La storia dei Cavaliers, vigili del fuoco tre volte campioni del Mondo

Tra spirito speciale, grandi campioni e futuro luminoso

Cavaliers

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C’è una squadra, nel panorama ovale italiano, che normalmente combatte il fuoco, spegne roghi e salva vite dalle fiamme. Eppure, quando scende su un campo da rugby – dal lontano ottobre 1998 – arde costantemente di energia e passione, oltre che di qualità ovale, tanto da essersi costruita, nel corso dei lustri un palmares eccezionale: tre volte vincitrice di un titolo mondiale (2005 in Canada, 2010 in Corea e 2019 in Cina), con a corredo miriadi di altre medaglie e riconoscimenti.

Lo ha fatto (ardere di passione ovale, e vitale, come non mai) anche quest’estate, lontano dai grandi appuntamenti, ma lanciando un grande segnale di ripartenza dell’attività rugbistica, nel pieno rispetto delle disposizioni governative – in quel di Lignano Sabbiadoro, per una settimana emozionante e proficua (i cui momenti migliori sono stati ripresi dalle telecamere di Icarus, magazine di Sky, con un servizio disponibile sull’on demand della piattaforma satellitare, e ricorrente in questi giorni, sui canali 201, 204 e 205), con un grande lavoro nel cesellare il nuovo gruppo, in vista dei prossimi impegni (il Mondiale di Rotterdam, in primis, nel ’22 e quello di Winnipeg nel ’23), e ritrovare automatismi fisici e mentali tipici dell’allenamento.

Ma di che compagine si tratta?

Stiamo parlando ovviamente della selezione italiana dei Pompieri, nata 22 anni or sono da una “folle intuizione” – per ammissione degli stessi fautori della prospettiva – del ferrarese Dario Cavaliere e del cagliaritano Viviano Matta, vigili del fuoco in forze al comando di Bologna, con un grande sogno: quello della partecipazione ai World Police & Fire Games (i mondiali di categoria) di Stoccolma 1999, in Svezia.

L’idea di questa squadra di rugby a 7 – con passaggi di grande valore anche nel XV come le due vittorie (di cui una a Cardiff) nel “Tri Nations” per Vigili del Fuoco con Francia e Lions Britannici, e quelle contro nazionali maggiori di nazioni in Coppa Europa di fascia B -, all’epoca ancora ben lontano dalla spinta e dalla popolarità derivante dal palcoscenico olimpico, convince l’allora Comandante dei Vigili del Fuoco di Ferrara Ing. Mario Sarno, che – come racconta lo stesso Cavaliere su facebook – sposa la causa, con il team che trova il proprio spazio, nonché la propria casa sotto le 4 torri del castello estense, ed anche collaborazione da parte della FIR, alla quale si affilierà nel 2006 – in qualità di ‘Superclub’ 7s.

Arriva il riconoscimento del Ministero che ipotizza l’inserimento nelle costituende Fiamme Rosse ed arriva un “quasi” accordo con la FIR nel 2009 per un progetto che vedrebbe la squadra laboratorio seven olimpico della nazionale oggi di Andy Vilk. Progetto che non va in porto però per incomprensioni tra le figure in gioco. Nel 2013 poi la spending review impone tagli e il Ministero mette la squadra in stand by.

Il nome? Dal 2006 Cavaliers. Nonostante l’assonanza con il cognome del fondatore, tuttavia, si richiamano, per indole ribelle – pur distaccandosene in maniera forte politicamente – ai New Zealand Cavaliers, una selezione non ufficiale di rugbisti neozelandese, che affrontò gli Springboks in una serie di 4 test match (nel 1986, 3 vittorie africane, 1 tuttanera), in Sudafrica, durante il periodo dell’Apartheid, un tour mai approvato e ovviamente mai riconosciuto dalla federazione kiwi NZRU.

Se, almeno all’inizio, la rosa del team – in origine composta solamente da pompieri che hanno ricoperto servizio professionalmente, nel tempo, invece, spazio anche e soprattutto a volontari – è formata da giocatori provenienti dalla girone veneto della Serie B, nel corso degli anni, in squadra – seguita negli anni, in qualità di coach, da figure iper qualificate come Andrea Fabbri – allenatore dell’Italia femminile al Mondiale ’91 -, Stefano Giop, anche ex giocatore, e Jacopo Rubbi – sono passati anche veri e propri monumenti del rugby italiano, sempre con spirito in linea a quello della comitiva: entusiasmo, curiosità e voglia di imparare da ogni situazione – dentro e fuori dal campo, tra mille peripezie, ed avventure da tramandare ai posteri, ad ogni latitudine del nostro globo -, da neofiti del palcoscenico internazionale, miscelate a professionalità ed impegno nel lavoro degni dei migliori al mondo.

Per intenderci, parliamo di gente del calibro di Andrea Masi – uno dei più grandi azzurri di sempre, nel 2002 -, Andrea Di Giandomenico – capo allenatore della Nazionale femminile il quale ricorda l’esperienza con grande piacere -, nei primi anni 2000 estremo in forza a Reggio Emilia, e grande protagonista, con tanto di marcatura pesante a segno nella finalissima del primo trionfo iridato, nel 2005, vinta nettamente contro l’Australia (6 mete a 0), e Corrado Pilat, altro nazionale azzurro – decisivo al piede nello storico successo 24-0, in finale, contro il Sudafrica per il bis nel 2010, dopo aver battuto Hong Kong e Inghilterra nelle altre sfide ad eliminazione diretta -, oggi facente parte dello staff di Franco Smith.

Nell’ultimo successo iridato, risalente al 2019, poi, ecco anche l’iniezione d’internazionalità e di straordinaria professionalità proveniente da una delle giocatrici più forti della storia, l’inglese Nolli Waterman, entrata in contatto con il team quasi per caso (qui vi abbiamo raccontato la sua storia), ma diventandone subito valore aggiunto, portando il suo spessore umano e tecnico ed aiutando – in qualità di capo allenatore – i Cavaliers a concedere il tris iridato in quel di Chengdu, al termine di una splendida finale vinta contro la fortissima Francia.

Assieme alla compagna di Nazionale Heather Fisher, altra stella del firmamento ovale britannico, Nolli è tornata in Italia proprio per il raduno di Lignano, da cui siamo partiti, integrandosi al meglio con lo staff tecnico e vivendo un’esperienza unica, dopo il periodo surreale del lockdown, assieme ad un gruppo destinato a regalare tante emozioni nel prossimo futuro.

“Riunire la squadra e tutto lo staff, con Dario (Cavaliere, ndr) al timone, in quel di Lignano è stata una fantastica opportunità, sia per sfruttare lo slancio dopo il successo in Cina, ma anche semplicemente per divertirsi a tornare in campo dopo tutte le sfide del Covid-19. Ancora una volta sono rimasta incredibilmente impressionata da quanto fossero coinvolti i ragazzi, e da quanto duramente abbiano lavorato l’uno per l’altro, dentro e fuori dal campo. Le attività di team building sono state molto divertenti e hanno davvero contribuito a costruire la cultura e l’identità di chi siamo come Cavaliers”, ha spiegato Nolli Waterman. Identità da scoprire – da vicinissimo -, in questi giorni, sugli schermi di Sky, per immergersi totalmente nella realtà tanto semplice quanto speciale dei Cavaliers. Non ne rimarrete delusi, potete metterci le mani sul fuoco.

Rettifica: John Kirwan non ha mai avuto niente a che vedere con i Cavaliers neozelandesi, dai quali anzi si è sempre dissociato.

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