciplinari.
I primi due incontri saranno da brividi per gli highlanders: trasferta all’Aviva e visita dell’Inghilterra al BT Murrayfield. Con il rischio, anche per gli Azzurri, che il match dell’Olimpico del 22 febbraio possa già essere uno spareggio per il cucchiaio di legno. Seconda e ultima partita casalinga con la Francia e ultima giornata al Principalty di Cardiff. Un calendario non certo agevole soprattutto considerando ritmo e fisicità che potrebbero richiedere i primi 180 minuti.
ITALIA
Difficile valutare se sia più un onore o un onere esordire come capitano al Principality Stadium che, anche a detta di molti giocatori, è lo stadio più impressionate di Ovalia. Tetto chiuso, spalti attaccati al terreno di gioco e oltre 70 mila spettatori, gallesi e urlanti. Proveremo a chiederlo a Luca Bigi, a cui Franco Smith, altro esordiente in azzurro, ha affidato la fascia.
Che Italia possiamo ragionevolmente aspettarci in questo Sei Nazioni? Le dichiarazioni del CT sudafricano sono per ora, come richiede il caso, prudenti e un po’ enigmatiche: “il primo obbiettivo è trovare il nostro DNA e metterlo in campo…vogliamo tenere nascosto cosa intendiamo mettere in campo perché credo sia un punto a nostro vantaggio”. Onestamente sarebbe difficile fare uscite diverse visti i precedenti e visto oltretutto che Smith ha ricevuto l’incarico di head coach solo due mesi fa. Oltre al fatto che ha a disposizione il gruppo dei 35 convocati da pochi giorni e sarebbe utopia aspettarsi rivoluzioni in tempi cosi brevi.
Quella che ci pare la prima buona notizia della sua gestione è l’ampliamento dello staff soprattutto con la figura di Albert Keuris per calci e skills. Quella cattiva è relativa alla fortuna che per il momento non è proprio dalla sua parte, con il grave infortunio di Campagnaro e Ruzza fuori almeno per le prime giornate, due posizioni in cui non la coperta non è proprio abbondantissima.
Sul fronte calendario, vale più o meno quanto abbiamo detto sopra per la Scozia. La partita di esordio a Cardiff contro i campioni in carica non sarà certo una passeggiata. La successiva trasferta a Parigi, qualunque sia il risultato della loro sfida con gli inglesi, non sarà da meno: gli Azzurri potrebbero trovarsi davanti una Francia galvanizzata o viceversa già alle prese con la necessità di un pronto riscatto.
Inutile nasconderci dietro un dito, la nostra finalissima sarà il 22 febbraio all’Olimpico. Per quella data il gruppo azzurro – giocatori e staff – dovrà aver trovato un amalgama che ci permetta di portare a casa quella vittoria che manca da troppo tempo.
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