L’ormai celebre virus forzerà il ritiro dell’estremo britannico il prossimo giugno
C’è stato un momento, attorno alla metà del decennio appena andato agli archivi, in cui Nick Abendanon era, senza termini di smentita, uno dei giocatori più forti d’Europa, e verosimilmente di Ovalia nella sua interezza.
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Talmente forte da guadagnarsi, con pieno merito, il titolo di European Player of the year di EPCR nel 2015, alla sua prima stagione con la maglia del Clermont Auvergne, assurgendo a protagonista assoluto nella cavalcata continentale dei ‘Les Jaunards’, con tanto di meta manifesto della sua annata nella finale di Heineken Cup (la prima del video tributo, ndr), poi persa contro Tolone.
Un estremo capace di accendersi – come pochi – contrattaccando palla in mano, in grado di trovare buchi e situazioni interessanti da esplorare in ogni dove. Un numero 15, però, anche estremamente intelligente tatticamente ed altrettanto solido in difesa, difficilmente battibile nell’uno contro uno, dotato di una grande qualità nel placcaggio individuale. Eppure, per lui, dopo un paio di camei da giovanissimo con la selezione inglese, nell’ormai lontano 2007, non c’è mai realmente spazio nel rugby internazionale.
Abendanon – nato nel 1986 a Bryanston, Sudafrica, da genitori olandesi, ma cresciuto in Inghilterra – esplode nel 2006, con la maglia di Bath, diventando uno degli idoli del Recreation Ground negli anni a venire. Prestazioni da urlo, costanza di rendimento e una valanga di mete, però, non gli valgono una chance con la selezione dei tre leoni. Johnson e poi soprattutto Lancaster, nel momento della maturità, gli preferiscono altri elementi, su tutti Mike Brown e Alex Goode. Non basta qualche passaggio di spessore con i Saxons, seconda selezione dei britannici, per convincerlo a restare in patria a rincorrere la nazionale, quando, nel 2014, arriva l’offerta di Clermont, big del rugby europeo.
Oversea, infatti, Abendanon si chiama fuori – in virtù dei regolamenti sulla selezione dei giocatori all’estero – dalla corsa al rugby internazionale, ma in un contesto di primo livello mondiale, vicino a compagni di qualità assoluta, si esprime per oltre un lustro in maniera sublime, facendo sussultare più volte la platea del Parc des Sport Marcel Michelin.
Venticinque mete (tutte festeggiate a modo suo, con quel dito mosso sulla guancia, parodia del ‘Game of Spoof’ che andava per la maggiore nei bar britannici frequentati dal padre), che fanno brillare gli occhi dei support gialloblu, aiutano la squadra nell’archiviare titoli di prestigio, come due Challenge Cup ed un Bouclier de Brennus, nel 2017, e chissà, magari – almeno a tratti – costringono Lancaster a rimuginare sulle scelte fatte attorno alla maglia numero 15.
Vita. Emozioni. Vissute pienamente fino allo scorso 29 febbraio, l’ultimo ballo di Nick, quando Clermont vince ad Agen, anche grazie ad una marcatura pesante del 15 ex Bath. Tutto in forte contrapposizione con quello che succede poco dopo. Con la lotta al virus, che ci ferma tutti, indistintamente.
E che ferma, probabilmente per sempre, anche la carriera di Abendon, il quale ha annunciato che, a fine giugno, pur non essendo pronto – per sua stessa ammissione – a compiere un simile passo, sarà costretto al ritiro. “C’erano alcune trattative in corso per l’anno prossimo, ma ora tutto si è raffreddato. A volte, nella vita, non è tutto in nostro controllo. Ci sono eventi che stanno al di sopra di noi, delle nostre possibilità. Fuori dal nostro controllo”, ha spiegato al Midi Olympique.
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Proprio come per quanto concerne la carriera internazionale, avrebbe meritato tutt’altro addio, sperando possa consumarsi su un rettangolo verde, benché, nel caso, verosimilmente a porte vuote.
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