Gianmarco Lucchesi, dalla Terra alla Luna: “Devi solo fare quello che ti piace: giocare a rugby”

In sei mesi il tallonatore livornese è passato dalla Serie A al Pro14 e alla convocazione in Nazionale

Gianmarco Lucchesi placca Carlo Canna

Gianmarco Lucchesi placca Carlo Canna – ph. Massimiliano Carnabuci

Il 26 gennaio 2020 Gianmarco Lucchesi era in campo a Milano, dove l’Accademia Ivan Francescato portava a casa una vittoria meno semplice di quanto il risultato finale di 38 a 16 faccia immaginare contro l’ASR.

Per sua stessa ammissione, il 19enne tallonatore non poteva immaginare che quella sarebbe stata la sua ultima partita di Serie A: sarebbe tornato in campo a febbraio con la maglia della nazionale under 20, vittoriosa in Galles; poi la pandemia avrebbe spazzato via il resto della stagione, ma per una serie di congiunture che hanno abbinato merito e caso, l’ascesa di Lucchesi e di altri giocatori della promettente classe 2000 sarebbe continuata in maniera fulminea.

Contratto da permit player con il Benetton Rugby a giugno (ma era nell’aria già da aprile), invito al raduno della nazionale a luglio, convocazione con gli emergenti, convocazione vera e propria con la maggiore per i lavori di settembre in vista dei test di ottobre e novembre.

Tutto prima di compiere vent’anni, con il compleanno in arrivo nel giro di una settimana: una cosa un po’ folle come Astolfo che vola sulla Luna nell’Orlando Furioso.

Come sono state queste tue prime settimane al Benetton, un ambiente totalmente nuovo per te?

“All’inizio ero felice, ma anche teso, perché non sapevo bene cosa mi avrebbe aspettato. Poi invece è andato tutto molto bene, sia a livello di rapporti umani che di lavoro sul campo, nonostante il caldo e i tanti allenamenti. E’ stato un’inizio positivo, adesso la squadra tornerà a lavorare all’incirca a metà settembre. Chi sarà al raduno della nazionale del 4 settembre avrà qualche giorno di stop in seguito, e poi da metà mese ricominceremo a lavorare in vista della prossima stagione.”

Nell’ultima partita contro le Zebre uno dei fattori decisivi per la vittoria è stato il dominio in mischia chiusa. Avevate messo nel mirino quella fase di gioco?

“Già nella prima partita di Monigo, nonostante la prestazione non sia stata così positiva come a Parma, avevamo molta fiducia nella nostra mischia ordinata. Nella partita di ritorno sapevamo che avrebbe potuto essere determinante, e in più dopo il match di Treviso, nel quale non eravamo riusciti a dare quanto volevamo, era molto importante reagire prima di tutto lì davanti per dare un segnale forte e dimostrare che non siamo quelli che avevamo dimostrato di essere nella prima uscita.”

Obiettivi personali per il prossimo futuro? Come squadra avete parlato di obiettivi per la prossima stagione?

“Non abbiamo ancora parlato molto del prossimo anno, ma personalmente credo che l’obiettivo di una squadra come il Benetton debba essere quello di arrivare a fare i playoff e giocare per vincere sempre. Dal punto di vista individuale, il mio obiettivo in questo momento è fare il meglio possibile qui a Treviso e ritagliarmi uno spazio in squadra. Tutto quello che arriva in più sono opportunità che proverò a cogliere, ma che non posso prevedere adesso.”

Il tuo è stato un salto grande e abbastanza improvviso, passare in pochi mesi dalla Serie A al massimo livello italiano. 

“Non mi sarei mai aspettato di poter giocare queste due partite, né di ricevere una convocazione in Nazionale. Per me è un salto molto grande, che sono ovviamente felice di fare. Mi sono catapultato in un altro mondo, un altro livello: un’intensità fisica molto più esasperata, viene richiesta molta più precisione. E’ uno step molto alto rispetto a quello a cui ero abituato, ma si tratta comunque del livello a cui voglio partecipare: come in tutte le cose ho affrontato la sfida cercando di dare il meglio, di adattarmi il prima possibile anche se si è trattato di un passaggio brusco da un mondo all’altro, il cui impatto è forte. Ti trovi a giocare fianco a fianco con qualcuno che fino a due mesi prima guardavi in televisione, anche emotivamente non è semplice, è molto emozionante. Però una volta che ci sei devi semplicemente fare quello che ti piace: andare in campo e giocare a rugby.”

Venerdì 4 incomincerà il raduno della nazionale. Un po’ per tuo merito personale, un po’ per i diversi infortuni che ci sono stati, ti trovi in questo momento ad essere la seconda scelta a tallonatore in una situazione molto importante dove si prepareranno i test di ottobre e novembre. Raccontaci le impressioni di chi quell’ambiente l’ha conosciuto da poco: che clima si respira e quanto è diverso da quello della franchigia?

“Per quanto ho visto io nelle poche occasioni in cui ho partecipato, c’è una forte volontà di dare una svolta al periodo di digiuno dalle vittorie della Nazionale, di invertire il trend negativo di risultati. C’è voglia di dimostrare e voglia di diventare una squadra vincente. Un atteggiamento volto a dare sempre il massimo, di non trovare mai scuse né alibi, non dare mai niente per scontato. Ogni giorno è importante per costruire una squadra e una mentalità che portino alla vittoria. E in questo, sinceramente, ho ritrovato la stessa attitudine che ho incontrato in questi mesi al Benetton.”

A proposito di Benetton, qual è un compagno di squadra che ti ha particolarmente impressionato, avendo avuto l’opportunità di vederlo in ogni momento, da vicino, a Treviso?

“Rischio di essere scontato, ma per me una persona che è stata un esempio sia in campo che fuori è Alessandro Zanni. Per me è stata una lezione. Non posso dire di avere una conoscenza personale approfondita, sono a Treviso solo da due mesi e, in fondo, mi intimorisce quasi parlare con lui, per quanto lo possa ammirare. E’ una persona con una tale umiltà, testa, voglia di lavorare… mai conosciuta una persona così. E’ stato meglio di come me lo ero aspettato: un esempio veramente in tutto.”

Lorenzo Calamai

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