Per sbrogliarlo poi la strada è ancora lunga, ma da Dublino gli Azzurri escono con più dubbi che certezze
E’ difficile mettere in prospettiva la sconfitta dell’Italia a Dublino, la peggior prestazione degli Azzurri sotto Franco Smith in una partita dove è andato quasi tutto storto, fatte salve forse le due estemporanee segnature di Edoardo Padovani e Paolo Garbisi, prima meta al Sei Nazioni di un giocatore nato negli anni Duemila.
L’Italia ha mostrato più lacune di quelle dei mesi di febbraio e marzo: i problemi nel punto d’incontro, già emersi nelle prime tre partite del Torneo, si sono ripresentati in maniera ancora netta complice anche l’interpretazione più stringente delle regole al breakdown. Solo a metà tempo i turnover nel punto d’incontro concessi dagli Azzurri erano già 8, una cifra che già risulterebbe eccessiva sugli ottanta minuti.
L’Irlanda si è chiaramente preparata per interpretare al meglio il giro di vite regolamentare, con Farrell che ha schierato alcuni tra i giocatori più competenti a rubare possessi: Will Connors è stato man of the match al debutto, coadiuvato da un ottimo Beirne, ma tutti gli avanti irlandesi si sono premurati di rendere infernale la vita all’insufficiente capacità azzurra di posizionare efficacemente il pallone da parte del portatore e di rendere innocue le minacce attraverso il lavoro dei sostegni.
Quando il possesso è stato mantenuto, sono subentrati altri due aspetti opposti per natura del problema ma con lo stesso effetto: errori in piccoli dettagli fondamentali, viene in mente la rimessa laterale in attacco dove il blocco di salto non ruota per proteggere il saltatore, Cannone, che a sua volta rimane alto e consente a Porter di mettergli le mani su un pallone vinto bene; confusione nel movimento generale in attacco, generato un po’ dal mancato avanzamento palla in mano, un po’ da una frenesia che ha annebbiato le menti di molti Azzurri.
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Anche nelle altre fasi di gioco è difficile trovare qualcosa di positivo: il gioco tattico al piede è stato incomprensibile, il sistema difensivo inficiato dagli errori al placcaggio, scarsa qualità del possesso ottenuto dai lanci del gioco.
Una settimana ci separa da un’altra partita durissima, un altro incontro dove arriva un avversario più di una spanna superiore, con molto più minutaggio agonistico nelle gambe e con l’urgenza di giocare per fare più punti possibili.
I miracoli non esistono. La priorità dovrà essere ritrovare un senso nello scontro fisico, per produrre palloni avanzanti e vedere un gioco offensivo meno caotico. A Dublino l’Italia è parsa andare sopra ritmo anche quando non era necessario, cercare di utilizzare rapidamente anche i palloni lenti, con il risultato di far giocare i nostri avanti con tutta la pressione della linea difensiva addosso.
Giocare con dei pod maggiormente lanciati e con un briciolo in più di incertezza su quale sarà il ricevitore del pallone potrebbero essere due punti dai quali ripartire. Un passo alla volta, con l’obiettivo e la speranza di riuscire ad essere maggiormente competitivi a novembre, quando si farà sentire la necessità di fare risultato.
Lorenzo Calamai
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