La prima tappa di un percorso che ha regalato grandi soddisfazioni
Lo scorso 8 febbraio, allo Stade Beaublanc di Limoges, nel cuore della Francia, l’Italia femminile, quinta squadra del Ranking Mondiale – guidata da Andrea Di Giandomenico – ,ha giocato, al cospetto di 8mila spettatori abbondanti, la partita più recente della sua ormai lunga storia, iniziata esattamente 35 anni fa – il 22 giugno 1985 -, lontana dai fasti attuali, ironia della sorte proprio contro la formazione transalpina, in una calda sera di inizio estate, allo stadio Nicoletti di Riccione, in un contesto decisamente diverso, eppure già frizzante.
“Non c’era il pienone, ma diversa gente prese posto sulle tribune. Sicuramente suscitammo almeno curiosità”, ricorda Isabella Doria, ragazza milanese, allora responsabile della neonata lega del rugby femminile all’interno della UISP (Unione italiana sport per tutti), federazione alla quale si affiliò il movimento in rosa, prima del riconoscimento ufficiale della FIR – che in quegli anni, un poco come succedeva in tutto il Mondo, non solo non appoggiava lo sport delle ragazze, ma persino diffidava i direttori di gara federali a dare il loro contributo arbitrando match – avvenuto solamente nel 1992.
Dopo che pochi mesi prima, ad inizio ’85, era andato in scena il primo campionato nazionale (si diede una strutturazione formale ed agonistica ad un movimento nato a fine anni ’70 per pura passione, dall’impegno di sorelle e fidanzate di giocatori), la Doria decise fosse giunto il momento di avere anche una selezione nazionale e, nel contesto di UISPORT, un evento trasversale della confederazione in quel di Riccione, colse la palla al balzo quando le proposero di organizzare il primo test match nella storia della nazionale femminile, invitando la Francia in riviera romagnola.
“Ci confrontammo con qualcosa che all’epoca era più grande di noi. La Francia – che tre anni prima giocò il primo test match a livello globale contro l’Olanda – aveva già esperienza ed un movimento più sviluppato. L’andamento della partita e l’esito finale, un sorprendente 0-0, così, furono decisamente soddisfacenti”, spiega Doria, nel corso della prima puntata dei FIRTalks dedicati alla storia del movimento femminile.
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Dietro un simile successo, però, ci fu un grande lavoro, almeno per quelle che erano le possibilità dell’epoca. “Preparammo la partita con una serie di raduni – a Treviso -, dal venerdì alla domenica, nelle settimane precedenti l’incontro. Questa serie di trasferte mi costò qualche piccolo patema a scuola. Fu l’unica volta che venni rimandata, ma il gioco valse decisamente la candela (sorride, ndr)”, svela a OnRugby una raggiante Maria Cristina Tonna, oggi coordinatrice del settore femminile federale, all’epoca giovanissima terza linea azzurra.
“Non avevo nemmeno 16 anni, e nonostante si dice che da giovani si sia incoscienti, avevo tanta paura. Una sensazione che, tuttavia, con l’ingresso nello spogliatoio, svanì istantaneamente. La mia maglia, la numero 8, era attaccata all’appendiabiti. Le mie compagne mi strinsero forte e Mariano Ganga, l’allenatore, mi disse: vai in campo e dai tutto quello che hai. Alla fine del match ci schierammo per il corridoio, svenni, stremata dalla fatica, vinta solo dalla stanchezza. Quando riaprii gli occhi il coach era lì: Brava, mi disse, hai fatto quello che ti avevo chiesto!”, ricorda Tonna, caratterizzando le caratteristiche di quella inedita compagine italiana.
Uno spirito che Mariano Ganga, allenatore di quella pionieristica selezione nazionale, seppe trasmettere a tutto il gruppo, così eterogeneo (in campo scesero 8 ragazze del Benetton Treviso, 3 del Vicenza, 2 della Ceccherelli Roma, 1 a testa per Trieste e Rugby Rho. In panchina 3 del Benetton Treviso, 1 della Ceccherelli Roma e 1 del Rugby Rho) eppure così unito, che si era cementato nel corso dei ritiri nella Marca, nel mese precedente.
“Dopo quelle settimane, per caratterizzare il contesto super amichevole e conviviale, posso dire che anche le ragazze di Roma, ormai, avevano imparato il dialetto veneto”, racconta entusiasta Antonella Rossetti, terza linea del Benetton Treviso, e promotrice in prima persona dell’affiliazione UISP del movimento (“Andai a Venezia nella sede dell’associazione a lavorare sul nostro sbarco lì”). “Ci si incontrava raramente, eppure condividevamo allo stesso modo una straordinaria voglia di giocare questo sport e divertirci. Eravamo consapevoli di aver dato luce a qualcosa di bello. Però ci tengo a sottolineare che tutto quello che sta succedendo oggi, ha a che fare con il lavoro del presente. Non è necessariamente un nostro merito”, prosegue Rossetti, rimembrando, focalizzandosi sul pre partita, l’emozione nel vedere le magliette bianche della Adidas, fornite dalla federazione, con cui avrebbero giocato. “Quando le vedemmo, ci fu grande commozione. Fu una scarica d’adrenalina in vista di una partita durissima”.
La partita
Se la ricorda bene quella partita, Mariano Manga – ex giocatore del Benetton Rugby -, allenatore di quel team – coadiuvato solamente da 4 persone a 360 gradi, in linea con quelli che erano gli staff rustici dell’epoca -, entrato nel mondo del femminile (all’epoca ancora piuttosto osteggiato da una parte importante dei colleghi maschi) proprio dalla porta apertasi sul movimento in rosa al team trevigiano, non senza qualche sfottò (“Ma cosa stai facendo??”) dei compagni di squadra.
“Con il Benetton avevamo già affrontato delle selezioni francesi, talvolta ottenendo dei buonissimi risultati. Eravamo fiduciosi, soprattutto dopo il mese abbondante di lavoro nei vari raduni trevigiani. Ci eravamo resi conto di avere una squadra di per sé con singoli di grande valore, che si erano compattati in modo straordinario, con il fine ultimo del fare bene collettivamente. Le francesi ci erano superiori. Avevano delle folate d’attacco molto incisive, perché muovevano alla grande il pallone, ma pian piano, nel corso del match, fecero l’errore di metterla sul piano fisico, invece che su quello tecnico, e grazie alla nostra dedizione riuscimmo a difendere tutto, fino all’ultimo secondo”, rimembra con grande felicità Ganga, nella seconda puntata dei FIRTalks dedicati alla storia del movimento in rosa italiano. Uno sforzo immane, a tal punto che sia Rossetti che Tonna hanno ricordi vaghi, quasi nulli, del post partita e del terzo tempo, del resto sono ben altre le cose rimaste impresse nell’immaginario collettivo dopo quella storica ed indimenticabile serata emiliana.
Il lascito di quell’Italia v Francia 0-0
Dopo le fondamenta messe nel ’78, con la nascita delle prime squadre in giro per l’Italia, lo 0-0 di Riccione fu il primo mattoncino azzurro (passando poi per il primo Mondiale nel ’91, il riconoscimento FIR nel ’92 e lo sbarco nel Sei Nazioni nel ’07, sino alla partecipazione al Mondiale ’17 ed il brillante secondo posto al Sei Nazioni 2019), nella costruzione di una casa, che seppur ancora oltremodo migliorabile, oggi ospita un movimento vero e proprio, ancora alla ricerca della strada migliore verso il futuro, ma certamente con un’identità forte e chiara.
“La cosa che mi rende veramente contenta, nonostante le innumerevoli difficoltà – sia a livello pratico che culturale – che ancora oggi permangono attorno all’ambiente rosa, è il fatto che, grazie a 30 anni abbondanti di lavoro, da parte di tantissime persone che hanno a cuore questo movimento, le ragazze attuali possano approcciarsi al rugby, più o meno come farebbero con tutti gli altri sport, senza dover affrontare quel carico fastidioso di sospetti, illazioni e scherno. Oggi, per fortuna, le atlete possono concentrarsi sulle partite da giocare in campo, più che su quelle da combattere fuori. Spero che diano uno sguardo, una lettura alla storia, e non diano mai nulla per scontato. Inoltre, per fortuna, siamo sempre meno schiavi del confronto con i maschi. Con il tempo si sta comprendendo come inevitabilmente, il rugby maschile e quello femminile siano due spettacoli diversi. Né migliori, né peggiori l’un dell’altro, ma diversi”, chiosa ai nostri microfoni Maria Cristina Tonna, augurando a tutto il rugby in rosa di ritrovarsi, tra 35 anni, in una casa ancor più confortevole ed accogliente.
La formazione della prima uscita dell’Italia femminile – Italia v Francia 0-0, Riccione 22/6/’85
1 Faliva (Ceccherelli Roma)
2 Bolcato (Vicenza)
3 Breda (Benetton Treviso)
4 Appiani (Rugby Rho)
5 Scomparin (Benetton Treviso)
6 Rossetti (Benetton Treviso)
7 Palla Maf. (Benetton Treviso)
8 Tonna (Ceccherelli Roma)
9 Palla Man. (Benetton Treviso)
10 Ghirardini Mar. (Vicenza)
11 Berlato (Vicenza)
12 Collodo (Benetton Treviso)
13 Medschev (Trieste)
14 Nave (Benetton Treviso)
15 Moscon (Benetton Treviso)
A disposizione:
16 Fabbris (Benetton Treviso)
17 Corbanese (Benetton Treviso)
18 Lolli (Ceccherelli Roma)
19 Zanatta (Benetton Treviso)
20 Marchi (Rugby Rho)
21 Rossetti
All.: Mariano Ganga
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