Il mediano d’apertura che all’inizio degli anni 2000 cambiò la storia del gioco
Se a tutti gli appassionati di rugby chiedessero un flashback immediato su Jonny Wilkinson siamo certi che la mente porterebbe immediatamente lì a quel ricordo: al Momento, con la “m” maiuscola.
E’ il 22 novembre 2003, nella finale della Rugby World Cup si sfidano i padroni di casa dell’Australia e l’Inghilterra. La partita è tesa, tirata e vive su un equilibrio clamoroso. Dopo il 17-17 dei tempi regolamentari, si va ai supplementari. Il tempo scorre sulla clessidra sino a quando al 100′ gli ospiti si trovano in attacco. Wilkinson capisce subito che si sta aprendo un’opportunità per determinare la finalissima.
Si mette in posizione azzerata, profonda, dietro ai suoi compagni. Riceve un passaggio dal mediano di mischia e dopo aver abbrancato la palla prepara la sua meccanica perfetta per il drop della storia. Lui, mancino naturale, indirizza l’ovale con un calcio di rimbalzo, in mezzo ai pali. Tre punti perfetti, gli inglesi salgono 17-20: game, set and match. Coppa del Mondo nel museo di Twickenham a Londra, grazie alla prima squadra – e finora unica – squadra dell’Emisfero Nord a salire sul tetto del mondo.
Ma Jonny Wilkinson non è solo questo è anche molto altro.
Ha totale di 97 caps a livello internazionale (1998-2011), 91 con la maglia della nazionale della rosa e 6 con quella dei British & Irish Lions (Tour 2001-2005, entrambe le serie perse contro Australia e Nuova Zelanda), si può fregiare di quattro Sei Nazioni, una Premiership, due Heineken Cup e un Top 14; è uno dei tre giocatori al mondo ad aver segnato più di 1000 punti a livello internazionale.
Nonostante i numerosi problemi fisici, si è ritirato all’età di 35 anni completando 141 partite nell’ultimo lustro di carriera quando ha vestito la maglia del Tolone (2009-2014), dopo una vita (1997-2009) spesa con i Newcastle Falcons.
Call it magic!
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