Dopo le speculazioni di ieri la conferma definitiva. Ecco cosa cambia per la franchigia di Auckland
Se Daniel William Carter avesse bisogno di presentazioni, sarebbero di questo tipo: miglior marcatore della storia del gioco, due volte campione del mondo, tre volte giocatore dell’anno, 112 caps con gli All Blacks, 3 volte campione del Super Rugby, 2 volte campione di Francia, campione in Giappone con i Kobelco Steelers, modello per un noto marchio di biancheria intima. Insomma: Re Mida, chi?
Di un Re Mida, per l’appunto, avevano bisogno i Blues, che non si sono accontentati di portare ad Auckland uno dei migliori giocatori del pianeta, Beauden Barrett, ma hanno dovuto esagerare riportando anche il 38enne Carter in Nuova Zelanda per la prima volta dopo 5 anni di peregrinazioni fra Europa e Sol Levante.
I Blues sono stati una delle franchigie più influenti tra la fine degli Anni Novanta e l’inizio dei Duemila, quando hanno vinto tre titoli del Super Rugby e fornivano, insieme ai Crusaders, una buona parte dei convocati degli All Blacks. Poi, però, un lento declino ha impedito alla squadra di ripetere tali fasti negli ultimi quindici anni, tanto da diventare una mezza barzelletta per il rugby neozelandese: ogni anno, puntualmente, le speranze che sia finalmente l’anno dei Blues si dissolvono come neve al sole.
Le immagini del primo allenamento di Dan Carter con i Blues – TVNZ.co.nz
Stavolta, però, potrebbe essere davvero la volta in cui la franchigia torna grande, nonostante le dimensioni ristrette del Super Rugby Aotearoa. Se ce la faranno, potrebbe esserci del merito anche nell’arrivo di Carter, che non giunge per essere il faro della squadra sul campo, ma soprattutto per contribuire con il proprio carisma e la propria esperienza.
Una firma, quella dell’ex numero 10 dei tuttineri, che arriva grazie al solido legame con l’attuale head coach Leon MacDonald, ex estremo della nazionale neozelandese e dei Crusaders. Proprio il passato comune dei due giocatori sembra essere stato decisivo nell’accordo, che i Blues hanno in passato tentato più volte sotto la guida di Graham Henry e John Kirwan, senza però riuscire a concludere.
“Non ho detto subito di sì, ma allo stesso tempo mi sono reso conto che fosse una grande opportunità potersi allenare e potenzialmente giocare nella città dove i miei figli vanno a scuola e dove si trova adesso la mia famiglia – ha raccontato Carter, che è tornato ad Auckland dal Giappone durante il lockdown – Qui ai Blues ci sono giovani talenti di livello e posso usare la mia esperienza per dar loro una mano.”
“Non nego che una grossa fetta di tutto questo sia un favore che faccio a un buon amico. Ho visto e sentito dire un gran bene del laoro che Leon sta facendo qui nell’ultimo paio di stagioni, ed è piuttosto fantastico poter toccare con mano tutto ciò ed essere allenati da lui.”
Anche se buona parte della sua prima sessione di allenamento, affollata di giornalisti e televisioni, l’ha passata a parlottare con il suo apprendista di un tempo, Beauden Barrett, le fantasie dei tifosi di vederli sul campo uno a fianco all’altro vanno subito frenate: “Da professionista sono molto competitivo, ma a questo punto devo essere realista – ha ammesso Carter – Ho giocato sei partite negli ultimi diciotto mesi, e sono da tre mesi senza allenamento e senza contatto. Sarà un lungo processo rimettersi in forma.”
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