Quali sono stati gli acquisti dall’estero rivelatisi più utili in casa multicolor?
C’era una volta un rugby italiano che, nel selvaggio momento intermedio di passaggio fra dilettantismo e professionismo, poteva mettere sul piatto preziosi denari e attirare dagli antipodi alcuni fra i migliori giocatori del mondo ovale.
Una potenza economica, quella degli anni Novanta, che si è andata disgregando tanto per motivi endogeni quanto per il radicale cambiamento di contesto del mondo sportivo e non. Nel corso degli anni Duemila, le squadra italiane non hanno comunque smesso di attingere dall’estero per irrobustire le proprie fila. Alle volte cercando nomi importanti in grado di fare da chioccia e lasciare qualcosa del loro passaggio, altre sperando di pescare il diamante grezzo da portare alla luce. I risultati sono stati altalenanti, sia nel mondo pre-rivoluzione celtica che dopo il passaggio di Benetton e Aironi (Zebre poi) alla competizione con le franchigie irlandesi, gallesi, scozzesi e adesso sudafricane.
Abbiamo provato a fare un breve elenco dei migliori giocatori arrivati dall’estero per militare nelle due franchigie italiane. Fra i candidati abbiamo considerato anche coloro che poi sono stati equiparati e hanno rappresentato la nazionale italiana a livello internazionale, a condizione che abbiano partecipato all’avventura celtica. Abbiamo estratto tre nomi per reparto per ognuna delle due squadre: dopo i 3 migliori trequarti dei Leoni, ecco quelli delle Zebre Rugby.
Brendon Leonard
Forse il giocatore estero che ha avuto un maggiore impatto sulla franchigia di Parma è stato il neozelandese Brendon Leonard, ex All Black. Forse non il nome più altisonante in assoluto arrivato alle Zebre, visto che dopo di lui ci sono stati un altro paio di elementi importanti come Luke Burgess, già mediano di mischia dell’Australia, e Mils Muliaina, estremo da 100 caps con la Nuova Zelanda. Sicuramente quello che ha dato di più in termini di prestazioni.
Quando hai una squadra giovane, con atleti che devono crescere e affrontare un livello superiore alle loro abitudini, quello che vuoi nella tua rosa è un professionista esperto, un giocatore di classe proprio nel centro nevralgico della formazione.
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Leonard arriva a Parma a 28 anni, nel 2013. La sua carriera internazionale è già terminata a causa di una serie di infortuni che gli hanno sostanzialmente impedito di concorrere a un posto nella rosa degli All Blacks campioni del mondo due anni prima, ma, liberatosi dei numerosi acciacchi, è nel fiore degli anni di uno sportivo e lo dimostra con una serie di grandissime prestazioni, ancorché perdenti nella maggior parte dei casi.
In due stagioni mette insieme 48 presenze e 6 mete, giocando 3197 minuti. Una sua meta a fine incontro risulta decisiva per la vittoria delle Zebre a Cardiff contro i Blues nel 2013, replicando anche a Parma per bissare il successo sui gallesi. Infine, mette la firma anche nella vittoria contro gli Ospreys in casa, nel miglior risultato di quella stagione zebrata. In pratica è una sentenza: se segna Leonard, le Zebre vincono.
Se ne andrà da Parma dopo due anni, per passare proprio agli Ospreys. Rimarrà tre stagioni a Swansea, prima di tornare nella natia Nuova Zelanda, a Taranaki, per un ultimo giro di giostra.
Sinoti Sinoti
Macchina del tempo e passo indietro non indifferente per ricordarsi del trequarti samoano internazionale (9 caps con la selezione del pacifico, ndr) Sinoti Sinoti. Due per lui le stagioni disputate in Italia, nell’allora Pro12: una con la maglia degli Aironi (2011-2012) e una con le neonate Zebre (2012-2013), per un totale di 37 presenze, condite da 6 mete e 30 punti complessivi.
Elettricità, elusività e un sidestep di primo livello come si vede in questa azione contro Leinster: queste le caratteristiche di un giocatore che poi, lontano dall’Italia, ha proseguito la sua carriera con le casacche del Wellington (luogo nativo del classe 1985), in Nuova Zelanda, e soprattutto dei Newcastle Falcons.
In maglia bianconera, il giocatore del Pacifico – sotto la guida di coach Gajan – provò a reinventarsi passando dalla posizione di ala a quella di estremo, con risultati più che discreti mostrandosi disponibile ad un apprendimento tattico dispendioso soprattutto a livello mentale.
Di Sinoti Sinoti rimane il ricordo di una grande empatia con i supporter zebrati, che spesso avevano la possibilità di intrattenersi con lui, e la voglia di cercare costantemente un nuovo limite nelle sue performance che potesse aiutare le Zebre a fare meglio.
Un giocatore così probabilmente sarebbe stato un tassello perfetto nel sistema di gioco dell’attuale squadra di Michael Bradley, ma questo purtroppo non potremo mai saperlo. La cosa sicura invece è che il samoano ha lasciato un segno come pochi trequarti stranieri hanno fatto nella storia delle Zebre.
Jamie Elliot
La concorrenza nella corsa al terzo posto non è certamente delle più spietate, se pensiamo alle tante delusioni accumulate dalle Zebre con il reclutamento dei trequarti stranieri (qualche nome sparso: Ratuvou, Muliaina, Baker i più noti) e alla mediocrità di molti altri elementi. Alcuni sembravano promettere bene (van Zyl, Greeff), ma le promesse sono rimaste tali, e in generale il reparto arretrato è sempre stato trascinato prevalentemente dagli autoctoni. Quando le Zebre hanno ingaggiato Jamie Elliott, nel novembre 2018, il curriculum del trequarti ex Northampton Saints faceva presagire a un’inversione di tendenza: l’allora 26enne inglese si presentava a Parma con una sfilza di infortuni sulla cartella clinica, ma anche con delle qualità tecniche e atletiche di un certo rilievo per la franchigia federale. Complice la scarsa profondità del reparto, Elliott ha impiegato ben poco per prendersi una maglia da titolare che, di fatto, non ha quasi più lasciato fino a due mesi fa. Il suo impatto non è sempre stato indimenticabile e, soprattutto nella seconda parte della stagione 2018/2019, il suo rendimento ha risentito della generale incapacità della squadra di produrre qualcosa di buono. L’inglese è però cresciuto con il passare delle settimane e, nonostante le poche prestazioni davvero trascendentali, si è progressivamente ben distinto per una certa solidità nel suo gioco, aumentata con il passare dei mesi soprattutto nel miglior periodo delle Zebre 2019/2020 da inizio dicembre in avanti.
L’impressione, tuttavia, è che potremmo aver visto solo una parte delle qualità di Elliott, soprattutto per le sue capacità di accelerazione e di rottura delle difese avversarie. Il tempismo con cui è arrivato alle Zebre non è certamente stato dei migliori, perché in quel periodo i ducali stavano attraversando il loro apice per quanto riguarda la sterilità offensiva. E non poteva essere certamente lui a trascinare la squadra. Nel momento in cui le Zebre hanno ritrovato maggiore smalto, anche Elliott è salito di colpi e, pur senza troppe prestazioni da standing ovation, merita forse di essere in questa short list, che certifica comunque le difficoltà delle Zebre nel tempo di portare avanti una campagna acquisti sul fronte – nella linea arretrata – concreta e vincente sul medio periodo.
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