In un’intervista al Times l’ex coach dell’Australia ha detto che avrebbe dovuto lasciare la nave già nel 2018
Ripensando agli ultimi cinque anni, Michael Cheika ha dichiarato di essersi pentito di non aver lasciato prima il lavoro di head coach dell’Australia. Lo ha detto al quotidiano inglese The Times, sostenendo che la nomina di Scott Johnson a director of rugby della federazione, avvenuta nel 2018, sarebbe dovuto essere un segnale da cogliere per farsi da parte.
“In una squadra di rugby c’è posto per un solo boss, è tutto qui” ha affermato seccamente Cheika.
“Avrei dovuto andarmene perché [la nomina di Johnson] dimostrava che non si fidavano più di me. Ma amavo il rugby australiano e ho pensato di potercela fare, ho creduto di poter unire lo spogliatoio e non volevo deludere giocatori e tifosi.”
“In questo modo mi sono compromesso. A posteriori è molto più facile rendersene contro. Ho provato a gestire la situazione nel modo migliore possibile senza essere messo da parte.”
Cheika, che ha guidato i Wallabies dall’ottobre del 2014 al novembre 2019, ha ottenuto la vittoria del Rugby Championship e la finale del mondiale in Inghilterra nel suo primo anno, ma i risultati sono poi andati in progressivo declino, complice anche un più generale momento di crisi del rugby australiano.
Dal 2016 al 2019 Cheika ha fatto registrare 23 vittorie in 52 partite, uscendo ai quarti di finale della Rugby World Cup in Giappone contro l’Inghilterra. Nel momento più difficile, alla fine del 2018, si erano accumulate molte pressioni affinché il tecnico rimettesse l’incarico. Immediatamente dopo l’eliminazione dal mondiale, Cheika si è quindi dimesso, dichiarando contestualmente di non aver pressoché alcun tipo di rapporto con l’allora presidente della federazione Cameron Clyne e con la ex CEO Raelene Castle.
Nonostante la sua esperienza alla guida della nazionale australiana non sia finita nel migliore dei modi, Cheika ha ancora intenzione di allenare: “Ho assolutamente ancora ambizioni da coach. Il rugby è ciò che amo fare. Non è mai stato un lavoro, è una passione. Penso davvero di poter fare bene nel giusto contesto. In Australia ha funzionato nella prima parte, non nella seconda.”
“Ho sempre creduto di non poter allenare contro una squadra che ho allenato prima. Mi sentirei quasi un traditore. So che non è una cosa di tendenza né moderna o professionale. Ma questa è sempre stata la mia idea nell’affrontare quel paio di contatti che ho avuto in Francia.”
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