Alcuni giocatori sono emersi dalle difficoltà diffuse sul campo di Monigo
La ruggine per i lunghi, lunghissimi mesi di stop – con le squadre che atleticamente hanno perso smalto già nella seconda metà del primo tempo -, l’adattamento non banale alle nuove direttive regolamentari e la tensione che da sempre pervade i due team nel corso dei derby celtici si sono rivelati tre ingredienti in grado di rendere la ricetta finale di Benetton v Zebre, venerdì sera a Monigo, non indimenticabile per il palato ovale degli spettatori.
Ci sarà comunque modo di affinare standard atletici e qualità delle esecuzioni, nonché di ritrovare decisamente più feeling con campo e pallone sotto pressione, con la partita di domenica al Lanfranchi che potrebbe già restituire un’immagine decisamente più gradevole del derby.
Dalle difficoltà generali, tuttavia, sono emersi con forza alcuni profili che hanno lasciato il segno sul match (Benetton Zebre) in terra veneta.
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Fronte Benetton
L’estremo azzurro classe ’87, presentatosi con un nuovo look piuttosto appariscente, si è fatto notare anche e soprattutto sul campo, dove è parso, sin dalle prime battute, tra i giocatori più in palla della serata. Del resto, con situazioni di gioco rotto che – ad un certo punto della sfida – sono diventate la normalità della gara, l’ex Hurricanes ha messo sul piatto la consueta capacità di navigare con costrutto tra gli spazi larghi e fare la differenza in tale contesto.
5 difensori battuti, e 61 metri percorsi palla in mano in 7 cariche tracciano i contorni della sua partita, ma non rendono del tutto l’idea sulla pericolosità costante in attacco della sua figura.
Nonostante avesse gli occhi di tutti puntati addosso, e conseguente pressione, l’apertura classe ’00 ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per stare già oggi a questo livello, sia in attacco, dove ha gestito il gioco leonino con ordine e sicurezza, regalando un paio di lampi, che in difesa, per tutti gli 80′.
“Ha giocato un buona gara: ha controllato molto bene il gioco, ha usato con sapienza e perizia il piede e non si è mai fatto battere difensivamente dall’avversario. Può salire ulteriormente di colpi, ma deve essere orgoglioso della sua prestazione. Spero che nelle prossime partite ci sia una performance collettiva migliore, che possa aiutarlo a gestire ancora meglio il match”, ha detto di lui coach Kieran Crowley a fine partita, elogiandone la prestazione.
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Fronte Zebre
Johan Meyer
Gran lavoro in terza linea per il flanker azzurro classe ’93, che nell’ora in cui è stato impiegato ha fatto sentire tutto il suo prezioso e consueto apporto sia in attacco, dove ha portato avanti diversi palloni (9 carries per 50 metri corsi), riuscendo spesso a prendere la linea del vantaggio, che in difesa, dove ha sbagliato nulla in termini di posizionamento ed efficacia al placcaggio, Ciliegina sulla torta anche il gran lavoro in touche, dove ha forzato un paio di rubate.
Era l’osservato speciale della difesa leonina, ma l’apertura zebrata si è destreggiata con perizia, distribuendo con buona varietà – alla luce del contesto – il gioco d’attacco multicolor e creando in prima persona un paio di clean breaks in grado di far saltare il sistema difensivo avversario.
Una prova molto positiva, quella bel beneventano, macchiata da un gioco al piede rivedibile e da un apporto difensivo buono, ma meno irreprensibile di quello visto in tempi recenti, anche in maglia azzurra, con un paio di placcaggi di troppo mancati.
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