Champions Cup: tre testa a testa della finale

Sei giocatori che possono decidere l’incontro se in grado di vincere lo scontro diretto con il proprio avversario

Champions Cup

Champions Cup: il trofeo – ph. Sebastiano Pessina

Nessun altro sport come il rugby è allo stesso tempo individuale e collettivo. Siamo abituati a pensare a questo gioco, giustamente, come all’esaltazione del gruppo, della squadra. Il singolo non potrà mai arrivare dove vuole arrivare senza l’aiuto, il sostegno dei suoi compagni.

Eppure il risultato finale dello sforzo collettivo dipende dalle individualità. Dalla capacità di fare bene il proprio compito in modo da contribuire al risultato finale in maniera decisiva. Ed ecco perché ci soffermiamo su alcuni confronti e su alcune individualità che si troveranno di fronte nella imminente finale di Champions Cup (ore 17.45, diretta su EPCR TV): per motivi diversi, ciascuno nel proprio ambito, queste tre coppie di individualità, questi sei giocatori, faranno pendere la bilancia dell’incontro dalla parte degli Exeter Chiefs o da quella del Racing 92.

Finn Russell e Stuart Hogg

Nella shortlist per il miglior giocatore europeo dell’anno ci sono entrambi, i due fenomeni scozzesi autoesiliatisi all’estero, l’uno sponda Racing, l’altro agli Exeter Chiefs, dopo anni insieme ai Glasgow Warriors. Testimonianza non solo della loro grandissima qualità in termini assoluti, ma anche di una stagione giocata ad un ottimo livello di forma per entrambi.

“L’ultima volta che ci siamo affrontati avremo avuto 12 o 13 anni – ricorda il mediano di apertura – Hoggy e Rory Sutherland giocavano per Hawick e io per Stirling County nel Gala Sevens.”

L’altro, l’estremo, ha fatto eco: “Non penso che abbiamo mai giocato l’uno contro l’altro dalla under 14. A quei tempi penso avesse i capelli leopardati!”

Oltre alla comune provenienza, i due giocatori sono accomunati anche dall’essere, uno per parte, coloro che con una singola giocata possono indirizzare, decidere una partita. Russell lo ha dimostrato una volta di più nella semifinale contro i Saracens, una partita chiusa e spigolosa all’interno della quale il calcetto a scavalcare decisivo del 10 è stato come accendere un fuoco d’artificio in mezzo alla nebbia.

I tifosi italiani, invece, ricorderanno masticando amaro la pazzesca giocata di Hogg che ha aperto il solco fra gli Azzurri e la Scozia a marzo, in occasione del Sei Nazioni 2020.

Discussioni sulle capigliature e buoni sentimenti, fatevi da parte: i fiori di Scozia possono decidere l’incontro.

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Wenceslas Lauret e Sam Simmonds

Se il rugby è un gioco chiuso in classi sociali, Sam Simmonds rappresenta l’aristocrazia: un principe del regno degli avanti. Rapido, spettacolare, esplosivo: un secondo centro nel corpo di una terza linea, un prototipo del rugby del prossimo futuro.

Wenceslas Lauret è tutto il contrario, un servo della gleba del punto d’incontro, destinato a macinare, macinare, macinare. Se non è la medioevale farina al mulino del feudatario, sono i chilometri sul campo, impilando quantità sovrumane di lavoro al breakdown.

Può sembrare tautologico, ma sarà proprio al punto d’incontro (se si chiama così ci sarà un perché) che avverrà la lotta di classe fra chi colpisce col fioretto e chi, più lontano dalle luci della ribalta, agisce con la scure fra le braccia.

Simmonds segna tanto (miglior marcatore della squadra, in seconda posizione fra i migliori marcatori della Premiership 2019/2020), porta tanti palloni, è uno dei migliori cacciatori di palloni di Exeter. Lauret è la sua nemesi: accumula numeri impressionanti in quanto a placcaggi e interventi nel punto d’incontro.

Due giocatori chiave per le rispettive squadre in quello che fanno, cercheranno l’uno di cancellare i punti di forza dell’altro.

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Henry Slade e Virimi Vakatawa

Classe, è indubbio, quella ce n’è da vendere per entrambi. Ma per il resto, fra Henry Slade e Virimi Vakatawa, le similitudini sono ben poche e la loro enorme differenza testimonia la bellezza e la varietà di uno sport come questo, che può vedere a vestire il numero 13, per ricoprire lo stesso ruolo, due giocatori così diversi.

Slade è un numero 10 spostato nello spazio, dove le sue corse curve e la sua capacità di prendere decisioni riescono a fare la differenza a livello offensivo in un numero davvero formidabile di casi. Perché Exeter è la squadra dei pick’n’go e del pack devastante e abrasivo, ma ha comunque dei grandi artisti pronti a dare la pennellata giusta al largo.

Vakatawa ha le qualità del ballerino e il corpo di un rinoceronte. La sua corsa sulle punte, la sua capacità di spostare l’equilibrio del corpo abbinate alla sua grande potenza ne fanno un incubo per ogni difesa: se rimani un tempo in ritardo rispetto al suo movimento non lo prenderai.

Le loro qualità offensive sono quello che ci la fa ammirare, ma forse sul piatto della bilancia della finale di Champions Cup conterà soprattutto la prestazione difensiva reciproca. Quella del francese fatta di grandi letture, quella del numero 13 dei Chiefs di grande coraggio per andare a prendere le caviglie del rinoceronte che avanza danzando.

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