Il 17 marzo di due anni fa i verdi trionfarono a Twickenham, certificando di essere una delle potenze di ovalia
Quello del 2020 è un San Patrizio anormale, vista l’emergenza sanitaria che ha colpito l’Europa. La festa del Patrono d’Irlanda è stata sempre accompagnata da fiumi di birra e spesso dalle partite del 6 Nazioni, che in questo periodo dell’anno vede la sua conclusione. Nel 2018 il Torneo finì proprio il 17 marzo, con una gara a dir poco storica per l’Irlanda: a competizione già vinta, con due successi di vantaggio su Galles, Inghilterra, Scozia e Francia, Best e compagni si presentarono a Londra con la possibilità di fare il Grande Slam, oltre che celebrare in casa dell’eterno rivale inglese il terzo 6 Nazioni negli ultimi cinque anni dopo quelli del 2014 e 2015. Di fronte agli 82.062 spettatori di Twickenham, Joe Schmidt ha schierato un XV semplicemente fortissimo, con tanti dei suoi talenti all’apice della carriera: Kearney-Earls, Ringrose, Aki, Stockdale-Sexton, Murray-Stander, Leavy, O’Mahony-Henderson, Ryan-Furlong, Best, Healy.
Il fuoco è aperto proprio dagli irlandesi, che al sesto sfruttano un errore in raccolta di Watson che perde il pallone a un passo dall’area di meta, con Ringrose che è il più lesto a lanciarsi sull’ovale schiacciandolo per lo 0-7. Al ventitreesimo gli ospiti fanno il bis, con una meta di straordinaria bellezza: touche vinta sui 10 metri, gioco di incroci con Sexton e palla che arriva ad Aki, bravo a sfondare a tutta velocità la linea inglese penetrando nei 22. Dopo aver finto l’offload sulla destra, il centro trova l’accorrente Stander che sfrutta la sua potenza per andare a schiacciare alla base del palo, permettendo a Sexton di raddoppiare i punti e far esplodere i tantissimi tifosi irlandesi sulle tribune.
Qualche giro di lancette dopo un giallo a O’Mahony complica la sceneggiatura, con Farrel che con un perfetto calcio rimbalzante lancia in meta Daly, mancando però la trasformazione. L’ultima parola del primo tempo è ancora irish, con Stockedale che ha messo il timbro su un Sei Nazioni semplicemente fantastico, con 7 mete in 5 partite. L’ala di Ulster riceve da Murray sulla sinistra, scavalca Brown con un calcetto a seguire e, dopo aver ritoccato l’ovale con le cosce, lo schiaccia proprio un centimetro prima della zona di pallone morto per l’incredibile 5-21 del primo tempo. Nella seconda frazione l’Inghilterra va lungamente a caccia dell’impossibile, cioè battere una difesa a dir poco insuperabile, e al 60esimo Murray infila tra i pali il semplice calcio del 5-24 .
Nell’ultimo quarto di partita gli inglesi cercano ostinatamente di ribaltare un destino già scritto, ma ci vanno solo vicini: prima Daly marca il suo bis sfruttando un delizioso offload di Brown, quindi a cronometro già rosso un’altra volata in bandierina (questa volta di May) firma il 15-24 finale, che permette all’Irlanda di festeggiare un successo incredibile nel Suo (con maiuscola voluta) giorno. Sotto una leggera nevicata, Rory Best ha così potuto alzare per la quarta volta il Trofeo del 6 Nazioni, certificando anche il terzo grande slam della storia dei verdi, nel tripudio di compagni e tifosi.
L’averlo vinto in casa dell’Inghilterra poi ha resto tutto più speciale, aggiungendo altri record: era infatti dal 2012 che a Twickenham nessuna squadra ospite usciva a braccia alzate, un digiuno che per l’Irlanda durava dal 2010. Questo inoltre è stato il primo Grande Slam da quando nel Torneo sono stati introdotti i punti di bonus (2017), dunque è valso 3 ulteriori lunghezze in classifica per Best e compagni, che hanno vinto arrivando a quota 26, a distanza siderale da Galles (15) e Scozia (13). Questo il video di Irish Rugby TV con tutti i dietro le quinte di quella storica partita:
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