Alessandro Zanni: “Sentimenti contrastanti. Difficile dire addio al rugby. Erede? Direi Federico Ruzza”

L’icona azzurra e biancoverde ha giocato ieri l’ultima partita della carriera ieri a Monigo, vivendo emozioni uniche

Alessandro Zanni

Alessandro Zanni ph. Sebastiano Pessina

Non ce ne vogliano gli altri 45 giocatori in campo nella serata di ieri al Monigo, che con il derby celtico tra Benetton e Zebre ha segnato il ritorno del rugby in Italia, ma – in un contesto per certi versi surreale, con le porte chiuse ed una partita che per ovvi motivi ha stentato a decollare – il grande protagonista dell’evento è stato Alessandro Zanni, all’ultima uscita da giocatore di una carriera gloriosa (che ha raccontato nei dettagli in una lunga intervista recente proprio su OnRugby).

Omaggiato con l’ingresso solitario ad inizio match, ed applaudito al momento dell’uscita, dopo 50′ di grande qualità (poteva chiudere in modo diverso?), al termine della gara, in conferenza stampa, il terza linea friulano classe ’84 ha parlato per l’ultima volta da atleta, facendo fatica a contenere le emozioni.

“Difficile descrivere le emozioni all’uscita. Ho vissuto sentimenti contrastanti, un mix veramente complesso da condensare in un discorso, all’interno di parole. Non è stato facile capire che era ed è effettivamente stata l’ultima partita della mia carriera. Non è semplice abbandonare uno sport che è stato tuo per gli ultimi 25 anni. Che ti ha fedelmente accompagnato per tutta la tua vita. Dispiace non averlo fatto raggiungendo un risultato positivo assieme alla squadra, che era l’aspetto più importante”, ha esordito il fuoriclasse azzurro.

“Le emozioni vissute stasera resteranno per sempre dentro di me, così come quelle dell’ultima settimana, nel corso della quale, in avvicinamento al match, mi sono passate davanti mille volte tutte le cose fatte in carriera”, ha proseguito, quasi commosso, Alessandro Zanni, con la consueta umiltà, prima di affrontare alcune domande più “complesse”.

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Erede? “Difficile dare una risposta a questa domanda perché ogni giocatore ha delle caratteristiche sue, uniche, imparagonabili ad un altro. In questo gruppo che sta allestendo il Benetton rugby, direi molto valido, negli ultimi anni, ci sono tanti ottimi giocatori nel mio ruolo”.

“Se proprio dovessi sbilanciarmi, direi forse Federico Ruzza. Lui è ancora giovane, ma ha avuto una crescita importante negli ultimi anni, ed interpreta lo sport del rugby e la pratica del professionista ovale nel modo migliore possibile, dentro e fuori dal campo. Ha margini di miglioramento importanti, può imporsi al massimo livello anche sul palcoscenico internazionale. Qui a Treviso, però, abbiamo anche altri ragazzi con qualità, dal mio corregionale Marco Lazzaroni, che è salito di colpi ogni anno da quando è arrivato in Ghirada, ed è ormai un atleta maturo, ad un giovanissimo come Niccolò Cannone, che deve continuare a lavorare, ma ha doti importanti sia sotto il profilo tecnico che per quanto concerne quello atletico”.

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Rimpianti? “Leggevo un’intervista di un vecchio atleta che non ne ha avuti. Si vede che ha preteso troppo poco da se stesso, o non ha analizzato lucidamente la sua avventura professionale. Ne porterò con me diversi, perché ricordo tante partite in cui il risultato ci è sfuggito di un soffio. Rimangano lì, amare, difficili da digerire. Non è giusto, secondo me, dire di aver dato il massimo, quando si è perso di un’incollatura. Vorrei che certe situazioni fossero andate diversamente”

Il dolce in coda. Momenti particolarmente positivi? “Quando finisci ti porti dietro entrambi i tipi di situazione. Ed entrambe, positive e negative, hanno il potere di farti crescere, di farti maturare. Di cose belle me ne ricordo parecchie. Dalle due vittorie al Sei Nazioni con la Francia, nel 2011 e nel 2013, punti importanti di crescita per un’intera generazione ovale, al centesimo cap, all”Olimpico contro l’Inghilterra, al rientro dopo quasi due anni ed una serie di infortuni che iniziavano a farmi dubitare su un mio ritorno a certi livelli. L’ingresso solitario, quel giorno, e tutto ciò che ha comportato in termini di emozioni, mi ha lasciato il segno e mi ha fatto capire quanto sia sta importante per me quella maglia azzurra”.

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