Il numero 10, oggi ai Wasps, ha raccontato che fu merito del terza linea se decise di rimanere agli Highlanders nel 2013
“Un giocatore, oltre ad essere forte in campo, deve esserlo anche fuori” disse Antonio Pavanello in un’intervista a OnRugby del maggio 2018.
“Faccio l’esempio di Nasi Manu: è un giocatore fondamentale all’interno del nostro ambiente, è unico. È di ispirazione per tutti gli altri per come si muove ed allena, per come cerca la video analisi… Fa crescere l’ambiente e i giovani in una certa maniera.”
Le parole del direttore sportivo del Benetton Rugby sono state confermate in questi giorni da Lima Sopoaga, ex All Blacks e Highlanders oggi ai Wasps con Matteo Minozzi. Nel 2013 Sopoaga aveva 22 anni, era un giovane di talento della franchigia di Otago, Nasi Manu già un veterano.
“Avevo avuto un’offerta importante dal Giappone – ha raccontato a Rugbypass il neozelandese – Avevo imparato che non importava che fossi un All Black per fare dei gran soldi. La squadra andava male, erano arrivate delle stelle eppure facevamo ancora schifo. Ho pensato ‘basta, me ne vado’.”
“Ma poi ho avuto alcune franche conversazioni con un po’ di persone, in particolare con Nasi Manu. Ci siamo seduti e mi ricordo che mi ha detto: saprai quando è il tuo momento di andartene. Credeva che per me il meglio dovesse ancora venire e che dovessi tenere duro nel momento in cui stavo per mollare. Ed è quello che poi è accaduto, essenzialmente.”
Nasi Manu ha giocato negli Highlanders dal 2010 al 2015, prima di trasferirsi in Europa. Prima Edimburgo per due stagioni, poi il Benetton, con il quale è in scadenza di contratto a giugno. Durante il suo periodo a Treviso, ha dovuto affrontare un tumore all’apparato uro-genitale, dal quale però è riuscito a guarire grazie ad una operazione chirurgica e alla conseguente chemioterapia.
Proprio negli anni di convivenza di Sopoaga e Manu, la franchigia neozelandese sarebbe passata dalle stalle alle stelle. Nel 2015 Sopoaga guidò la squadra da miglior marcatore dell’intero Super Rugby alla conquista del titolo, cosa che gli valse la convocazione in nazionale e la sua prima partita da titolare contro il Sudafrica, nel Rugby Championship, dove sfoderò una grande prestazione.
Nonostante fosse stato il numero 10 forse più in forma della competizione, Steve Hansen lo scartò dai suoi 31 convocati al mondiale di quell’anno, preferendogli Colin Slade, Dan Carter e Beauden Barrett. Una decisione che lasciò una ferita aperta, portandolo tre anni dopo alla decisione di lasciare la Nuova Zelanda, stavolta per davvero.
“E’ emersa questa opportunità in Inghilterra e probabilmente la decisione è stata anche influenzata dalle opzioni degli All Blacks per il 2019. Quando c’è qualcuno come Damian McKenzie, Richie Mo’unga, Beauden Barrett, Jordie Barrett che è un’opzione… Non che non credessi in me stesso, ma ero già passato dalla delusione di essere tagliato nel 2015 e da tutto quello che ho passato dopo per rimettermi in piedi da quel colpo.”
“Ho pensato a un sacco di cose e non ero preparato per affrontare la delusione di non essere scelto o di non partecipare magari per un infortunio com’è successo a Damian McKenzie. Ci ero già passato, avevo appena avuto una figlia e i Wasps hanno fatto una grande offerta. Ho preso il futuro nelle mia mani, e sia quel che sia. ”
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