Il pilone ex-Petrarca Padova deve chiudere la sua carriera per via di problemi fisici. “Era giusto fermarsi ora”
Il mondo del rugby perde Jody Rossetto, talentuoso pilone di 25 anni che deve chiudere in anticipo la sua carriera per via di problemi alla schiena. Una scelta difficile ma presa con grande coraggio e coscienza, per un ragazzo che a 23 anni vinceva lo Scudetto col Petrarca Padova partendo da titolare, ma nelle ultime due stagioni è stato spesso rallentato da dolori e problemi fisici che lo hanno portato a chiudere la sua avventura con la maglia tutta nera.
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Trevigiano di Susegana, Rossetto ha scoperto relativamente tardi il rugby, iniziando a 16 anni, ma con un fisico assolutamente imponente (190 centimetri per 136 chili) ha fatto presto girare parecchie teste. Presto inserito nell’Accademia “Ivan Francescato” è stato ingaggiato nel 2015 dal Petrarca, squadra con la quale ha debuttato nel Top12 e si è confermato un giocatore dalle enormi potenzialità. Tre stagioni a tutta, con la ciliegina sulla torta dello Scudetto 2018 conquistato battendo Calvisano 19 a 11, poi da fine 2018 sono iniziati i problemi. Prima una lussatura della spalla, poi al rientro nel febbraio 2019 una nuova lussazione. Pochi mesi dopo è stato operato chirurgicamente, ma l’insorgere di nuovi dolori alla schiena (con una sorta di scivolamento delle vertebre, problemi alla gambe, e non solo) lo ha tenuto lontano dal campo. La pandemia ha poi ritardato la nuova operazione, e il tempo senza rugby ha fatto riflettere Rossetto, che ha deciso di smettere di essere un giocatore di alto livello.
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«Ho deciso che non potevo continuare così. Il problema sarebbe arrivato a 40 anni, magari. Ma devo pensare al mio futuro e per me era giusto smettere adesso», ha raccontato Jody Rossetto al Mattino di Padova, aggiungendo: «Dalle mie parti qualche occasione di lavoro si trova, ho varie idee. Mi piace stare all’aria aperta, vedremo. Ho creduto tanto in questo club così speciale. Il Petrarca è casa mia, mi mancherà molto, ma tornerò presto in tribuna per tifare. Forse ora non sono tanto triste perché la squadra non si allena. Quando inizierà le emozioni saranno più forti. Però devo andare avanti e pensare al futuro senza rugby».
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