L’ex Springboks, recentemente squalificato per doping, si è espresso su un tema delicato, sulle colonne di Rapport
Recentemente squalificato per otto anni – anche se potrà ricorrere in appello – per l’assunzione di sostanze dopanti, l’ex tallonatore degli Springboks Mahlatse “Chiliboy” Ralepelle ha parlato al giornale sudafricano Rapport del suo punto di vista sulla differenza di pressioni che ci sono tra i giocatori bianchi e quelli di colore nel sistema sudafricano, sottolineando come le cose siano decisamente più complesse per quest’ultimi.
“Tutto inizia quando il giocatore deve spostarsi dalla campagna per entrare in una grande scuola. Questo passaggio richiede già adeguamento, figurarsi poi quando gli atleti vengono selezionati per team ancora più grandi, e lì la pressione lievita. Se un ragazzo non è preparato a questo, e non si tiene conto del suo passato, questa cosa potrebbe avere l’impatto di una bomba atomica su di lui”, spiega Ralepelle, che trae poi delle conclusioni nette e forti.
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‘Il sistema (del rugby in Sudafrica), da questo punto di vista, ha fallito con i giocatori neri. La trasformazione di questo sistema ha fallito. Se vogliamo cambiare questa situazione, il sistema deve cambiare”. Cosa fare? Secondo l’ex giocatore internazionale – dodici anni con il numero 2 del Sudafrica sulla schiena – bisogna guardare agli USA, ed al loro sistema scolastico.
“Un ragazzo deve andare in Università e prepararsi per la vita, possibilmente assicurandosi una laurea e giocando per il team dell’ateneo. Non è affatto il massimo, ad una certa età, essere contrattualizzato da squadre esterne alla scuola. Si tratta di un qualcosa che porta sul ragazzo – che deve performare al meglio per un club – pressioni pesanti”.
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