Super Rugby Aotearoa: cosa è successo in Highlanders-Chiefs

I temi principali della prima partita del nuovo torneo: finalmente si parla di rugby giocato

Highlanders Chiefs Super Rugby Aotearoa

ph. Marty MELVILLE / AFP

E’ stato un momento emozionante per tutti i tifosi e gli appassionati di rugby tornare a vivere l’emozione di una partita seguita dal vivo, con il calcio d’inizio del nuovo Super Rugby Aotearoa sabato mattina, Highlanders e Chiefs le due squadre che si sono affrontate.

Bisogna ammettere, però, che le due formazioni hanno un po’ subito il ritorno in campo dopo tre mesi lontano dalla competizione: gioco estremamente spezzettato, errori gestuali e indisciplina hanno caratterizzato un esordio che ha divertito e appassionato nel finale, ma che non ha regalato particolari spunti nei restanti 75 minuti. Non per questo, però, è stata una partita priva di punti d’interesse.

L’arbitraggio del punto d’incontro

Come promesso dalla federazione internazionale con la pubblicazione delle linee guida nei giorni scorsi, l’arbitraggio del punto d’incontro è stato più rigido che in passato. Il risultato è stato un innalzamento del numero dei calci di punizione fischiati dal direttore di gara, Paul Williams, che ha deciso di rispettare le indicazioni piuttosto che garantire la fluidità del gioco. Inoltre, si è vista una quantità importante di turnover in ruck, sia riusciti che premiati da un fischio arbitrale per tenuto a terra.

La regolamentazione del punto d’incontro sarà sicuramente il tema di discussione della settimana, visto l’impatto che ha avuto sulla partita: né i Chiefs né gli Highlanders, infatti, si sono dimostrati pronti ad avere a che fare con le nuove linee guida.

Entrambi i capitano delle due formazioni hanno fatto identiche dichiarazioni alla fine della partita. Ash Dixon, tallonatore degli Highlanders: “Pensavo che la partita sarebbe stata più veloce, invece è stata molto spezzettata. Dobbiamo fare un po’ di lavoro al breakdown. Siamo stati pessimi e i Chiefs sono stati migliori di noi, siamo stati fortunati a portarla a casa. Del parere opposto il numero 9 degli ospiti, Brad Weber: “Abbiamo perso un sacco di volte la competizione nel punto d’incontro, con i loro giocatori in grado di mettere le mani sul pallone.”

Disciplina e rodaggio

Nonostante i 28 calci di punizione fischiati nell’incontro, le due squadre sono riuscite ad essere sorprendentemente disciplinate in una moltitudine di altri contesti. Non sono, ad esempio, stati fischiati calci di punizione nelle sei mischie ordinate giocate, né nelle diverse maul che le due squadre hanno operato.

Rispetto alle precedenti abitudini, poi, la maggior parte dei punti d’incontro hanno visto i sostegni rimanere in piedi e battagliare sui propri appoggi, con due soli calci di punizioni comminati per questa infrazione. Ripensate un secondo al comportamento dei giocatori fino a qualche mese fa: è lampante la differenza.

Come preventivabile, Highlanders e Chiefs hanno patito l’assenza prolungata dai campi. La ruggine è emersa nelle situazione che hanno coinvolto la gestualità sotto pressione, solitamente peculiarità caratteristica delle squadre neozelandesi.

Bryn Gatland

L’uomo che ha infiammato il finale di partita e che si è giustamente preso i titoli di tutti gli addetti ai lavori è lui, Bryn Gatland da Waikato, 25 anni, apertura o estremo, figlio del più noto Warren, tecnico dei Chiefs.

Una di quelle storie sportive favolose la sua: giocatore promettente e ostinato, aveva già affrontato il padre durante il tour dei British & Irish Lions del 2017; nell’aprile del 2019 si infortuna gravemente ad un piede, fratturandosi due parti del metatarso e rompendosi un legamento. Ritorna oggi, segnando il drop decisivo proprio contro il padre, come annunciato a cena con la famiglia venerdì sera.

Gatland jr non avrebbe dovuto essere della partita, ma l’infortunio in settimana a Josh Ioane gli ha consegnato un posto nei 23: “L’ho saputo giovedì, poi venerdì sono andato a cena con mamma e papà – ha raccontato l’eroe di giornata – A metà della cena mio padre riceve un messaggio, mi guarda e fa ‘sei in panchina domani?'”

“Sì, è andata così – ammette l’ex tecnico del Galles – abbiamo anche scherzato, lui ha detto ‘me lo sento, entro alla fine e metto dentro il drop della vittoria’.”

La profezia e il calcio della vittoria non hanno però ammorbidito l’allenatore: “Un bravo a lui per quello che ha fatto, ma non sono contento di aver perso la partita. Non m’importa se sia merito di mio figlio, sono piuttosto deluso dal risultato della partita.”

Migliori e peggiori

Cruccio principale per Gatland, nel senso dell’head coach dei Chiefs, sarà una rimessa laterale davvero balbettante, che ha sprecato un gran numero di possessi offensivi. La squadra ha parzialmente aggiustato il tiro nel finale di partita incominciando a lanciare sul fondo dell’allineamento, ma lo scarso timing e la poca rapidità del lancio sul blocco centrale hanno consentito a Pari Pari Parkinson di rubare ben 4 rimesse laterali.

Tutto questo nonostante la buona prestazione complessiva del giovane seconda linea Tupou Vaa’i, esordiente classe 2000 davvero interessante per il prossimo futuro. Grande fisico, grande atletismo ed entusiasmo: scriviamo il nome sul taccuino dei tenuti d’occhio.

Fra i Chiefs buona prestazione anche per il terza linea Lachlan Boshier con il numero 7. Per lui nove placcaggi e una presenza pestifera nel punto d’incontro, dove ha saputo ottenere più di un calcio di punizione. Il migliore degli ospiti però è senza dubbio stato Damian McKenzie, sembrato decisamente il giocatore con più talento sul campo. Sempre pericoloso in attacco, sia in prima persona che come secondo playmaker, ha costruito il sontuoso assist per la seconda meta dei suoi. Sbagliando la trasformazione ha lasciato i suoi a rincorrere, ma aveva anche rimediato: non c’è mancato poi molto perché fosse il suo, il drop di cui tutti parlano oggi.

Da parte Highlanders invece una prestazione corale più convincente, con il pacchetto di mischia in particolare rilievo. All’interno dei primi 8 uomini spiccano capitan Dixon, autore della prima meta ma soprattutto grande leadership e superba precisione al lancio, e il terza centro Marino Mikaele Tu’u, elusivo ed esplosivo.

Da rivedere: i due numeri 10. Mitchell Hunt non ha convinto, peccando di qualità e chiarezza delle intenzioni. Rimandato alle prossime giornate, visto che la sua selezione ad apertura è stata decisa all’ultimo causa infortunio. Kaleb Trask ha mostrato le sue buone qualità difensive, ma sul versante offensivo è mancata precisione, mandando spesso fuori ritmo la sua linea arretrata.

Lorenzo Calamai

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