Beach Rubgy: l’estate va in soffitta, ma la variante da spiaggia può svoltare il futuro ovale anche italiano

Nicola Bezzati, head coach della selezione femminile, ci ha svelato tutti i segreti dietro al successo della disciplina

beach rugby

ph. Sebastiano Pessina

Il rugby più chic ed attraente dell’estate si gioca sulla spiaggia, nelle arene infuocate del Beach Rugby, la nuova frontiera con vista olimpica di Ovalia. Tra palme ed ombrelloni, aperitivi e tuffi da qualche scogliera sulle riviere del Belpaese, nel periodo estivo – non intaccando dunque il percorso classico degli atleti durante i mesi del campionato con i club sull’erba -, la disciplina ovale “balneare” vanta una miscela unica di caratteristiche, che la rendono così un’attività seducente, in grado di conquistare tutti, dai grandi ai piccini, dagli appassionati ai neofiti, dai giocatori di alto profilo ai principianti. Un volano straordinario per incrementare numeri del movimento – da un paio d’anni la nazionale è sotto l’egida FIR – ed interesse rugbistico, forse soprattutto in luoghi lontani dalle lande tradizionalmente ovale, o con carenza di strutture in grado di ospitare squadre a XV o 7s.

Anche perché “l’Italia ha quasi 8000 km di costa, distribuiti sulla maggior parte delle regioni, da nord a sud, con spiagge quasi interamente in sabbia, ed un campionato nazionale che, proprio sfruttando la geografia del paese, ne copre la gran parte con le sue tappe”, ci racconta Nicola Bezzati, dallo scorso anno capo allenatore della nazionale italiana femminile beach, descrivendoci le potenzialità attrattive – essendo proponibile, di fatto, in ogni luogo di villeggiature, con la gente in vacanza e molto tempo a disposizione – e logistiche di questa variante ovale, in grado di insinuarsi ad ogni latitudine, permettendo alla passione per l’ovale di andare oltre i suddetti limiti strutturali.

“Posso portare l’esempio del Salento, dove con Fabio Manta, il collega delle maschile, siamo stati recentemente per seguire, in qualità di tecnici della selezione nazionale, un bell’evento – esperienza ripetuta anche a Marotta, a fine estate – che ha portato sul campo, seguendo attentamente tutte le direttive anti covid, tanti ragazzi e ragazze pugliesi, e non solo – alcuni dei quali con potenziale notevole anche in ottica XV -, desiderosi di testare il loro livello in un contesto per qualcuno inedito come quello della spiaggia. Ecco, lì abbiamo trovato tanta gente appassionata, con volontà, energie ed approccio professionale per costruire un bel progetto ovale. Gente che ha messo in piedi qualcosa di bello ed utile, che faticherebbe ad istituire una società, o anche solo un team a XV, per svariate motivazioni, ma che così può dare un apporto notevole al nostro movimento”.

Ma quali sono gli ingredienti principali che rendono la ricetta del beach rugby gustosa per ogni palato? A divertimento, gioia e relax, duttilità (le due squadre possono avere dai 3 ai 7 giocatori, le partite sono rapide e con grande ritmo) ed accessibilità (si gioca su ogni spiaggia, basta che ci sia lo spazio per un campo – senza la “H” per le trasformazioni – da 30/50m X 20/35 m, con aree di meta lunghe 3 ai 7 metri), di cui abbiamo parlato, va aggiunto un altro aspetto fondamentale, sottolineando come questa disciplina sia di straordinaria propedeuticità tecnica al gioco su erba, con numerose e variegate skills, cesellate e levigate dalla pratica “balneare”, riproponibili con qualità maggiore, l’anno successivo, su erba.

Leggi anche: Italia, il calendario completo dell’autunno internazionale per gli azzurri del rugby

Il beach rugby presenta infatti dinamiche tecniche ed atletiche estremamente interessanti, con cui confrontarsi in maniera cruda, diretta, che espongono i limiti dell’atleta, costringendolo a lavorarci

“Tanti sono gli spunti tecnici di grande rilievo. Su tutti la necessità di lavorare, con la massima qualità possibile sulla continuità diretta, dentro e oltre la difesa. Grandissima importanza la riveste anche il decision making, soprattutto nello spazio ridotto e sotto la fatica indotta da caldo e sabbia. Senza dimenticare quanto conti, ancor più con il pallone di misura 4, la perizia nell’handling. Saper giocare ottimamente un ovale sporco di sabbia, che graffia, lavorando anche ad una mano, è determinante”, dettaglia Bezzati, che ci chiarisce come il beach possa essere utile, in ottica XV, su entrambi i lati del campo.

“Per quanto concerne la difesa, invece, è fondamentale sviluppare la capacità di interpretare rapidamente il placcaggio, basso o alto, a seconda della situazione che si presenta. Se vai basso, non devi far avanzare l’avversario di un centimetro. Se lo fai indietreggiando, è un problema. Se, poi, l’uno contro uno lo sbagli del tutto, è finita. Nel beach, se un attaccante trova un intervallo corretto, diventa difficilissimo da recuperare, anche per quelle che sono le particolare dinamiche a terra. Non hai margini di errore”.

Forgiare il fisico

“Abbassando il tuo baricentro dai 3 ai 5 cm, affondando i piedi nella spiaggia – che a differenza di qualsiasi altro fondo su cui si possa non correre, non crea rimbalzo -, per essere efficace devi riuscire a rialzare il piede con forza e velocità, recuperando lo step motorio. Questo lavoro fisico è legato ad rapidità di appoggio e reazione del piede di buon livello. Se vuoi essere all’altezza della competizione, sul palcoscenico internazionale, devi essere performante sotto questo profilo. L’appoggio non ha una risposta, te la devi cercare tu a livello muscolare ed articolare. E’ una sfida stimolante”, prosegue Bezzati, prima di rimarcarne un altro aspetto assolutamente da non sottovalutare.

“Questo è uno sport di contatto vero e proprio, con una caratteristica unica: si gioca sempre sotto il rovente sole estivo. L’impatto fisico, a 34 gradi, è un tipo di sforzo molto impegnativo. Uno di quelli che va allenato al meglio, settimana dopo settimana”.

Faticoso, ma non pericoloso

“Non avendo nulla che ti frena sotto i piedi, si tratta di uno sport poco pericoloso”, sottolinea Bezzati, che, nonostante l’annata agonistica bloccata dal covid, non ha minimamente perso il focus sui prossimi obiettivi, con l’europeo russo del 2021 che si staglia all’orizzonte, con l’obiettivo di portare l’Italia sul torneo d’Europa.

Selezioni Nazionali

Al primo europeo sotto la guida del tecnico delle Valsugirls, lo scorso anno, le azzurre hanno chiuso al secondo posto, dietro le padrone di casa della Russia, al termine di una finale tiratissima. Il target per la prossima estate, senza giri di parole, è quello continuare ad allargare la base dei possibili pretendenti azzurri, con alcuni raduni d'”area”, distribuiti su tutta Italia, e di prendersi la corona continentale, finalizzando un lavoro triennale.

“Un poco come nei 7s, nel beach si respira un’aria diversa. Il contesto sportivo differente, legato alla spiaggia, e prettamente estivo, fa sì che ci sia un’attitudine eccezionale diffusa nel gruppo di lavoro. Quando mi è stato chiesto di prendere questo incarico, ho accettato con grande entusiasmo, che, peraltro, è andato aumentando esperienza beach dopo esperienza beach, sia per i grandi tornei con i super atleti della nazionale, sia perché ho scoperto un mondo ovale vivo, lontano dai soliti palcoscenici glitterati, fatto di super appassionati in grado di restituirti energia e feedback unici, anche solo per un allenamento di qualità condiviso, come successo nel suddetto appuntamento in Salento o nelle Marche. Questo percorso professionale – iniziato e sospinto anche dal super sostegno di Zeno Zanandrea, membro del board di Rugby Europe -, mi sta conquistando sempre di più e mi auguro possa presto portare me e le ragazze – e perché no, pure i ragazzi di Fabio Manta, super competitivi (terzi lo scorso anno, ndr) – anche alla conquista del titolo europeo”.

Vuoi mettere se la variante ovale più chic dell’estate diventasse pure vincente in salsa azzurra? L’estate è finita, proprio oggi, e la disciplina va in soffitta per un po’, ma la sua ascesa è ancora ben lontana dall’intrigante culmine potenziale.

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