Le leggende neozelandesi hanno raccontato i loro trascorsi insieme e altri aspetti della loro vita ovale
In Nuova Zelanda il rugby è pronto a ripartire, ma nella terra dei kiwi intanto ne approfittano per rivere un passato vincente e glorioso. In un’intervista video online infatti, di una rubrica giornalistica locale chiamata “Lockdown”, Richie McCaw e Dan Carter sono infatti intervenuti svelando alcuni retroscena (e non solo) sulla loro carriera.
Stima umana e tecnica
Il capitano di tante battaglie – 110 test e l’89% di vittorie – ha rivelato che il compagno più stimolante con cui giocare, nel suo percorso con la maglia degli All Blacks, è stato senza ombra di dubbio il numero 10,con cui ha condiviso 96 caps a livello internazionale vincendo anche due Rugby World Cup: “Condurre la squadra, avendo uno come lui, era abbastanza facile anche per un numero 7 quale sono stato io”.
L’avversario più forte
Il rivale più duro da incrociare per Richie McCaw è stato l’australiano George Smith: “Ho giocato contro di lui in maniera continuativa (visto il Rugby Championship e la Bledisloe Cup, ndr): era uno duro, ne sono venute fuori grandi sfide.
Leggi anche: Sam Cane è il nuovo capitano degli All Blacks
Il ritiro e quei riferimenti a “The Last Dance”
Il documentario uscito su Netflix che parte dalla stagione 1997-1998 dei Chicago Bulls di Michael Jordan per ripercorrere quella che è stata l’epoca d’oro di quella squadra (6 titoli NBA in otto anni), ha colpito a tutti i livelli gli sportivi del mondo, Richie McCaw compreso.
Il terza linea si concentra in particolare sugli aspetti legati al ritiro dall’attività agonistica: “Comprendo le parole di Jordan – afferma – quando fa riferimento al momento esatto in cui cercare di smettere, senza doversi trascinare per il campo. A volte vorresti continuare a giocare all’infinito, ma sai che c’è un momento in cui per volere troppo rischi successivamente di non trovare il timing giusto per chiudere. Per quanto cerchi di convincerti di andare avanti o di smettere, dentro di te sai quando è il momento di ritirarti”.
Il presente
Lo storico skipper degli All Blacks attualmente si cimenta fra la guida degli elicotteri e le l’adventure racing: “Se avessi continuato a giocare probabilmente sarei “rimasto indietro” in qualche modo. Oltre a questo però, devo dire che dentro di me è avanzato sempre di più il desiderio di rimettermi in gioco con delle realtà diverse, con le quali non avevo molta confidenza. Ho sviluppato nuove competenze venendo coinvolto in altri ambiti e ho ritrovato anche un po’ delle sensazioni che sentivo prima o durante una partita. Ora posso dire di aver colmato un vuoto”.
La parola a Dan Carter: le emozioni della Haka
Il mediano d’apertura, al momento in un momento di riflessione sul suo futuro ovale, svela invece un curioso retroscena sulla sua personale interpretazione della Haka degli All Blacks: “Le mie emozioni rispetto a questa danza sono cambiate nel corso della carriera. Nella prima parte della mia militanza – ammette – ero nervoso, tanto che per insicurezza andavo spesso a mettermi sul fondo dello schieramento, per cercare di nascondere gli errori che avrei potuto fare.
Ovviamente poi, con il passare degli anni, sono cresciuto portandomi sempre più avanti nella formazione. La tensione non mi turbava più di tanto, ero più a mio agio”.
E’ attivo il canale Telegram di OnRugby. Iscriviti per essere sempre aggiornato sulle nostre news.
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.