Un’analisi a mente fredda della partita dello Stade de France, dove gli azzurri hanno fatto vedere di avere delle fiches da spendere sul tavolo del 6 Nazioni
L’Italia ha perso contro la Francia 35-22 allo Stade de France di Parigi nella seconda giornata del Sei Nazioni 2020. Un risultato che in termini strettamente numerici rappresenta un salto di qualità rispetto al disarmante 42-0 di Cardiff. Il tabellone è però espressione solamente parziale di una partita che è vissuta di momenti, di ondate, di diverse fasi che si sono alternate una dopo l’altra.
Per gli Azzurri, la sfida di Parigi ha rappresentato un continuo inseguimento, dettato da una virtuosa voglia di competere, al darsi una possibilità di giocarsi l’incontro. Una sorta di meta-partita che, comunque, i nostri hanno perso. Il risultato favorevole alla Francia non è mai stato in discussione: i transalpini hanno condotto la gara nel punteggio per 79′, dopo che Romain Ntamack ha centrato i pali per la prima volta dopo pochi secondi dalla conclusione del primo giro d’orologio.
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L’Italia ha giocato un primo quarto di partita terribile, mettendosi immediatamente in condizione di abbandonare le possibilità di competere per vincere. Certo, il merito è anche di una Francia che con entusiasmo, fiducia e ardore ha cominciato la partita battendo gli Azzurri sul piano del puro scontro fisico, in maniera brutale. I primi otto minuti sono agghiaccianti per i tifosi italiani: i primi due palloni sono giocati sul piede arretrante a causa di una difesa rovesciata francese che ci viene a prendere nel nostro campo senza che i nostri siano in grado di reagire; nel breakdown gli sforzi per mantenere il possesso sono immensi, perdiamo due palloni banali perché semplicemente facciamo un pessimo lavoro o scegliamo deliberatamente di non farlo proprio. Il risultato è che al secondo ingresso dei francesi nei nostri 22 metri, conseguito grazie a un drammatico gioco tattico al piede perso dai nostri, Teddy Thomas schiaccia facile il calcetto di Ntamack dopo 6 fasi per aprire un break di 8 punti. L’Italia ha un sussulto d’orgoglio quando resiste all’offensiva francese a cavallo del decimo minuto, ma al 12′ la grafica televisiva agevola il concetto: si è giocato per il 60% del tempo nei 50 metri italiani, per il 40% nella zona rossa. Poco dopo perdiamo il terzo pallone in un punto d’incontro. Al quarto d’ora i francesi ricevono un drop dai 22, visto l’errore dalla piazzola di un impreciso Ntamack. In 4 fasi si portano all’interno dei 22 metri e schiacciano gli Azzurri di nuovo a ridosso della linea di meta. Non basta l’abnegazione: dopo 15 fasi offensive Ollivon segna la seconda meta.
E’ un inizio da incubo. La Francia sembra poter disporre della nostra nazionale più o meno a piacimento, e solo la clemenza del piede del numero 10 dei padroni di casa ci lascia sotto di appena 13 punti. Poi succede qualcosa che cambia improvvisamente il momentum dell’incontro, un piccolo peccato di hybris dei galletti: invece di disfarsi di un innocuo ovale nei propri 22, quelli provano a contrattaccare. Canna mette pressione su Thomas, l’ala del Racing fa in-avanti, mischia italiana poco fuori dai 22 metri. E’ il primo vero pallone in attacco degli Azzurri, ma succede tutto quello che doveva succedere: dodici lunghe fasi di consunzione, con insistite cariche centrali dei nostri arieti, Polledri e Negri in testa. Prendendo fiducia, gli Azzurri hanno incominciato a essere molto più efficaci nei punti d’incontro, mentre la Francia è restia a mettere la stessa pressione sul pallone quando si trova a giocare nel proprio campo. Cambiamo spesso senso di gioco, rimaniamo a battere nella zona centrale del prato stringendo sempre più la difesa, finché in modo rocambolesco e anche un po’ fortunato, Allan riesce in qualche modo a fare la differenza su una superiorità numerica giocata in maniera confusionaria. Il pallone finisce a terra, ma Jayden Hayward raccoglie in maniera pulita e sa già che fuori da Matteo Minozzi non c’è nessuno. Meta alla bandierina, Allan converte dall’angolo. Forse abbiamo una partita, anche perché sulle conseguenze di un’altra sequenza di ping pong tattico Fickou decide di regalare tre punti ai nostri con un fallo decisamente gratuito: 13-10 al 27′.
Il ritorno degli Azzurri però, viene immediatamente castrato da un errore piccolo, ma pesante: sulle conseguenze del restart Allan calcia direttamente fuori un pallone riportato dentro i 22 metri. Concede così una piattaforma d’attacco dentro la zona rossa ai francesi, che per la terza volta in quattro visite ai 22 metri avversari portano a casa dei punti. Stavolta Ntamack non si fa pregare per buttare dentro i tre punti che gli concede Giosué Zilocchi con un fallo in ruck. Negli ultimi dieci minuti del primo tempo torna a emergere la differenza di cilindrata fra le due squadre. Sempre prendendo come punto di riferimento la capacità di essere efficaci in zona punti, tra la mezz’ora e l’intervallo Francia e Italia entrano 2 volte a testa dentro i 22 metri avversari palla in mano. I francesi segnano il suddetto calcio di punizione e al 37′ vanno in meta con Greg Alldritt, gli Azzurri ne cavano un oscuro calcio di punizione e perdono un goloso pallone regalatogli dallo stesso Alldritt dopo il restart, finendo per subire un pericoloso contrattacco dei padroni di casa.
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Nonostante un punteggio che la punisce (23-10), l’Italia torna in campo baldanzosa, e gioca una parte centrale di partita molto propositivo e interessante. Lotta, appunto, per riaprire la partita. Lo fa con coraggio, dedizione, ma viene sconfitta da quelli che sono per il momento i propri limiti. Limiti di cui anche prima della sfida di Parigi eravamo consci, piccoli errori o dettagli che non vanno al posto giusto nel momento in cui dovrebbero. La grande cavalcata di Budd sull’out di sinistra ci porta in attacco, ma quando sembriamo essere riusciti a creare la differenza con le cariche di Negri, Polledri e Bigi, Tommaso Allan non se la sente di rischiare un allargamento del pallone su una difesa rovesciata dei francesi. Peccato, perché Hayward era rimasto ben profondo e la manovra di aggiramento avrebbe potuto essere proficua. Invece l’azione perde di abbrivio e Mattia Bellini non riesce a scappare a un Anthony Bouthier che si conferma estremo di grande concretezza.
Poco dopo, l’aggiramento della difesa francese in occasione di un goloso contrattacco a metà campo viene inficiato da un brutto passaggio di Canna, una delle poche sbavature di un’altra bella prestazione a numero 12. La Francia si rende di nuovo minacciosa in avanti, ma la difesa italiana stavolta regge insinuando il tarlo del dubbio nella rimessa laterale avversaria. Al 53′ abbiamo una importante opportunità per avvicinarci nel punteggio, ricominciare a costruire momentum e mettere pressione ai francesi, ma Allan sbaglia il calcio di punizione del -10 che avrebbe permesso di capitalizzare una prolungata fase offensiva azzurra. L’Italia ha tanto possesso nella zona di metà campo in questo primo quarto del secondo tempo, ma non sfrutta le occasioni che gli capitano: un passaggio sbagliato di Braley che passa dopo aver fatto un passo e non da terra prima, Niccolò Cannone che si fa strappare il pallone a contatto sulle conseguenze di una carica che lo vedeva entrare arrembante nei 22 francesi. Opportunità sfumate che vengono frustrate quando poi, al 58′ la Francia gioca alla perfezione una combinazione da rimessa laterale: il drive avanza, i trequarti giocano una combinazione che pone troppe questioni alla nostra linea arretrata, e Ntamack brucia Morisi sulla velocità pura, andando a schiacciare la quarta segnatura dell’incontro.
Dovrebbe essere la marcatura che segna la fine dell’incontro: è la meta del bonus offensivo, l’Italia è ormai sotto di diciotto punti, e scocca la fatidica ora di gioco che infiniti danni addusse agli Azzurri. E invece l’Italia ha ancora una volta la voglia di tornare a dare battaglia, e trova la meta con Zani grazie alla grande caparbietà di tutto il pacchetto degli avanti, dove nel frattempo Riccioni, Fischetti e Licata sono entrati a dare verve al reparto.
La segnatura del -11 riapre la partita nella partita, quella che gli Azzurri giocano da metà primo tempo. Hanno le occasioni per farcela, a riaprire davvero questo incontro. Improvvisamente, però, viene meno un’arma che aveva funzionato in maniera solida in tutto il corso della partita: il drive da rimessa laterale. Al 67′ la presa difettosa di Budd, autore peraltro di una partita eccezionale, causa la distruzione del raggruppamento da parte degli avanti francesi, che vincono un preziosissimo turnover nei propri 22 metri. Tre minuti più tardi la rimessa laterale a cinque metri è lanciata fuori tempo da Zani, Budd schiaffeggia l’ovale, l’Italia si ritrova sulla linea dei 22 e poi perde il pallone dopo qualche fase, forse complice un in-avanti francese sul placcaggio non visto dall’arbitro Brace. Infine, l’Italia perde una terza touche a metà campo, sulle cui conseguenze viene fischiato un calcio di punizione, quello che Serin batte veloce, abbagliando l’intero stadio con la sua classe e anche qualche Azzurro un po’ stanco, che rimane di gesso al muoversi del neoentrato mediano di mischia. E’ la meta, al 75′, che mette davvero fine all’incontro. L’ultima, pregevole marcatura di Bellini è una decorazione al punteggio, un incoraggiamento per il futuro.
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Nella preview dell’incontro avevamo provato a dare, dall’esterno, degli obiettivi per questa partita dell’Italia, consapevoli che la vittoria non era alla portata. Uno di questi era proprio accrescere l’efficacia in zona offensiva. L’Italia è entrata 7 volte nei 22 metri francesi, segnando 22 punti (3,14 punti per ingresso). Un risultato di poco inferiore in media a quello dei nostri avversari (11 ingressi per 35 punti, 3,18 punti per ingresso). E’ un primo passo verso il poter rimanere in partita, verso il giocare per provare a portare a casa la vittoria.
La sfida dell’Italia oggi è questa: passare dalla rincorsa della competizione alla competizione stessa. In queste prime due partite abbiamo giocato, e a Parigi abbiamo mostrato che qualche freccia in faretra ce l’abbiamo. Per una squadra che ha cambiato tanto in termini di approccio tecnico e che ha potuto lavorare per così poco tempo, i risultati in termini di gioco non sono da trascurare. Che ci potesse essere un piccolo passo indietro in termini di competitività era prevedibile. Adesso gli Azzurri hanno due settimane per lavorare duro, così come si dice stiano facendo con Franco Smith, per presentarsi davanti al proprio pubblico all’Olimpico e competere per vincere una partita che potrebbe davvero rappresentare una piccola, ma importante svolta nel cammino futuro della nazionale.
Lorenzo Calamai
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