Abbiamo parlato con l’head coach azzurro, in apertura di stagione
A pochi giorni dalla conclusione del primo raduno stagionale, andato in scena a Parma dall’11 al 13 settembre scorso (il secondo è in programma dal 2 al 4 ottobre), abbiamo raggiunto Andrea Di Giandomenico, capo allenatore della selezione italiana femminile, attesa nei prossimi mesi dai recuperi del Sei Nazioni 2020 e dalle qualificazioni mondiali alla Rugby World Cup 2021, per approfondire diverse tematiche calde: dal mancato raduno estivo, alle modifiche al percorso di qualificazione, passando attraverso il futuro del movimento.
Di Giandomenico, come mai, nonostante grande spinta ed entusiasmo da parte delle ragazze per ritrovarsi già negli scorsi mesi, non è stato organizzato nemmeno un raduno estivo?
Quella di non organizzare un raduno estivo è stata una scelta condivisa da me. All’inizio c’erano tante situazioni legate alle regole in essere che ci avrebbero costretto ad un’attività limitata, che non avrebbe potuto permettere alle ragazze di lavorare sul campo come fatto invece a settembre. Anche alla luce di qualche loro richiesta, abbiamo preferito aspettare e ritrovarci per metterci all’opera in maniera più efficace. Poi, è vero che l’under 20 si è radunata in estate, ma sono un gruppo nuovo, quasi totalmente, la femminile ha un gruppo consolidato.
Il principio che ci ha guidato nella scelta, a torto o a ragione, è quella dell’ottimizzazione del lavoro, in termini di efficacia dei ritiri.
Come ha trovato le ragazze, di fatto ferme, o quasi, dallo scorso febbraio?
In raduno tutte le ragazze sono state di una disponibilità al lavoro eccellente, e sono arrivate in condizione – per quanto possibile -, anche grazie al lavoro dei club, che in questi mesi hanno portato avanti un ottimo programma di preparazione atletica, dimostrando grande professionalità.
Riusciranno ad arrivare in forma al Sei Nazioni – che è ormai dietro l’angolo -, oppure il focus è già sulle qualificazioni mondiali di dicembre, a prescindere?
Sicuramente, se mettiamo i due obiettivi sul piatto, il peso della bilancia pende nettamente sulle qualificazioni al mondiale. Le due sfide ottobrine rappresentano una grande opportunità di crescita sul percorso che ci porterà all’appuntamento di dicembre. Il periodo che stiamo vivendo, così particolare ed irripetibile, ponte tanti punti interrogativi sulla capacità del team di raggiungere in breve termine il livello richiesto dal rugby internazionale, ma è una situazione che condividiamo con tutte le compagini che lotteranno con noi per la Rugby World Cup 2021.
A proposito di Rugby World Cup, come avete preso la modifica penalizzante del percorso di qualificazione? Noi l’abbiamo trovato piuttosto sorprendente, in negativo…
Il principio alla base del nuovo format è quello delle pari opportunità per tutte le partecipanti. Certo, era già stato stabilito un percorso diverso negli scorsi mesi, per cui ci sono delle contraddizioni. C’è qualcosa che stride in questo cambiamento, ma purtroppo le singole federazioni non possono incidere su questo aspetto. La gestione del percorso è di pertinenza di Rugby Europe.
Certamente concordo, di fondo, con l’osservazione ed è chiaro che un round robin riequilibri maggiormente la contesa. Provando a guardare il lato positivo, tuttavia, alla luce di alcuni risultati recenti della Scozia, contro la Spagna, poi, possiamo anche riflettere sul fatto che sia meglio affrontare l’una o l’altra. Ad ogni modo, noi, come staff tecnico, non possiamo spendere energie su questo aspetto, bensì usarle per sviluppare il nostro gioco e portare l’attenzione delle ragazze su quello che va fatto in campo, nel modo migliore possibile.
Al raduno c’erano ben 4 invitate estremamente giovani. Vedremo nuovi volti già nel futuro prossimo?
I club stanno facendo un grande lavoro in generale – e sono contento possano avere finalmente un contesto agonistico dal prossimo 18 ottobre, a riconoscimento del grande sforzo profuso -, soprattutto con le ragazze giovani, il tutto corroborato dal progetto area under 18. Si è formato così un numero importante di giovani di qualità. Condividendo i nominativi, tra tecnici di area e consigli dei tecnici del club, abbiamo identificato questi 4 nomi (Alyssa D’Incà, trequarti del Villorba, Sofia Rolfi, trequarti rientrata in Italia in questi mesi, a Colorno, Gaia Maris del Valsugana e Giada Corradini, avanti del Colorno) da visionare nei quattro giorni di Parma. Durante il raduno sono state all’altezza dei compiti richiesti, comportamenti adeguati dentro e fuori dal campo. A dimostrazione che, sin dalla giovanissima età, ormai, abbiamo a che fare sempre di più con atlete centrate sull’obiettivo del rugby internazionale. Più ragazze di questo livello e con questa attitudine riusciamo a coinvolgere, nei prossimi mesi e nei prossimi anni, più saremo in grado di consolidare il livello raggiunto.
Probabilmente, il Sei Nazioni 2021, a prescindere da come andranno questi mesi, potrebbe rappresentare una vetrina importante per diverse atlete.
Come mai con una nidiata di ragazze classi ’01 e ’02 di questo livello (Vittoria Ostuni Minuzzi e Francesca Sgorbini hanno già debuttato in seniores) non è stata organizzata una squadra per l’europeo U18 7s nel 2019? Nel 2018, le azzurrine giunsero quarte, pur essendo le leader tecniche del gruppo di età inferiore alle avversarie…
Il torneo non rientrava nella nostra programmazione per la scorsa stagione. Gli investimenti più efficaci da fare sono stati ritenuti altri, tra cui il progetto di area under 18.
Peccato alla luce delle potenzialità della squadra, tale gruppo avrebbe potuto portare l’Italia ad un bel traguardo, generando entusiasmo…
Nel momento in cui una struttura pensa ai progetti più efficaci per uno sviluppo consistente del lavoro, sceglie di andare in una determinata direzione, giusta o sbagliata che sia. Sul momento, chi ha la responsabilità di gestire risorse, che non sono infinite, decide quali siano le più efficaci, e qualcosa ovviamente resta fuori.
La presenza di queste giocatrici nel raduno credo, però, si possa catalogare allo stesso modo, sotto la voce risultati. Non porti a casa una medaglia, ma, per il movimento, le presenze di tante giovanissime nel gruppo seniores hanno grande valore.
Si è presa una scelta, sul dove e come indirizzare le risorse, per una consistenza nel tempo.
Alcune di queste, assieme ad altre veterane, sono partite per la Francia, rimpolpando il plotone che milita nel torneo transalpino. Come le monitorate?
Ovviamente la scelta nostra, per questi raduni iniziali, è quella di lasciarle in Francia, visto che stanno giocando, ed è importante che accumulino minuti sulle gambe. E tutto sommato, meglio evitare anche spostamenti di troppo in questo periodo. Ad ogni modo, la domenica parliamo direttamente con loro, e poi abbiamo accesso a numeri, video delle partite ed alcuni video specifici sulle singole, con tagli individuali, per avere una visione il più possibile chiara su come stiano lavorando.
Nell’ultimo periodo è migliorato il rapporto con i club?
I contatti con i club delle giocatrici nella sfera della prima squadra ci sono, anche se siamo consapevoli che si può fare di più, che si può fare meglio. Non ne farei comunque una questione legata esclusivamente alla mia persona. Non è che se non si parla direttamente con un vertice, non si stia parlando con nessuno. Importante è che ci sia la fiducia tra i vari livelli che lavorano nella struttura, dove nessuno è più, o meno, importante di un altro.
In più, c’è uno stretto rapporto costante con le allenatrici d’area, che di fatto con il loro vanno a creare un legame tra giovanili e seniores.
In futuro, si potrà lavorare di più?
Ci sta ragionando sia la federazione italiana sia World Rugby, che sta ragionando sulla possibilità di sviluppare, dopo la Coppa del Mondo 2021, un nuovo calendario internazionale più capillare ed armonico per le ragazze. Credo ci possano essere nuovi e interessanti scenari.
Di Matteo Viscardi
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