Da oltre due mesi ci sono 29 rugbysti bloccati nella zona di Auckland, ecco la loro incredibile storia
Che questo periodo di normale abbia poco è ormai palese, ma ci sono ancora oggi delle situazioni quantomeno assurde create per via delle varie legislazioni che affrontano l’emergenza sanitaria in maniera spesso diversa. C’è allora chi, da oltre due mesi e mezzo, non ha modo di rientrare nel proprio paese perché questo si è chiuso ermeticamente a riccio, e dunque è costretto a vivere letteralmente di fortuna: la squadra tongana del Tu’uakitau è sostanzialmente prigioniera della Nuova Zelanda, non tanto perché non possano uscire dal paese della lunga nuvola bianca quanto perché non hanno modo di rientrare nella loro Tonga, che appunto ha vietato ogni accesso da mesi per evitare il diffondersi dei contagi. Provenienti da Hapai, isola centrale dell’arcipelago tongano, i 29 ragazzi del Tu’uakitau sono arrivati ad Auckland lo scorso 3 marzo, e per loro questo viaggio rappresentava il sogno e la possibilità di una vita. Dopo aver raccolto dei fondi, avevano organizzato alcune partite di esibizione in Nuova Zelanda per mettersi in luce, e magari strappare qualche ingaggio per iniziare una carriera da professionisti con possibilità di guadagni decisamente maggiori rispetto a quelli in giro tra le isole del Pacifico.
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Dopo mesi di preparazione però si sono trovati in una situazione decisamente scomoda, dato che al loro arrivo era ormai scattato l’allarme e dalle parti di Auckland era impossibile giocare secondo il programma originale. I ragazzi del Tu’uakitau allora si sono arresi, e con i 5.000 $ presenti sul loro conto in banca hanno fatto l’unica cosa possibile, prenotando il volo di ritorno per il 23 marzo, due giorni prima del lockdown dichiarato dalla premier Jacinda Harren. A farsi portavoce della disavventura è Tuvaita Ueleni, allenatore della squadra: “Dopo aver speso tutto per i biglietti aerei siamo andati in aeroporto, salvo scoprire che il nostro volo non esisteva più perché Tonga aveva chiuso i confini a qualsiasi accesso esterno. Di colpo ci siamo ritrovati impossibilitati a tornare, e non sapevamo cosa fare, anche perché i nostri soldi erano praticamente finiti”. 29 persone rimaste bloccate nella zona sud di Auckland, senza sapere ne se e ne quando avrebbero avuto la possibilità di rientrare nelle loro isole.
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In loro soccorso è però arrivata la comunità locale tongana e soprattutto la chiesa Tokaikolo ‘ia Kalaisi, che ha offerto la possibilità di rimanere gratuitamente nella struttura. In nove sono stati ospitati da amici, ma per gli altri venti il destino è stato quello di un materasso sul pavimento. Da due mesi dunque questi ragazzi vivono in quest’assurda situazione, nella quale gli unici sfoghi sono giocare a pallavolo nel cortile della chiesa oppure pregare e cantare insieme. “Tra di noi scherziamo dicendo che quando torneremo a casa conosceremo perfettamente ogni inno cristiano che esiste, visto che è l’unica cosa che impariamo” dice Ueleni, che comunque non ha perso il sorriso grazie anche all’aiuto arrivato dalla comunità tongana di Auckland “Siamo stati inondati di cibo e vestiti caldi, addirittura una famiglia si è quasi trasferita nella chiesa per aiutarci a preparare il cibo”. Che futuro possono avere questi ragazzi? Innanzitutto servirà partire dai soldi che Air New Zealand dovrebbe loro restituire per il volo del 23 marzo cancellato, e poi occorrerà aspettare almeno fino al 12 giugno, data dalla quale Tonga riaprirà i suoi confini. Ancora qualche settimana e poi quest’assurda situazione, raccontata dall’inglese Guardian, sarà solo un ricordo.
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