L’Australia è riuscita a tenere il bandolo della matassa, costringendo gli avversari fuori dalla propria zona punti
Un ritorno cinematografico, quello del rugby internazionale dell’emisfero sud, con un incontro pazzesco fra Nuova Zelanda e Australia conclusosi con un pirotecnico 16-16 e andato avanti per ben 88 minuti, con entrambe le squadre a inseguire la chimera della vittoria all’ultimo pallone sotto una pioggia sempre più torrenziale.
E’ finita invece con un pareggio, deciso dalle mete di Jordie Barrett e Aaron Smith per i padroni di casa e di Marika Koroibete e Filipo Daugunu per i Wallabies, che possono così vantare un risultato positivo alla prima uscita sotto il nuovo head coach Dave Rennie. E se Reece Hodge si fosse ammantato dei panni di novello John Eales agguantando i tre punti della vittoria a tempo scaduto, l’Australia avrebbe ottenuto la prima vittoria a Wellington degli ultimi 20 anni. Un palo ci si è messo di mezzo.
It is a game of millimetres.
?: @skysportnz #NZLvAUS #BledisloeCup pic.twitter.com/9S1zSo7Gqm
— All Blacks (@AllBlacks) October 11, 2020
Fare e disfare
L’incontro di domenica mattina fra Nuova Zelanda e Australia ha visto protagonista soprattutto la squadra ospite, che si è presentata sul campo della capitale neozelandese con l’intenzione di giocarsi la partita a viso aperto.
Un gioco rapido, fisico, incentrato sulla continuità, senza paura di prendersi dei rischi. Questo è quello che ha messo in campo l’Australia, mentre gli All Blacks, apparsi comunque squadra più solida, hanno atteso sornioni gli errori dei Wallabies per ribaltare la situazione.
Ha funzionato: dopo appena 8 minuti Jordie Barrett ha potuto colpire finalizzando un’azione bellissima dei suoi, iniziata però con un pallone recuperato. Nel finale di tempo, poi, una elaborata giocata in rimessa laterale in zona offensiva per l’Australia finiva con un pallone vagante che gli All Blacks sapevano tramutare in una meta dall’altra parte, se Rieko Ioane non avesse commesso il peccato capitale di farsi sfuggire l’ovale nell’atto di schiacciare.
Andare al riposo sul 13-3 avrebbe permesso un secondo tempo diverso, ma il succo dell’incontro rimane il medesimo: alla fine dei primi quaranta minuti la Nuova Zelanda aveva ottenuto il 50% dei propri possessi da un errore degli avversari.
Not much more needs to be said. @RugbyAUS has to cut out errors. pic.twitter.com/3su1z29GdI
— ʙʀᴇɴᴅᴏɴ sʜɪᴇʟᴅs (@rugbycology) October 11, 2020
Individualità
Il primo incontro di Bledisloe Cup è stato figlio di quanto visto nel corso dei mesi scorsi con il Super Rugby Aotearoa e il Super Rugby AU, le due edizioni annuali giocate in Nuova Zelanda e Australia, rispettivamente. I protagonisti sono stati gli stessi: da un James O’Connor che ha convinto con la maglia numero 10 a un Filipo Daugunu capace di essere cliente scomodo per chiunque.
Fra gli All Blacks Aaron Smith è sembrato uno dei giocatori più in palla, anch’egli facendo seguito ad una ottima stagione con gli Highlanders, mentre un’ottima partita l’ha giocata anche il capitano Sam Cane, nettamente salito di colpi rispetto alle apparizioni con i Chiefs. Il numero 7 ha finito al partita segnato, dopo una fiera battaglia al breakdown dove si è fatto riconoscere per la fiera che è, combattendo contro il suo omologo avversario, la sua nemesi del giorno Michael Hooper. A chi sosteneva che il primus inter pares dei Wallabies fosse afflitto da un chilometraggio già esagerato a 28 anni, ha risposto con una prestazione di superba qualità nella sua centesima presenza, il più giovane australiano a raggiungere tale traguardo.
Un altro giocatore apparso in grande spolvero è stato il mediano di mischia Nic White. Tenuto in bacino di carenaggio dai Brumbies durante il Super Rugby, l’ex Exeter Chiefs ha sfoderato una prestazione spumeggiante e incontenibile, non senza errori e con qualche giocata sopra le righe, ma infine con più luci che ombre e con una vitalità impressionante. Con la prestazione di oggi dovrebbe aver messo in chiaro le gerarchie per la maglia numero 9 dei Wallabies, nel caso ci fossero stati dei dubbi.
Fra una settimana
Il bello è che queste due squadre torneranno ad affrontarsi fra sette giorni, offrendoci nuovamente il carico di spettacolo dimostrato domenica.
Ci sarà magari qualche cambiamento nelle formazioni iniziali, anche se saranno prevedibilmente marginali, visto che entrambe le squadre sono all’inizio di un ciclo e cercano una qual certa continuità.
L’Australia potrà riprovare a battere gli All Blacks, anche se oramai la maledizione della vittoria in terra neozelandese è rimasta intatta. La ricetta per riuscirci sarà la stessa: tenere gli avversari lontani dalla zona punti. Durante il primo incontro i tuttineri hanno avviato solo 15 attacchi nella metà campo avversaria, poco più del 30% del totale, e solo 4 dall’interno dei 22 metri.
In un modo o nell’altro, non senza un briciolo di fortuna su alcuni episodi (leggi Ioane che si divora 7 punti e lo sfortunato turnover di McKenzie che si tramuta nella meta di Daugunu), l’Australia è rimasta attaccata a questa partita e ha rischiato anche di vincerla.
Qualcuno lamenterà l’assenza di lucidità di entrambe le formazioni, ma in particolare degli ospiti, nel non pensare al drop per chiudere l’incontro.
Drop goal ??♂️ pic.twitter.com/sowXwqXAMD
— Quade Cooper (@QuadeCooper) October 11, 2020
Tuttavia, fra sette giorni, tutto questo potrebbe non bastare all’Australia. Gli All Blacks sono comunque sembrati la squadra più vicina a scrollarsi di dosso la ruggine, dare un giro di vite e riuscire a funzionare in maniera più efficace di quanto fatto oggi. Rimangono la squadra favorita anche per la seconda gara.
Ma questi Wallabies sono una buona notizia per gli spettatori di tutto il mondo.
Lorenzo Calamai
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